Uno dei motivi per cui adoro i libri, tutti, nessuno escluso, persino quelli brutti, è che ci trovo sempre qualcosa di nuovo da imparare.

Uno dei motivi per cui adoro ancora di più i bei libri, tanto più quelli per bambini e bambine, è che riescono a inglobare tutto ciò che possono insegnare, in senso stretto o lato, in narrazioni che saremo felici di leggere. Ad esempio…

Voi lo sapete chi è un tlacuilo?

Io no, non lo sapevo prima di leggere Mio papà dipinge parole di Sandra Siemens e Anmanda Mijangos edito da Caissa Italia con la traduzione di Yuri Garret.

Questo bell’albo illustrato ci racconta in prima persona la storia di un bambino della etnia dei mexica figlio di un tlacuilo, che impara dal papà il mestiere che un giorno erediterà; ma di che si tratta?

Il tlacuilo è lo scriba delle popolazioni azteche (i mexica) che scrive gli amoxtli, ovvero i libri per fissare la storia del popolo. La preparazione per diventare tlacuilo è lunga: bisogna aprire occhi e orecchie per imparare da chi ha fatto il mestiere prima di noi, ma bisogna anche conoscere quale supporto va bene e quale no, tra carta e pelle, altrimenti le parole si cancelleranno nel tempo; e poi come comporre i colori, quali pennelli usare e quali avvenimenti raccontare.

La forma dei libri dei mexica è simile a quella dei leporelli, sono libri che si ripiegano a bruco, come dice il nostro narratore che è estremamente preciso nel descrivere la sua giornata ed anche il suo impegno per imparare ad essere ciò che è destinato a diventare.

Perché mi ha colpita questo libro?

E’ presto detto: mette insieme due caratteristiche che se giocate bene possono dar vita a libri interessanti e dalle molteplici possibilità di lettura: da un lato abbiamo tra le mani un bel libro a figure che racconta una storia con illustrazioni da goderci così com’è. Dall’altro abbiamo tra le mani un libro di divulgazione che ci racconta una storia decisamente poco conosciuta e lo fa usando la voce di un bambino, ovvero di un coetaneo dei lettori e delle lettrici a cui il libro è destinato.

Anche le illustrazioni, oltre al loro valore estetico, puntano a richiamare in qualche modo i disegni del linguaggio dei mexica, e la narrazione sottende lievi allusioni alla presenza di invasori. Insomma, si tratta di un albo che di livelli di lettura ne offre tanti, tutti percorribili a seconda dell’età e della disponibilità del lettore e della lettrice.

Questa possibilità dei libri di divulgazione di usare i linguaggi letterari per raccontare storie vere, per divulgare, appunto, contenuti di non-fiction credo sia sempre vincente.

Da Mio papà dipinge parole scopriremo anche il nome che i mexica danno ai giorni e quindi anche che hanno una scansione del tempo e delle attività molto precisa, ma scopriremo anche che hanno molti dei, alcuni buoni e altri temibili, e che il più importante è il dio della pioggia.

Ma la cosa più importante che impareremo da questo piccolo aspirante tlacuilo è l’importanza di raccontare la propria storia, di lasciare un segno del proprio passaggio sulla Terra, delle proprie esperienze che potranno tornare utili ad altre persone in futuro così come agli individui nel presente.

In una parola, Mio papà disegna parole mette in scena se stesso narrando l’importanza delle narrazioni scritte, ovvero l’importanza dell’esistenza e della scrittura dei libri, e lo fa per testo e immagini ricordandoci che le immagini sono state la prima forma di narrazione delle popolazioni antiche e che ancora restano fondamentali nella nostra comunicazione, fine a se stessa o letteraria che sia.

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