Atmosfere all’acetilene, humor al fulmicotone, canzoni alla naftalina, vigliaccherie alla carta moschicida. Approdare sui canali del baffuto e più che poliedrico Mirkaccio, è come acquistare un biglietto e montare su una macchina del tempo che, di colpo, è in grado di trasportarci all’inizio del secolo passato, in quel primo ‘900 in cui la cifra stilistica più in voga era di certo la classe. E ne ha da vendere Mirkaccio, pianista, fisarmonicista, mattatore, autore e disc jockey di lontana memoria, detentore di reperti in vinile che risuonano ancora (o meglio, risuonavano) nel suo iconico club di San Lorenzo, meglio noto come La Conventicola degli Ultramoderni, ogni notte, dall’ora tarda fino alle prime luci dell’alba. Così dai vinili di Sigis Vinylism scoperti nella passata settimana, passiamo a quelli di Mirkaccio, nuovo protagonista della rubrica #orfanidellanotte.

Mirkaccio in pelliccia

Mirkaccio è un personaggio più unico che raro. Un artista di rara fattura, capace con le sue performance di promulgare una cultura dimenticata e di cui è divenuto un vero testimone. La sua verve da intrattenitore ha cristallizzato il club romano come uno di quei pochi luoghi in Italia, in cui godere di atmosfere irreplicabili. Per questo, pur non essendo un puro esponente del clubbing nel senso più originale del termine, il musicista di origini bresciane e romano d’adozione, entra di diritto nella rubrica #orfanidellanotte, poiché è proprio al calar del sole che il suo locale prende vita, tra canzonette d’altri tempi e cocktails di rara qualità.

Mirkaccio suona la fisarmonica nelle notti romane

La sua insolita carriera

La passione per jazz, rock’n’roll, hip-hop, vecchie canzoni e l’amore per la musica classica o la popolare, forgiano il suo background. Al conservatorio approfondisce la Storia della Musica del ‘900, concentrandosi sulla storia della scrittura musicale, per cui intervista il compositore Antonio Giacometti. Realizza mediometraggi e studia la Storia del Cinema, amando l’espressionismo tedesco. È affascinato dall’avanspettacolo dalla rivista e, folgorato da Tino Scotti, comincia la carriera nel varietà nel 2008. Punta la sua ricerca tra avanspettacolo e cafè chantant, portando in scena canzoni e riadattamenti di gag dell’epoca e, nel 2009, approda nell’iconico Micca Club di Roma, dove nel 2011 inizia la conduzione del varietà Elisir, come curatore, presentatore e performer.

Una serata tra amici con Mirkaccio

Dal 2009 si è esibito in più di 700 spettacoli, a cui si aggiunge la partecipazione come ospite fisso a Meno Male Che C’è Radio2, con Simone Cristicchi e Nino Frassica. È tra i performer del fetish party Ritual the Club, a cui seguono le esibizioni al Teatro Palladium e al Festival di Villa Celimontana, con Villains The Show. Al Teatro Bellini a Napoli è nel cast di Dignità Autonome di Prostituzione, per poi prender parte al Festival Internazionale della Fisarmonica di Castelfidardo nel 2011 e 2013, in collaborazione con la Pigini Accordions, a cui segue la tournée con Lello Arena nello spettacolo Capitan Fracassa. Conduce il Torture Garden Italy, importante manifestazione di genere e poi le kermesse Rome Burlesque Festival, International Tattoo Expo, Erchie R’n’R Party, MiArt 2014 e il Carnevale Di Venezia dal 2014 al 2016.

