Arrivo ad Oslavia in un tiepido mattino di ottobre e subito mi sento immerso in un’atmosfera che evoca sentimenti contrastanti.

Il piccolo paese di centocinquanta abitanti, adagiato sul lato orientale del Collio, racchiude in sé tanti ricordi della storia di quel territorio che ha conosciuto la spietata crudeltà della Grande Guerra e che oggi, esempio di convivenza tra etnie, riversa tutte le sfaccettature di una terra di confine nella produzione del vino, uno dei suoi prodotti di eccellenza.

Territorio simbolicamente di trincea, è un luogo di storia e di storie delle persone che ci abitano. La presenza della minoranza slovena (il confine si trova a soli 200 m verso est) si nota chiaramente dalla scritta in bilingue Oslavia/Oslavje all’inizio del paese. Ma l’immagine che subito attrae l’attenzione di chiunque viene a visitare questo luogo è il Sacrario di Oslavia,  l’imponente monumento in marmo bianco eretto nel 1938 su progetto dell’architetto romano Ghino Venturi in memoria dei tanti soldati italiani caduti durante la Grande Guerra.

Ad Oslavia sono sepolti i resti di 57.201 giovani soldati italiani e 540 soldati austro-ungarici, uomini e ragazzi privati del proprio futuro che, durante il primo conflitto mondiale, persero la vita per conquistare un fazzoletto di terra. Tutti i giorni all’ora del vespro la campana rintocca in onore dei caduti e del milite ignoto commemorato all’Altare della patria.

Il contrasto e la fusione tra queste vicende umane, le differenti tradizioni e culture e la bellezza del paesaggio sono efficacemente rappresentati dall’enogastronomia di questi luoghi, espressione del legame intrinseco tra il territorio ed i coltivatori che si palesa, soprattutto, alla vista dei numerosi vigneti, simboli del rispetto che queste persone hanno avuto nei secoli per questa terra. Tutto questo territorio è stato contaminato dalle molteplici culture, italiana, slava e austriaca, che si sono succedute nel tempo.

Questo stretto legame è senz’altro facilitato dal particolare microclima ventilato, dalle temperature generalmente adeguate e dalle equilibrate escursioni termiche del territorio, tutte condizioni  ideali per la coltivazione della vite, favorita anche dal tipo di terreno comunemente chiamato ponca: un suolo friabile quel tanto che basta per spingere le radici delle viti in profondità, perfetto per una maturazione equilibrata della pianta.

Ne discende un vino, la Ribolla gialla, che rappresenta il miglior connubio tra la particolarità del terreno, caratterizzato da una stratificazione di sedimenti arenacei e marmosi, e la passione delle persone che lo curano e coltivano con grande dedizione nel rispetto delle tradizioni.

Per far conoscere meglio il territorio e il suo vino l’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia (APRO), ha promosso l’evento RibolliAMO che, ogni anno, richiama numerosi visitatori, alla scoperta delle cantine, dei luoghi e di Oslavia – il colle dei 7 produttori come lo hanno soprannominato in molti.

L’evento RibolliAMO, tenutosi a metà ottobre, è patrocinato dal Comune di Gorizia e dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Fanno parte dell’Associazione APRO: Dario Princic, La Castellada, Primosic, Fiegl, Gravner, Radikon e Il Carpino.

Ascoltando le storie dei produttori, si può percepire la lungimiranza di queste aziende che hanno saputo cogliere l’importanza di custodire un vitigno autoctono e anche alcune varietà di minor pregio di difficile commercializzazione. Colpisce l’intuizione e la perseveranza dei pionieri di Oslavia  come Josko Gravner e Stanko Radikon  nell’impegno di recuperare una tecnica millenaria come la macerazione e portarla a tratto distintivo dei vini del territorio, coinvolgendo poi le altre famiglie che oggi fanno parte dell’Associazione APRO.

Nel 2020, anno della ricorrenza del decennale della istituzione di APRO, i produttori hanno deciso di installare, nei luoghi più suggestivi e nascosti di Oslavia, 7 panchine arancioni, una per ogni cantina, che rappresentano un invito al visitatore a prendersi una pausa per ammirare in tutta calma i magnifici panorami che si aprono alla sua vista.

Il Percorso delle Panchine arancioni è completo della segnaletica informativa per potersi muovere in tutta sicurezza e scoprire, ad ogni panchina, i particolari messaggi che i produttori hanno voluto inviare ai visitatori. Inquadrando il QR Code si aprirà, infatti, una pagina a loro indirizzata, una pagina che racchiude importanti informazioni  sulla storia e sulla cultura di questa zona.

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