Il Luddite Club e la generazione che abbandona i social e gli smartphone
Sembra utopia invece è realtà: un gruppo di adolescenti newyorchesi rinuncia a Instagram, TikTok e Snapchat e si riconcilia con il mondo reale. E' il Luddite Club.
Sembra utopia invece è realtà: un gruppo di adolescenti newyorchesi rinuncia a Instagram, TikTok e Snapchat e si riconcilia con il mondo reale. E' il Luddite Club.
Faremo un viaggio nel tempo. Io sono pronta… e tu? Ok! Un due tre via!
21 Marzo 1779 – Gran Bretagna
Ned Ludd è un operaio tessile che con grande competenza e maestria lavora nella stessa ditta da quasi vent’anni. Oggi è particolarmente infuriato: da quando il padrone della fabbrica ha deciso di introdurre quelle assurde macchine chiamate telai già molti dei suoi colleghi hanno perso il lavoro e chi resta è obbligato ad accettare paghe più basse! Incredibile!
“Se è questo che vogliono, affamarci, ho la soluzione! Niente macchine, più persone”. E così dicendo afferra un gran ferro ed inizia a distruggere un telaio!
Che la rivoluzione abbia inizio!
21 Marzo, anno… (lo lascio indovinare te che stai leggendo). Prospect Park di fronte alla Central Library di Brooklyn. Primo giorno di primavera.
Logan intreccia, tutta assorta, margherite per creare un bracciale mentre ascolta Odille che legge Siddharta di Herman Hesse, appena preso in prestito dalla biblioteca.
Con loro c’è Clementine che sta imparando un nuovo punto ai ferri ed il rosso intreccio si allunga sotto le sue mani… poi c’è Max, unico maschio del gruppo per ora. Gli piace ascoltare chi legge ed immaginare i personaggi, le scene, mentre osserva le nuvole sdraiato su un plaid.
Jameson ama dipingere. I suoi soggetti preferiti sono la natura ed i ritratti delle sue amiche ed amico diciassettenni.
Ad un tratto la luce cambia, il sole sta scendendo. Lola apre il telefono a conchiglia, compone un numero: “Ciao mamma! Scusa il ritardo, il tempo con il Club vola. Vengo via ora dal parco. Ok! A dopo”. Si alza, saluta e si avvia a casa per la cena.
Sicuramente loro questo mio articolo non lo leggeranno mai.
Avete indovinato l’anno? E’ il 21 Marzo 2023. Che la rivoluzione abbia inizio!
I due racconti hanno dei punti fondamentali in comune.
Il nome, anzitutto, Ned Ludd e Luddite Club e l’aspetto rivoluzionario in segno di protesta contro l’industrializzazione nel primo e di riconciliazione con il mondo reale, disconnettendosi dai social, nel secondo.
Oggi può essere difficile immaginare la vita senza smartphone e senza social media. Controllare notifiche, reel, stories e quant’altro è diventato praticamente automatico. Ma lo scollamento dalla realtà è sempre, in ogni caso, in agguato. Per questo, e sembra un paradosso, sempre più adolescenti, nativi digitali, cominciano a sentirsene sopraffatti e nasce il termine ludd per resistere al cambiamento e alle nuove tecnologie.
Fondato lo scorso anno dalla studentessa della Edward R. Murrow High School, Logan Lane, il Luddite Club si riunisce ogni settimana alla biblioteca di Brooklyn ed i membri sono in crescita, seppur all’inizio la stessa Logan ammette di aver faticato a trovare altrə ragazzə da coinvolgere.
Tutto ciò è iniziato durante il lockdown, quando l’utilizzo dei social media ha preso per molti ragazzə una svolta preoccupante.
“Mi ero completamente consumata”, racconta una ragazza del Club in un articolo apparso a dicembre sul New York Time. “Ad un certo punto mi sono accorta che durante il tempo che stavo al cellulare il mio cervello non processava nulla, era solo intrattenimento; quando ho smesso di usare il telefono ho sentito la chimica cambiare ed ho anche iniziato a dedicarmi di più allo studio ed alla scuola”.
Lola Shub era una screenager autodefinita (espressione inglese composta da screen ‘schermo’ e (teen)ager ‘adolescente, giovane’), che scattava selfie e scorreva senza pensare sui social media.
Ora fa parte del Luddite Club. Da quando ha rinunciato al suo smartphone afferma di avere più spazio per pensare in modo creativo, più tempo per leggere e una migliore concentrazione.
“Se ho un messaggio generale per i miei compagni adolescenti, è questo: dedica del tempo a conoscere te stesso e ad esplorare il mondo che ti circonda”, dice Lola. “È molto più appagante – e molto più reale – di quello all’interno della tua costosa scatoletta.”
E se oggi ci sono autorevoli sondaggi, come quello del Pew Research Center, a spiegare che la maggioranza degli americani ritiene i social dannosi per la salute e per la democrazia, c’è da scommettere che il luddismo sia soltanto agli albori.
I media americani lo hanno già ribattezzato come Movimento di liberazione dagli smartphone. Ed è lo specchio di un malessere che ciclicamente, seppur con sfumature diverse, torna ad affacciarsi nella vita dell’uomo contemporaneo. Da qui nasce il grande dubbio amletico della fase storica che stiamo attraversando: essere o non essere connessi?
“Essere in questo club mi ricorda che viviamo tutti su una roccia galleggiante e che andrà tutto bene” dice, invece, Vera.
Eccoli i ragazzə della Gen Z, o almeno alcunə di loro. Generazione nata insieme agli smartphone e forse, proprio per questo, noi adulti non siamo stati in grado di consegnar loro il giusto insegnamento.
Sento una forma di tenerezza per loro mentre riaffiorano i ricordi della mia gioventù e mi appaiono così simili a ciò che stanno vivendo i membri del Luddite Club.
È sempre una questione di scelte. Tutta la nostra vita si basa su questo. Fin da piccolə impariamo a relazionarci con il prossimo, indipendentemente dal mezzo utilizzato.
A chi compete ed a quale età sarebbe fondamentale iniziare a conoscere la relazione più importante, quella con noi stessi?
Hesse scrisse che: “la saggezza non si può comunicare. La scienza si può trasmettere, ma la saggezza no. Puoi trovare la saggezza, viverla, si possono fare cose miracolose con essa, tuttavia non è possibile spiegarla e insegnarla”. Io ritengo che vivendo la nostra personale ricerca di saggezza o conoscenza possiamo essere da esempio e quindi trasmettere ad altri punti di vista alternativi, unici, che ampliano ed arricchiscono tutti.
Concludo con questa frase, sempre di H. Hesse, tratta dal libro Siddharta.
“Ho sempre creduto, e credo ancora, che qualsiasi fortuna buona o cattiva possa capitarci noi possiamo sempre dargli significato e trasformarla in qualcosa di valore.”