Mirkaccio al Dark Cabaret

I Tempi Belli Non Tornano Più, è il titolo del suo primo disco pubblicato dopo una lunga carriera di live; un lavoro ricco di arrangiamenti e suggestioni musicali particolari, in cui gioca con le parole raccontando mondi vicini e lontani, ritrovando il linguaggio della canzone italiana che fu, dal Cafè Chantant alTabarin, tra atmosfere decadenti e can can da passerella. Di recente su Facebook, ha dato il via a degli eventi online dal titolo Alla Scoperta della Musica con Mirkaccio, un invito per gli amatori e cultori delle note in un salotto musicale virtuale, dove si ascolta musica e si commentano i brani, filosofeggiando e addentrandosi nei meandri della creatività di genere. Con la lenta ripartenza delle aperture mattutine dei locali, di recente hanno preso il via anche gli appuntamenti live al Cotton Club, in cui si esibisce insieme alla sua fedele compagna di palco, Madame De Freitas.

Mirkaccio sul palco del Salone Margherita

Le risposte spiazzanti di Mirkaccio

Partiamo dall’inizio, da quanto tempo lavori tra entertainment e nightlife?
Sono un mattatore del varietà da molto tempo. Facevo entertainment quando ancora ero troppo piccolo per indossare il frac. In casa suonavo ogni cosa invece che fare i compiti. Quando i miei genitori per punizione mi sequestravano la pianola, suonavo la chitarra, quando mi sequestravano la chitarra suonavo il flauto. Mia madre desistette quando mi trovò a suonare un elastico. Da quando ne ho avuto diritto non ho mai smesso di fare musica e spettacolo: in radio, locali, teatri, sexy bar, matrimoni, compleanni e funerali. Una volta ho musicato una visita in un depuratore di acque fecali: in duo fisarmonica e sassofono cantavamo “Voglio vivere così” in cima alla grata di un silos di letame. Dalle stelle alle stalle, ho portato ovunque il mio ingrediente. Conto almeno duemila ingaggi. Negli ultimi dieci anni ho vissuto col cravattino e perennemente truccato, con la bianca in faccia e gli occhi segnati.

Il Teatro dei Burattini di Mirkaccio

Lo stage (della notte) più divertente che Mirkaccio ha calcato è…? Quello in ambito di spettacolo invece?
In generale ogni spettacolo è stato un gesto epico: al centro del Teatro Bellini di Napoli come cantastorie con la fisarmonica, scendendo le scale del Salone Margherita da donna baffuta, domando diecimila persone in un festival R’n’R o al pianoforte coccolando nottambuli e avventuriere con i miei lenti d’atmosfera. Mi sono divertito anche come Dj con i vinili, perché mi hanno dato l’occasione di coinvolgere il pubblico nei miei ascolti. Aperitivi con Togliani, Umiliani e Elvis Presley, notti tra Nick Curran, i Music Machine e Clem Sacco. Quando sono stato ingaggiato nei club fetish, vestito da Bianconiglio proponevo a uomini calpestati e donne legate Boulez, Schnittke e Stockhousen e le fiabe sonore della mia infanzia suonate al contrario. Una volta ho tenuto delle classi di sessualità creativa, esplorando l’erotismo attraverso le chiavi della musica e del teatro; la mia lezione su ritmo e cadenze finì con mio stupore in un’orgia «capisco tralasciare la metafora dell’Ouverture del Tristano e Isotta, ma almeno cercate di andare a tempo» dissi alla classe.

Mirkaccio in frac, solo va

Che differenza c’è tra serate disco e serate vintage?
Duke Ellington, Gorni Kramer, Petrolini, Kurt Weill, Edith Piaf, tanto per fare qualche nome. Per il resto non saprei dato che non mi rispecchio nella definizione Vintage. Alle mie serate amo vedere nel pubblico una eterogeneità. Il dress code è stato forse utile a esprimere una nicchia, ma in fondo non è che una forma di omologazione. Mi piace che siano i comportamenti a fare la differenza. Alle nostre serate si sta seduti ai tavolini, si beve bene e in bicchieri di vetro, talvolta si mischiano le carte e i tavolini diventano un occasione per conoscersi, così facendo si finisce a ballare un lento a centro sala.

