Petite maman di Céline Sciamma: un film capace di rappresentare i sentimenti illetterati
Un film capace di riscrivere l'immaginario sui mondi interiori dei bambinə e non solo, artefice di una grammatica dei sentimenti ancora mai tracciata.
Un film capace di riscrivere l'immaginario sui mondi interiori dei bambinə e non solo, artefice di una grammatica dei sentimenti ancora mai tracciata.
Premessa al lettore: scrivo in lacrime dopo 72 minuti di pianto ininterrotto (forse 60, mi pare che i primi 10/12 minuti di film ero in me) ma Petite Maman non fa piangere, quindi immagino che ciò che scriverò sarà filtrato da un qualche nervo scoperto della mia biografia. Dunque fate la tara.
Un capolavoro vero, il secondo, dopo Ritratto di giovane in fiamme (2019). Una rottura di qualsiasi schema, com’è tipico della sceneggiatrice e regista Céline Sciamma, coraggiosissima e visionaria fin dai tempi di Tom boy.
Nelly, una bambina di 8 anni, alla morte dell’amatissima nonna materna, assiste impotente alla depressione della madre Marion che, assieme al marito e alla figlia, il giorno dopo il decesso avvenuto in una casa di riposo, raggiunge l’abitazione di famiglia. Tutto, in questa casa, è fermo, a cominciare dai mobili ricoperti da lenzuoli bianchi, a protezione dalla polvere: da tempo la nonna non ci abitava più. E’ la casa dove è cresciuta Marion: tutti e tre si sistemano arrangiati per un paio di notti, ma poi Marion scompare e il papà non dà spiegazioni.
Giocando nel bosco, Nelly incontra un’altra bambina della sua stessa età: le due attrici sono sorelle e la somiglianza è funzionale alla straordinaria sceneggiatura, perchè una è la figlia dell’altra. Non si tratta di un viaggio nel passato (Nelly dunque torna indietro a quando Marion aveva la sua stessa età), nemmeno di psicoanalisi francese (indigeribile per gli stomaci della mia mente): è pura arte cinematografica, fiction d’essai, il tutto condito con colla di pesce. Impossibile infatti scollarsi dallo schermo, nonostante l’assenza siderale di effetti speciali o strizzate d’occhio allo spettatorə.
La commozione è data dalla rappresentazione di un sentimento che ci appartiene a nostra insaputa e che riguarda la capacità entrare in contatto con i bambini che sono stati i nostri genitori. Lì, in questo limbo relazionale, tutto diventa comprensibile, intenso, immediato, accessibile, denso di un’affettività autentica.
Diventando amica della piccola Marion, Nelly può comprendere tante cose di sua madre, di sua nonna e di se stessa. Comprensioni che le permettono di diventare adulta restando bambina, di attraversare il dolore, il lutto, la paura, la separazione, senza messe in scena, senza teatro, senza le interferenze delle emozioni degli adulti: e, dunque, nella verità splendente della vita.
Le due bambine hanno una capacità di interpretazione sorprendente e recitano con una intensità rara. Sciamma, giovanissima, is up to a Jane Champion. Il film esce oggi. Correte!