Giacomo Leopardi nasce nelle Marche, a Recanati, nel 1798. Morirà soli 39 anni dopo a Torre Del greco, nella fase finale della sua vita in cui, forse, tentò anche di fuggire al contesto asfittico nel quale era cresciuto. Leopardi è oggi considerato il maggior poeta italiano dell’Ottocento e una delle principali figure della letteratura e del pensiero occidentale del suo tempo.

Ogni studente italiano si cimenta nello studio e nella comprensione dei suoi testi che diventano inevitabilmente un pezzo importante del divenire adulti. Nel venire a contatto con la sua opera balzano in evidenza informazioni frammentate sulla sua vita: il nascere in un piccolo paese, da una famiglia nobile, il rapporto con il padre, con la sorella Paolina, la sua gobba, il suo isolamento. Lo possiamo immaginare mentre scruta l’universo a partire dal micrococosmo che gli si presentava davanti, alla finestra mentre osserva la vita della figlia del cocchiere di casa Leopardi, Teresa, che chiamerà Silvia in uno dei suoi poemi più celebri.

Sappiamo quasi nulla della sua vita affettiva. Spesso siamo indotti a credere, ad esempio, che Silvia fosse da lui amata e quindi celebrata.
Benché il personaggio di Leopardi sia divenuto fascinoso (ricordiamo come lo abbia narrato Mario Martone ne Il giovane Favoloso) ancora molte ombre celano la verità della sua esistenza. Oggi, nel mezzo dell’accesissimo dibattito sul disegno di legge Zan contro l’omobitransfobia, che rivela come ancora oggi parlare di omosessualità, identità di genere scateni un ancestrale tabù in una fascia considerevole della società italiana, conosciamo molto di più della vita e delle opere di Giacomo Leopardi.
Sappiamo che Silvia era in realtà un suo alter ego poetico: una giovane operaia tessile, tisica, esclusa dalle gioie delle vita e nella cui esclusione Leopardi riusciva a leggera la sua.

Sappiamo oggi anche come Leopardi, da omosessuale, fosse riuscito, nella parte finale della sua vita, ad innamorarsi follemente di uomini per i quali era disposto a fare follie. Tuttavia nessuno, sino ad oggi, ci ha aperto le porte della rilettura e della riscritture dell’opera di Leopardi alla luce della sua omosessualità.

Franco Buffoni, autore di “Silvia è un anagramma”


Lo fa oggi Franco Buffoni, autore di Silvia è un anagramma, (2020, Marcos y Marcos), libro in cui rilegge le vite di alcuni personaggi celebri della nostra arte e politica (da Leopardi, a Pascoli, a Settembrini) tutte accomunate da un terribile “fil rouge”: l’aver dovuto celare la propria omosessualità agli occhi della società, delle accademie e del contesto politico.

Ho videointervistato Franco Buffoni a cui ho chiesto di guidarci attraverso la sua ricerca storica e poetica focalizzata sulle vite di alcuni illustri connazionali.

Cosa sarebbe stato se Leopardi avesse potuto vivere la propria omosessualità in maniera conciliata e serena? Non lo sapremo mai. Però riusciremo a calarci meglio nella sua poetica, come in quella di altri celebri omosessuali, se in possesso di tutte le chiavi di lettura, inclusa quella dell’orientamento sessuale, represso, vissuto, occultato.

“Ranieri mio. Ti troverà questa ancora a Napoli? Ti avviso ch’io non posso più vivere senza te, che mi ha preso un’impazienza morbosa di rivederti, e che mi par certo che se tu tardi anche un poco, io morrò di malinconia prima di averti avuto”.

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