Mirkaccio Rock di primo ‘900

Qual è la tua particolarità? Perché assistere ad una tua serata?
Chi partecipa a una mia serata vive i miei sogni e non cerca risposte. Il riscontro più frequente è di aver perso il senso del tempo e di essersi sentiti in un altro mondo. Gentleman e sciantose, hippies e dark, professionisti e bohémien, oligarchi e spiantati, di ogni età e provenienza, mi hanno sempre dato la soddisfazione di recepire la mia proposta senza porsi barriere. Anche solo gli strumenti acustici, il volume gradevole e il suono caldo, creano condizioni di godimento aldilà dei meriti artistici. Dicono che col volume alto la gente beva di più, ma non mi piace pensare al pubblico come a dei polli in batteria. La musica è innanzitutto suono e deve gratificare le orecchie. Al mio locale suono un antico pianoforte verticoda alto 1.65m con dei bassi meravigliosi. Tutto acquisisce in grazia a volumi contenuti, anche i comportamenti delle persone. Ci si diverte con canzonette allusive, si cantano vecchi ritornelli e si vivono antiche atmosfere. Cerco di trasmettere un’allucinazione collettiva.

Su il sipario, parla Mirkaccio

Cosa fai nel tempo libero? Come nasce la tua professione?
Innanzitutto suono e studio musica. Dalla prima serrata ho iniziato a studiare la tromba. Da sempre scrivo canzoni, testi e musica. Ascolto molta musica classica, jazz e vecchie canzoni italiane e internazionali, niente rock, né elettronica. Mi addormento spesso davanti ai film noir di Charlie Chan. Mi piace contornarmi di bambole, pupazzetti e chincaglieria. Con la mia fidanzata prediligiamo scenari bucolici e luoghi d’arte; in casa ascoltiamo dischi nella penombra. Siamo sempre stati un ottimo pubblico di concerti, in particolare di musica classica e jazz. Non abbiamo la televisione, non guardiamo serie, non ascoltiamo pop, utilizziamo al minimo e con prudenza le piattaforme virtuali. Cerco di coltivare la mia purezza. Non voglio che i miei occhi immagazzinino immagini sgradite, né che le mie orecchie si assuefacciano ai suoni autointonati e ipercompressi della società robotica. Mi vanto di non conoscere le facce dei politici, né i tormentoni commerciali. Evito come un pericolo locali con filodiffusione di musica generalista e in particolare gli appuntamenti mondani frequentati da persone che si fregiano di marchi costosi, cosa a mio parere inelegante, retrograda e risibile. Cerco con la mia attività di dare stimoli diversi dall’omologazione imperante e faccio quanto posso per fuggirla io stesso.

Mirkaccio e il Burlesque

Il genere musicale su cui ti esibisci meglio è…?
Mi piace interpretare canzoni antiche perché talmente lontane e staccate dal mondo reale, e altrettanto così corpose dal punto di vista testuale e melodico, da poter essere eseguite in modo personale. Sono brani che oggi possono apparire gotici, grotteschi, onirici, quando al tempo della loro scrittura semplicemente rappresentavano il loro mondo. A distanza di anni diventano come fantasmi e affascinano col loro mistero, con quel linguaggio desueto ma anche con quelle melodie e quelle architetture armoniche per cui risultano comunque sempre solidi e reali. Molti brani li imparo direttamente dagli spartiti del tempo, poiché non se ne trovano le registrazioni. Amo il repertorio italiano del Tabarin e del Cafè Concerto, suono gospel e traditional americani, ogni sera cedo al Rock’n’Roll, mio primo amore. Spesso accompagno cantanti e performer e imparo a memoria mille repertori da Broadway a Paris. Crescendo e acquisendo consapevolezza sento di essere riuscito a travalicare i generi. Il pubblico mi recepisce come Mirkaccio, con la tuba o in vestaglia dannunziana, pure se mi addentro in generi esteticamente diversi dal Cafè Chantant. Forse perché esprimo ciò che sono e, per quanto paradossale, non mi travesto.

