Ed è un bel pianto consolatore. La seconda stagione della serie su Amazon Prime Video per gusto mio è ancora più bella della prima: otto cortometraggi (fra i 29 e i 35 minuti) prodotti da John Carney (che ne dirige anche molti), otto storie di amore passato, fallito, ritrovato, conquistato. Sorrette tutte da grandissimi interpreti, i più belli forse l’episodio 1 con Minnie Driver e l’8 con Tobias Menzies, esplorazioni del tema della perdita e del dolore; ognuno però troverà pane per i suoi denti.

Differenze tra la prima e la seconda stagione di Modern Love

La prima stagione di Modern Love nel 2019 aveva provocato cori entusiastici. Io personalmente ero stata spiazzata dal format: le trame sviluppate in collaborazione con il New York Times nascono dai contributi a una storica rubrica dallo stesso nome, che ormai da 17 anni si legge sul grande giornale Usa, una sorta di posta del cuore fatta di mini saggi personali, diventata anche un libro e un sito  (ogni episodio della serie Amazon avverte che le storie potrebbero essere state fictionalized, ovvero reinventate per adattarsi allo schermo). Due anni fa la prima stagione mi era sembrata composta da vignette fugaci, poco sviluppate.

Adesso con la nuova stagione di Modern Love ho avuto l’impressione opposta: le otto storie, che si dipanano fra New York, Dublino e Londra, sono perfetti racconti, in senso letterario, e non romanzi, e come tali danno allo spettatore solo alcune informazioni, hanno pochi personaggi, raccontano una vicenda da una precisa angolazione (e in alcuni casi in un preciso momento del tempo), non necessariamente finiscono, e sono certamente molto diversi dal format abituale della sitcom o della serie.

Tuttavia la seconda stagione non è piaciuta alla critica americana. Il sito Rotten Tomatoes le assegna un mero 55% di gradimento, affermando che

“arranca, dando spazio ai cliché romantici piuttosto che alle verità complicate che rendono così affascinante il materiale originale; ma non si può negare il fascino del suo talentuoso cast, e per alcuni sarà abbastanza”.

Non sono d’accordo anche se una critica ha fondamento: è difficile oggi parlare di amore e quanto implica (contatti, relazioni) ignorando il Covid. Solo un episodio cita una misteriosa necessità di lockdown che però non sembra collegata a un virus.

Tuttavia – dalla mia prospettiva italica alla provincia dell’Impero – ammetto che il talentuoso cast, dai protagonisti ai comprimari ai cammei, mi conquista (troverete anche Anne Paquin e Kit Harington e la giovanissima, stupefacente Lulu Wilson). Soprattutto, ammetto che mi colpisce come siano presentate come la norma storie che, qui da noi, sarebbero ancora considerate più che eccentriche. Due ragazzine che scoprono il primo amore. Molte coppie miste. Due ragazzi gay che camminano tranquilli a Manhattan tenendosi per mano. E naturalmente – ma questo per fortuna non colpisce più nessuno neanche alle nostre latitudini – sesso in varie forme, coppie scomposte e ricomposte, primi e secondi mariti e mogli, famiglie allargate. In questo l’amore è moderno; non per il resto, perché da innumerevoli secoli, fatti salvi gli apporti di Whatsapp, amiamo, soffriamo, tradiamo e piangiamo i nostri lutti essenzialmente nello stesso modo, in ogni parte del mondo.

Ed è proprio sull’aspetto del lutto che vorrei soffermarmi, perché forma tanta parte dell’amore nel mondo reale, e tanta poca in genere nelle serie tv. Qui in Modern Love di lutti ce ne sono tanti: un amore che non riesce a nascere, un altro che si perde per strada per caso, gli amori solidi temprati e irrisi dalla malattia. L’amore che resiste oltre la morte, l’amore passato che si sovrappone a quelli presenti come un tiramisù, l’amore che potrebbe svanire per vigliaccheria e invece resiste, grazie a una botta di coraggio e sincerità, e ci commuove. Si piange tanto, perché chi vive lo sa, che il dolore diventa parte di te, è quanto ci resta di una persona che non c’è più, o di un amante di cui rimangono i rimpianti; e si tramuta e trasforma in un compagno di viaggio di cui non possiamo più fare a meno. Anche questo racconta Modern Love e non lo trovo triste, anzi; rispecchia fedelmente le belle storie vere della rubrica del NYTimes, e piangere spesso fa bene.

Condividi: