Ce n’è voluto di tempo, ma alla fine anche a Nellie Bly è stata dedicata una statua, insieme ad altre figure femminili, sulla punta settentrionale di Roosevelt Island, negli Stati Uniti. La città di NY sta rimediando all’ingiustizia storica che vede dimenticate le donne nella rappresentazione monumentale del paese.
Nellie Bly è lo pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran, nata il 5 maggio 1864 in Pennsylvania.

La sua famiglia era relativamente benestante, ma la morte prematura del padre li lasciò in una situazione economica incerta. Cercò di studiare come insegnante, ma la retta era troppo alta per le sue tasche; abbandonò quindi gli studi per aiutare la madre a gestire una pensione.

Nel 1885 la Cochran lesse una colonna del Pittsburgh Dispatch in cui si affermava che ogni donna che partecipava o manifestava interesse per gli affari pubblici era una mostruosità. Indignata per questo commento, scrisse una lunga confutazione al giornale e l’editore, impressionato dal suo stile di scrittura, le offrì un lavoro come editorialista. Adottando il nome Nellie Bly, ha iniziato a scrivere pezzi sul mondo femminile. Non riuscendo ad ottenere incarichi più interessanti, si dimise per protesta e decise di tentare la fortuna nella capitale editoriale della nazione, New York City.


L’intraprendenza di Nellie si dovette scontrare con i veti di molti caporedattori, solo John Cokerill sembrò capirla; fu lui il primo che le diede finalmente la possibilità di seguire storie sorprendenti facendola divenire una reporter sul campo.
La Bly accettò di andare sotto copertura, come paziente, in uno dei manicomi della città. Circolavano voci sul fatto che lì dentro i pazienti subissero indicibili abusi.


Nellie si travestì da povera e andò a vivere in una pensione per donne operaie. Fu molto abile nell’assumere un comportamento assente e maniacale, cominciò a chiedere incessantemente dove si trovassero i suoi bauli da viaggio (implicando che era una straniera appena arrivata). Il comportamento di Bly disturbò notevolmente le altre pensionanti che finirono per chiamare la polizia.
Davanti al giudice la reporter continuò la sua recita; giocò un carico pesante affermando di essere cubana, sapendo che gli stranieri, per la mentalità ristretta dell’epoca, avevano maggiori probabilità di essere malati, criminali e malati di mente. Fu talmente brava nella messinscena che ben quattro differenti medici concordarono con la diagnosi di pazzia. Fu così che venne internata nel manicomio femminile di Blackwell’s Island.

Per 10 giorni, Nellie Bly ha assistito e sopportato il trattamento disumano riservato alle pazienti; percosse, torture, cibo avariato, freddo intenso, condizioni igieniche precarie e aggressioni verbali che non facevano che degradare la salute fisica e mentale degli internati. In pratica, se non eri pazza, rischiavi di diventarlo.

La cosa più sorprendente è che molte delle donne ricoverate non mostravano affatto segni di malattie mentali, la stessa Nellie, una volta in manicomio, aveva adottato un comportamento sano e normale, ma comunque veniva trattata da folle.
Altre pazienti erano semplicemente donne fiaccate da lavori faticosi o malate, immigrate che non parlavano l’inglese e internate perché incapaci di comunicare. C’erano perfino donne portate in manicomio dal marito che voleva sbarazzarsi di loro. Blackwell era una trappola per topi umana. Era facile entrare, ma una volta lì era impossibile uscirne.

Dopo 10 giorni angoscianti fu organizzata la liberazione della reporter. Il 9 ottobre 1887, il Mondo pubblicò la prima puntata del racconto della Bly e i giornali di tutto il paese riportarono la sua storia. L’enorme successo del suo articolo le permise poi di pubblicare la storia in forma di libro dal titolo Dieci giorni in manicomio.

La sua impresa diede il via a un’ondata di giovani scrittrici che perseguirono il giornalismo investigativo. A loro fu concesso, durante i reportage, di abbandonare i limiti della rispettabile femminilità, purché poi tornassero a vestire i giusti panni…

L’impresa di Nellie fu fondamentale per permettere alle giornaliste di andare oltre le pagine rosa e iniziare a scrivere su argomenti più sostanziali come politica, crimine, lavoro e finanza.
La carriera della Bly da quel momento fu in ascesa, compì diverse imprese e, durante la 1° guerra mondiale, divenne la prima giornalista donna a scrivere dalle trincee, direttamente in prima linea. Morì di polmonite a New York il 27 gennaio 1922.

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