Cosa ti manca di più della notte (tra disco e spettacolo – puoi dirmi anche qui le differenze tra i due mondi)?
Mi manca vivere le infinite situazioni che crea. La mia vita si è svolta, dai vent’anni in poi e sempre di più andando avanti, di notte. Iniziava alle sette di sera la presa di coscienza di dovere agire. Mi truccavo e mi vestivo per poi raggiungere il locale. Alle dieci arrivava la gente e si cominciava. Uscivo alle sei, sette di mattina soddisfatto, dopo aver suonato fino all’ultimo il mio pianoforte insieme a grandi musicisti, aver accompagnato cantanti, burlesquer, maghi e fantasisti. Ricevevo i ringraziamenti degli astanti che fino a tarda ora avevano assistito a spettacoli inimmaginabili, per cui sentivano di essere stati proiettati altrove, in un mondo che è impossibile anche solo figurarsi. Sentivo di avere assolto la mia missione di vita. Ora sono tornato a sentirmi uno studente.

Il dj o l’artista con cui Mirkaccio ha avuto più piacere a lavorare? E perché?
Oltre a Madame De Freitas, mia socia e duettista, ho accompagnato, diretto e collaborato con così tante persone che a citarne dieci farei torto a cento. In generale non ho mai lavorato con gente che non mi piacesse e sono sempre stato selettivo. Tra i personaggi celebri, l’artista più generoso e illuminato è stato Greg, Claudio Gregori: ci siamo conosciuti durante una parata in Via Veneto in cui promuovevamo uno spettacolo teatrale di Burlesque; è stato diverse volte a suonare a La Conventicola Degli ULTRAMODERNI, sempre con progetti interessanti, anche in orari molto notturni, accompagnato da grandi musicisti che ho visto sempre trattati con amicizia e rispetto. Nel 2018 siamo stati entrambi insigniti del Premio Petrolini.

Credi ci sia un futuro per il clubbing, sia disco che vintage?
Spero che i nostri governanti smentiscano chi crede che il Covid sia un pretesto per l’illiberalità, e che una volta finita questa brutta esperienza si dia stimolo e nuova linfa al settore. Altrettanto spero che tutti coloro che hanno speso fin d’ora solo cuoricini per sostenere il Teatro e la Musica, tornata la serenità diano dimostrazione pratica del loro trasporto preferendo l’intrattenimento dal vivo, invece che andare in discoteca a guardarsi le etichette e a bere in modo grossolano, spinti dall’incomunicabilità creata da suoni e volumi. Per quanto ci riguarda continueremo a portare i nostri contenuti e a dare il nostro contributo alla vastità della scelta.

Quale scenario si profila per il settore degli artisti legati a questo mondo? Sono figure riutilizzabili in altri ambiti?
Pare che l’ancora di salvezza sia il web, ma io non credo. Gli spettacoli in streaming necessitano di una buona tecnica audio-video per essere goduti da un pubblico, altrimenti si rischia di avere intorno un po’ di sostegno morale e di non dare nessun piacere. Qualche volta mi ci sono messo ma davvero solo per disperazione. C’è l’intenzione nel prossimo futuro di fare qualcosa di curato e fruibile, ma anche in questo caso non ho personalmente alcuno stimolo. Sono per l’immediatezza: amo pensare che tutto smetta di esistere col finale, senza essere replicato, solo per chi è presente e se ne conserverà il ricordo. Inoltre detesto i social: l’idea di contribuire a tenere le persone su queste piattaforme mi pare immorale; essere scrollato in mezzo a una giungla di narcisismo e idiozia mi repelle. Sto lavorando giorno per giorno con questi conflitti di coscienza. Per quanto riguarda il “riutilizzo”, pare un termine degno dell’economia circolare della spazzatura. In questo senso tanti, troppi, certamente trovano già un loro posto in discarica, cioè nei social.

#InClubWeTrust, il blog che suona forte. Per segnalare eventi e proporre interviste: robertasavonascrive@gmail.com

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