I tifosi del calcio possono essere davvero barbarici, senza alcun riferimento alle frange dei peggiori ultrà e ai loro comportamenti criminali, pure nei campionati minori di periferia si incontrano personaggi che incitano alla violenza minacciando i direttori di gara e i giocatori della squadra avversaria.

Il piacere di sovrastare e mettere a tacere l’arbitro acquista un valore aggiunto quando si tratta di una professionista di sesso femminile, purtroppo non mancano cronache di brutti episodi che a volte costringono le donne ad abbandonare l’arbitraggio.

C’è però una donna iraniana, Sanam Shirvani Ilkhanlar, che vive l’arbitraggio come un momento di libertà. Ama il calcio, ma non ha mai potuto praticarlo nel suo Paese perché vietato alle donne. Giunta in Italia – dove pratica la professione di architetto – è diventata arbitro FIGC nei campionati dilettantistici.

Sanam Shirvani Ilkhanlar si fa rispettare a suon di cartellino e ha fatto del fischietto il simbolo di libertà contro i regimi oppressivi. Un plauso va alla squadra torinese che l’ha accolta con uno striscione: “Donna, vita, libertà e… calcio!”. Alla manifestazione Campioni del cuore Sanam Shirvani Ilkhanlar ha ricevuto un premio per il suo impegno.

Rimanendo in tema calcistico, vorrei ricordare quando Gaucci, allora presidente del Perugia, nel 2003 lanciò la provocazione di far giocare due donne nel santuario del calcio maschile (del resto non c’erano norme che lo vietavano); tra queste vi era la fortissima capocannoniera svedese Victoria Svensson.

Le calciatrici rifiutarono la proposta, consce dell’evidente svantaggio fisico, ma la provocazione mise alla luce una realtà che in Italia era sconosciuta, anche le donne sapevano dar calci al pallone! Certo, il campionato unisex era un’utopia, ma allora la sola idea fu in grado di dare uno scossone al sistema e, vent’anni dopo, finalmente anche le ragazze che militano nelle serie maggiori possono ambire ad un ingaggio da professioniste.

In tema di partite unisex non possiamo dimenticare ciò che avvenne cinquant’anni fa: la tennista Billie Jean King vinse uno scontro epocale con il collega Bobby Riggs (a suo tempo vincitore di Wimbledon e di due US open).

Né prima, né dopo di lei alcuna donna riuscì ad ottenere lo stesso successo, nemmeno la potente Serena WIlliams. Un film con Emma Stone, la battaglia dei sessi, ci fa rivivere quell’incredibile incontro.

Billie Jean King negli anni ’70 era impegnata attivamente a difendere i diritti delle donne nel suo sport, ottenne che il compenso per i vincitori dello US Open fosse equiparato a quello degli uomini e sì batté contro Bobby Riggs – noto sbruffone maschilista – per rifarsi dei torti subiti anni prima.

Ad esempio non le avevano permesso di posare per una foto ufficiale in quanto indossava dei pantaloncini e non il gonnellino previsto per le donne. Inoltre, già dal suo esordio, si era trovata a combattere contro i pregiudizi, il suo primo maestro di tennis le aveva detto: “Avrai successo perché sei brava e brutta”.

Queste umiliazioni istillarono in lei il desiderio di rivalsa che culminò con la dichiarazione della propria omosessualità. Nel 2018 l’Adidas produsse delle scarpe con il nome della King per ricordare la storica vittoria (avvenuta in tre set netti). Inutile dire che andarono a ruba in pochi minuti. La sua biografia ne racconta tutto il lungo percorso.

Forza morale e passione è ciò che contraddistingue la ventitreenne bergamasca Sara Del Fabbro che ha ottenuto il titolo di prima fantina italiana a vincere 4 corse in poche ore. Non solo ha stabilito un primato, ma l’ha fatto correndo con una placca e sei viti nel corpo e una frattura alla clavicola.

Fin da ragazzina Sara ha coltivato l’amore per i cavalli e per questo sport, perfezionandosi alla British Racing school. Cavallo magazine ci ricorda i suoi successi.
Insieme al fedele cavallo beautiful Cindy sfida gli uomini e li batte… di corsa!

Quattro piccoli esempi tra centinaia di storie eccezionali di donne che si sono affermate scalando una montagna più ripida del dovuto. Forza ragazze!

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