Tutti gridano allo scandalo. Patrick Zaki è stato condannato ad altri 3 anni di carcere. L’incubo continua. Con l’ultimo processo si è avverato lo scenario che tutti, dagli avvocati di Zaki ai comuni cittadini, hanno cercato di evitare: il carcere. Il ricercatore è stato portato via dall’aula del tribunale tra le grida della mamma e della fidanzata.

È la storia infinita. Storia che è iniziata nel lontano 2020, quando viene fermato all’aeroporto de Il Cairo. Le accuse contro di lui erano di istigazione alla violenza, al terrorismo e la gestione di un account social che mirerebbe la sicurezza. In tutto ciò, lui era appena atterrato per un viaggio di famiglia.

E dal quel momento le cose non fanno che peggiorare. Viene incarcerato e inizia “l’accanimento giudiziario” nei suoi confronti. Complice anche la pandemia, non riceverà visite per almeno 45 giorni di carcere. E dopo di ciò, il suo caso diventa un rinvio continuo. Gli esiti delle prime udienze si concludono sempre allo stesso modo: nulla di fatto.

Da subito tutto il mondo si mobilita affinché Zaki venga scarcerato; i suoi avvocati, i comuni cittadini, Amnesty International, perfino l’attrice americana Scarlett Johansson si espone in prima persona. Solo dopo la terza udienza, tenutasi il 7 dicembre 2021, viene scarcerato ma non assolto. E da quella data, per il verdetto sull’assoluzione, bisognerà aspettare il 18 luglio 2023.

E dopo il “verdetto” stra-positivo della sua laurea (110 e lode), arriva il verdetto scandaloso: condannato ad altri 3 anni, con sentenza non appellabile. Calcolata la custodia cautelare già scontata, deve tornare in carcere per un altro anno e 2 mesi.

Far rispettare la legge è un dovere, affinché giustizia venga fatta e venga tutelata la sicurezza di tutti. Ma chi sta veramente tutelando e proteggendo questa giustizia?

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