Vacanza. Tre giorni che per chi non ci è più andato per molto tempo sembrano immense. Destinazione Nizza. Sono andata in treno con l’idea che seduta al finestrino il tempo mi sarebbe volato come quello che vedevo. È stato così.

Il primo giorno dopo l’arrivo, ho girato con amici e amiche in lungo e in largo godendomi la Promenade des Anglais, camminando per 7 chilometri con il mare accanto. Il calore del sole di settembre insieme a tantissima vita ha completato il piacere.

Lungo questo percorso ci sono delle file di sedie di metallo, tipo quelle che erano presenti nei cinema all’aperto, posizionate di fronte al mare con la possibilità di appoggiare i piedi sul muretto. Ovviamente gratuite.

Non abbiamo resistito e quindi ci siamo messi tutt* e 7 a sedere, in silenzio. Dopo poco è spuntato tra le mani di tutti il cellulare (ahimè) e ognuno si è infilato nel proprio mondo. Così ho cominciato a cercare quali fossero le AOC ( denominazione di origine controllata francese) della zona e ho trovato che l’unica a Nizza e provincia era il Belletsolo 9 produttori in 50 ettari, praticamente una vigna urbana. 

Allora comincio prima a cercare la storia e poi sono passata alle cantine. I vigneti di questa zona collinare sono tra i più antichi di Francia tant’è che l’Appelation risale al 1941 e sono guardati con molto rispetto dai vignaioli di Bordeaux e di Borgogna. 
L’altidudine è tra i 200 e i 300 metri, ma la cosa più affascinante è che sono posizionati tra le Alpi Marittime e il mare, con un microclima unico dovuto ad una presenza costante del sole, di venti come Maestrale e Tramontana. 

Il terreno è formato da sabbia con venature d’argilla e ciottoli ed è chiamato Poudingue. A questo punto lascio il telefono e dico al resto della compagnia: “perché domani non facciamo una visita in cantina?”. Sei teste si sono girate verso di me, come Regan nell’Esorcista.

Attimo di pausa e uno di loro, quasi fosse un rappresentante di classe incaricato della risposta, ha risposto: “ok, a che ora?”. Si fidano e questo mi piace. Avevo già scelto la cantina, la più piccola e che lavora in modo naturale. La sera mi è arrivata la conferma da Celine Dauby del Domaine de Vinceline insieme alla domanda di come avevo fatto a trovarli. Non è la prima volta che mi succede: quasi un vanto.

Verso le 15 del giorno dopo, ci siamo inerpicati per una strada piena di sassi e siamo arrivati alla cantina. Lo stupore iniziale della compagnia era visibile. Ci siamo trovati davanti ad un panorama dove ogni sguardo non trovava mai niente di uguale al precedente. Le montagne, il mare, il fiume e le vigne terrazzate perse tra i fichi e pini marittimi. Natura.

La loro casa è al momento una roulotte con piscina. Li ho invidiati. Accanto una costruzione dove all’interno c’è la cantina e la vita quotidiana. Celine ci tiene a dirmi che sopra questa sta costruendo la casa, ma più per dare continuità al progetto che per giustificarsi. Il suo inglese è inframmezzato da francese, mi trasmette solo la passione per questa scelta che è iniziata con l’acquisto del terreno nel 2003. Hanno quasi un ettaro di vigna e 450 olivi, altra passione di Vincent, il marito.

Ci racconta il tempo e le vigne indicandoci con la mano dove si trovano Rolle (vermentino), Grenache e Folle Noire. Arrivano i bicchieri. Ci serve il vino davanti alla valle e questo bianco a base di Rollè, mi rapisce. È pieno di profumi, di mineralità ed eleganza. Ti giri e senti tutto ciò che é intorno a noi.

Hanno la certificazione BIO dal 2009 e tutta la filiera è priva di chimica. Niente chiarifiche o filtrazioni. Sentivamo che c’era e per il primo rosso arriva anche Vincent. Il viso segnato dal sole, la voce bassa e un parlare lento. Assaggiamo il grenache in purezza che non rientra nella AOC. Fresco, beverino e nonostante i soli sei mesi d’acciaio con una vena di liquirizia, parecchio interessante.

E per ultimo il Folle Noire, vitigno autoctono, che passa 12 mesi in botti usate da 350 litri. Mi ha fatto venire voglia di avere un piatto di carne, subito lì. Intenso, corposo con tannini ancora giovani, una nota di vaniglia ancora intensa e dei frutti rossi che cercano spazio. Capisco, come ci ha anticipato, che questo è un vino da invecchiamento. Si scioglie di fronte alla nostra curiosità e dal tino ci fa assaggiare l’ultima vendemmia di tutti e tre i vini. Il Rollè lo avrei già portato via così.

Non aveva neanche un goccio d’olio da farci degustare e allora ha tirato fuori il paté di olive fatto con le olive in salamoia. Io non avevo mai sentito così tanti modi con cui abbinarlo. Davvero, davvero buono. Alla fine prima di lasciare questa coppia straordinaria completata da due bambine, che danno il nome ai vini, ci siamo portati via nelle bottiglie una sensazione particolare, che ultimamente ho provato poche volte: quanto l’apparenza sia effimera rispetto all’essenza. La famiglia Dauby ha in sé tutto questo e se vi dovesse capitare di assaggiare i loro vini, spero prima abbiate letto questo piccolo reportage.

Famille Dauby, 305 bis, chemin de Saquier 06200 – Nizza

domaine.vinceline@gmail.com

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