Parigi val bene una messa” disse Enrico di Navarra, futuro Enrico IV. Così è valso anche per me, una fuga di due notti in una delle città più affascinanti del mondo. È vero, c’era una scusa bellissima: la presentazione del libro Ritratti di Donne all’associazione italiane residenti che abbiamo scritto in gruppo, grazie all’intuizione e alla cura di Sara Rattaro.

Fine dello spoiler. Ora insieme a questi fattori scatenanti, ce ne era in aggiunta un terzo. Forse il più ammaliante, di sicuro per me. Due pranzi, una cena e tempo libero per girare ed assaggiare piatti e vino. Lista preparata e accuratamente confermata tramite Google per evitare chiusure o ferie, ottenuta rompendo le scatole a chi in quella mecca di tentazioni ci va spesso. Esco presto dall’appartamento, decisa a camminare, qualunque fosse la distanza. 

Vado al Centro Pompidou, da innamorata d’arte, e sulla strada incontro boulangerie e bistrot che sprigionano i classici profumi della gastronomia francese. Sono riuscita a fare ben due colazioni. Ammirando opere e dipinti passa il tempo e così come farebbe una guida con il proprio gruppo, mi riunisco, guardò l’ora e mi incammino verso il Marchè des Enfants Rouges nel III arrondissement al Marais.

Un mercato con un piccolo ingresso, ma pieno di delizie. Lì trovo subito The Butcher of Paris. Un menù concentrato e una storia da leggere solo per la provenienza di ognuna delle carni in vendita. Chiedo per il vino, anche se sapevo la risposta, e cioè che sono al bicchiere e tutti naturali.

Non sono così esperta dell’oltralpe e quindi accetto suggerimenti. Quello che mi ha stupito tra i tre che ho assaggiato, è stato uno Chardonnay dello Jura del Domaine de MontbourgeauL’Etoile 5 Etoiles. Frutta bianca, profumi e tanta mineralità.

Quasi quasi lo ribevo, ma soprattutto me lo ricordo anche adesso. Va detto che lo stesso giorno che noi, giovani autrici in cerca di visibilità, eravamo di presentazione, ha coinciso con la visita di Carlo e Camilla, confidenzialmente il re e la regina d’Inghilterra, che per non passare inosservati di fronte al nostro appuntamento, hanno bloccato tutta la città.

Perché lo sottolineo? Perché come Madonna in Cercasi disperatamente Susan, per arrivare puntuali abbiamo lasciato il taxi e corso a piedi per riuscire (almeno quella) a darci una rinfrescata nel bagno del luogo dove ci aspettavano. Tutto ciò ci ha portato di conseguenza ad una cena in una crêperie, visto il caos regnante.

Ho perso un’occasione. Ma il giorno successivo mi sono rifatta. Avevo già prenotato dall’Italia, per quello non volevo storie. Pranzo al The Clown Bar. Non sto a descrivervi i piatti. Un unico accenno a un gazpacho di pomodori verdi: tatuaggio nella memoria.

Carta dei vini che necessita un paio d’ore di attenzione per la varietà e l’originalità. La scelta di una sola etichetta sarebbe stata riduttiva, quindi nuovamente vini in degustazione. Siccome ero con le mie colleghe d’avventura, è stato facile dispensare ad ognuna una tipologia per un vero assaggio.

Lo stupore del Brutal

Ha vinto un rosso, il Brutal 2020 di Remi Poujiol fatto con Mourvedre e Carignan, affinato in vetroresina, proveniente dal Languedoc-Roussilion. E qui lo stupore che vale un prossimo articolo. Un solo nome al vino per 4 produttori diversi, 2 spagnoli e due francesi.

Ho letto la storia e mi si è aperto un mondo che davvero vale la pena di raccontare. Poi per finire il pomeriggio prima di partire, ho fatto un’incursione in un supermercato al reparto bottiglie. Mi sono dovuta richiamare all’ordine da sola, picchiettando le dita sull’orologio. Dovevo scegliere 4 bottiglie per riempire la valigia, ovviamente vuota. Quindi un rifermentato, un bianco, un rosso e un metodo classico, con in comune agricoltura biologica, meglio anche biodinamica oppure naturale e un prezzo contenuto.

I profumi dello Spontané Blanc 2022

All’aeroporto mi sono fatta i complimenti per essere stata nel peso. I vestiti mi sono serviti solo per avvolgere le bottiglie. A casa, la sera dopo per cena, ho aperto il primo. Le Spontané Blanc 2022 di Philippe & Nicolas del Domaine des Hauts Baigneux. E stavolta siamo nella Valle della Loira. Sémillon, Mauzac e Loin de l’Oeil sono le uve che compongono questo vino. Avete presente quelle bottiglie messe sulla tavola che sembrano già vuote? Questo è stato l’effetto.

Profumi di agrumi ed erbe aromatiche, ma soprattutto nessun accenno alla torbidezza che di normale nei pét-nat (pétillant naturel) è una caratteristica, essendo una prima fermentazione. Ora mi restano le altre 3. Adoro le sorprese!

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