(English translation below)
Al via la dodicesima edizione della Biennale di Liverpool, il più grande festival gratuito di arte visiva contemporanea del Regno Unito, che invita alla scoperta di luoghi storici non pubblicizzati fino a ora. Da strutture antiche a note gallerie, la mostra si espande anche all’esterno, con installazioni in giro per la città.

Tra i luoghi più insoliti da visitare c’è il Magazzino del Tabacco e Scambio di cotone di Liverpool, un luogo singolare dove si trovano diverse installazioni che un pubblico, curioso di avventurarsi fuori dalle zone centrali di Liverpool dove è concentrata tutto il resto dell’esposizione, è invitato a esplorare.

Il Magazzino del Tabacco è il più grande complesso al mondo fatto di mattoni, costruito tra il 1898 e i 1901. È composto da vari edifici storici che ricordano il ruolo della colonizzazione di vari Paesi da parte del Regno Unito, per mantenere un impero d’industrializzazione e di sfruttamento economico. Rum e tabacco erano solo alcuni dei prodotti importati con violenza dalle colonie africane, tra le quali Kenya e Nigeria, nei porti inglesi durante quegli anni.

Per discutere gli eventi di questo passato atroce, questa Biennale di Liverpool offre uno spazio alle comunità che hanno sofferto la violenta realtà colonizzatrice e schiavizzante dell’impero inglese, per parlare di come si possano curare ferite coloniali.

La Biennale di Liverpool si intitola uMoya: Il Ritorno Sacro delle Cose Perse

Nella lingua isiZulu, uMoya significa spirito, respiro, aria, clima e vento. Come rivelato nel titolo, il festival è un richiamo a tornare a conoscenze ancestrali e indigene, distrutte e ignorate da una storia di oppressione.

Queste tradizioni sono rimaste vive e ora riprendono il proprio potere. Nel contesto della distruzione del nostro ecosistema, informarsi su tali tipi di conoscenza è essenziale per combattere questa crisi, e soprattutto, per ascoltare coloro che per tanto tempo sono stati silenziati, re-immaginando un futuro collettivo.

Lo spazio per discutere identità e dignità intrecciate con una storia di discriminazione, si espande dalla storia del passato imperiale dell’Inghilterra, che continua a esercitare politiche razziste verso comunità migranti e inglesi, fino al discorso della salute mentale.

Re-immaginare i nostri spazi di conversazione attraverso una visione della violenza societaria multiforme ne rivela le componenti comuni, e ricorda l’importanza immediata di rendere la parola al popolo, e di ascoltare l’opinione di coloro rimangono marginalizzati. Ciò è essenziale per re-immaginare il nostro ruolo, individuale e collettivo, in modo innovativo.

ENGLISH VERSION

The Liverpool Biennial: visual and contemporary arts until 17 September

The twelfth edition of the Liverpool Biennial invites the public to discover historic places not advertised until now. From ancient structures to well-known galleries, the exhibition also expands outside, with installations around the city. You can visit the Liverpool Biennial, the UK’s largest free contemporary visual art festival, until September 17th 2023.

A singular place to find several installations that a public curious enough to venture outside the central areas of Liverpool, where all the rest of the exhibition is concentrated, is invited to explore, is the Tobacco Warehouse and Cotton Exchange in Liverpool.

The Warehouse is the largest brick warehouse in the world, built between 1898 and 1901. It entails various historic buildings that recall the role of the colonization of various countries by the United Kingdom, to maintain an empire of industrialization and economic exploitation. Rum and tobacco were just some of the products violently imported from African colonies, including Kenya and Nigeria, into British ports during those years.

To discuss the events of this atrocious past, this Biennale is a space for communities that have suffered from the violent colonizing and enslaving reality of the British Empire, to talk about how colonial wounds can be healed.

The Liverpool Biennial is titled uMoya: The Sacred Return of Lost Things.

In the isiZulu language, ‘uMoya’ means spirit, breath, air, climate and wind. As revealed in the title, the festival is a call to return to ancestral and indigenous knowledge, destroyed and ignored by a history of oppression. These traditions have remained alive and are now re-owning their power. In the context of the destruction of our ecosystem, learning about such types of knowledge is essential to fighting this crisis, and above all, to listening to those who have been silenced for so long, collectively re-imagining a future.

The space for discussing identity and dignity intertwined with a history of discrimination expands from the history of England’s imperial past, which continues to exercise racist policies towards migrant and English communities, to the discourse of mental health. Reimagining our conversational spaces through a vision of multifaceted corporate violence reveals its common components and reminds us of the immediate importance of speaking out to the people, and hearing the views of those who remain marginalized. This is essential to re-imagining our role, individually and collectively, in an innovative way.

Condividi: