Non solo odio: quando i social sanno essere inclusivi e… socially correct. Il libro della sociologa Tufekci
I social possono (e vogliono sempre più) rappresentare uno spazio democratico ed orizzontale dove poter sensibilizzare e prender posizione.
I social possono (e vogliono sempre più) rappresentare uno spazio democratico ed orizzontale dove poter sensibilizzare e prender posizione.
Potrei iniziare questo articolo elencando le innumerevoli affermazioni negative e le critiche emerse nel corso degli anni nei confronti dei social network.
Al contrario, i social possono (e vogliono sempre più) rappresentare uno spazio democratico ed orizzontale dove anche chi non ha voce nella vita offline può farsi sentire e reclamare i propri diritti, cercando poi di generare un cambiamento reale.
E’ il caso soprattutto di minoranze come la comunità afroamericana o LGBT, che purtroppo in molti paesi del mondo sono ancora soggette a discriminazioni e violenze di ogni tipo. Oppure i social possono rappresentare prese di posizione nei confronti di campagne di sensibilizzazione e di alto valore sociale.
In un articolo del The New Yorker, Jane Hu riporta il lavoro della sociologa Zaynep Tufekci nel suo libro Twitter and Tear Gas: The Power and Fragility of Networked Protest.
Tufekci analizza come una “sfera pubblica nella rete digitale” sia arrivata a plasmare i movimenti sociali. In particolar modo il 2020 è stato un anno emblematico sia dal punto di vista delle rivolte sociali, sia per il ruolo che il digitale ha svolto nella loro propagazione, tant’è che molte persone hanno iniziato a riconsiderare gli impatti dell’attivismo sui social media.
Con il suo miliardo di utenti attivi superati proprio in questi giorni, di cui il 60% è under 29 e circa la metà di questi è nella fascia tra i 10 e i 19, TikTok ha deciso di supportare la campagna vaccinale nel mondo contro il Covid19. L’app cinese ha stretto un accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità per promuovere l’importanza del vaccino tra i più giovani.
E così in Lombardia sono stati coinvolti anche alcuni volti/influencer affermati della piattaforma Tik Tok come Francesca Stavolone, Chiara Di Quarto, Daniele Davì, Federico Rognoni e Stella Vizzino che hanno sostenuto e viralizzato l’importanza di vaccinarsi attraverso il format #lappuntamentopiùimportante.
La sfida consisteva nel mostrare in un video la preparazione ad un appuntamento importante, con tanto di make up, vestiti eleganti e frasi ad effetto, per poi dirigersi verso un hub vaccinale e iniziare il percorso di immunizzazione.
Questo nonostante la presenza su Tik Tok di video che descrivono i vaccini come letali, affermano che il Covid19 sia un complotto finalizzato al compimento di un genocidio, e indicano come «migliore» l’immunità naturale al Covid rispetto a quella ottenuta con il vaccino. Infatti sono questi alcuni dei contenuti scoperti da un’indagine condotta da NewsGuard, in cui nove giovani tra i 9 e 17 anni hanno aperto un account sulla piattaforma social usata maggiormente proprio dai loro coetanei. Nell’arco di due mesi, tra agosto e settembre 2021, i giovani utenti, nonostante alcuni di loro non avessero seguito alcun account né avessero cercato attivamente informazioni specifiche, hanno visualizzato sulla propria home page diversi contenuti con informazioni false e fuorvianti su temi inerenti al Covid19.
Dei dati che stridono con quanto riportato dalla sua sezione informativa sul Covid-19, dove TikTok proibisce «contenuti falsi o fuorvianti, inclusa la disinformazione relativa al Covid-19, ai vaccini e la disinformazione sui vaccini più in generale». L’app inoltre, nel suo rapporto sulla trasparenza 2021, ha dichiarato che «rimuoverà o limiterà le informazioni fuorvianti non appena identificate». In effetti, l’azienda ha rimosso più di 30.000 video contenenti disinformazione sul Covid-19 nel primo trimestre del 2021.
Al tempo stesso, il social cinese permette di essere consapevole nelle modalità e nei tempi di utilizzo. Pare che, dopo ore a scrollare e guardare contenuti, l’algoritmo possa suggerire di fermarsi, riposarsi per poi ricominciare. Può sembra banale, ma rappresenta un’attenzione digitale ai propri utenti non da poco.
Attivismo lo troviamo anche su Twitch, piattaforma nata come live streaming di videogiochi e ora leader nel settore dell’intrattenimento più disparato, esploso nell’ultimo anno e mezzo di pandemia. Twitch non è un canale solo per ragazzini. In Italia le fasce d’età spaziano dai 18 ai 34 anni, di cui il 77% è di sesso maschile. L’utilizzo è concentrato principalmente in Lombardia e nelle tre principali città italiane: Milano, Roma e Napoli, come dimostrano i dati emersi dalla ricerca condotta da SOPRISM, società specializzata nella Digital Consumer Intelligence, per l’Osservatorio Italiano Esports.
In particolare, la sensibilità sociale del social è relativa soprattutto all’attenzione e all’uso di un linguaggio corretto e all’intransigenza nei confronti di chi può offendere e/o insultare, o usare una parola fuori posto o altri motivi, come gli atteggiamenti sessuali, anche se solo allusivi. In questo caso Twitch fa scattare ban immediato.
E poi c’è da considerare anche l’inclusione culturale. Gli utenti non hanno timore nell’esprimere la propria solidarietà mettendoci non la faccia, ma il loro profilo virtuale. Una condivisione che permette di includere persone e attivisti da tutto il mondo in pochissimo tempo, arrivando a sensibilizzare utenti anche dall’altra parte del mondo attraverso video e dirette.
Con tutti i suoi limiti e le sue potenzialità, abbiamo a che fare con una bella speranza digitale, onlife. Circolare ed inclusiva.