Il 31 maggio 2022 presso l’Aula magna del Dipartimento di Ingegneria informatica, automatica e gestionale di Sapienza Università di Roma si è tenuto l’incontro dal titolo Ingegneri di altro genere, nel contesto della giornata di orientamento OpenDIAG.

L’edizione di quest’anno ha visto una tavola rotonda intitolata “Ragazze Onlife. Nello scenario post pandemico quali opportunità per aumentare le presenze femminili nel settore tecnologico?”.  L’evento, moderato dalla giornalista RAI Alma Grandin, è ora disponibile sul Canale YouTube del Dipartimento.

La tavola rotonda, incentrata sul tema del lavoro, è stata occasione di confronto di idee e nuove visioni e ha permesso di mettere in dialogo voci diverse, con un approccio multidisciplinare. Le partecipanti provenivano infatti da diversi settori: istituzioni, aziende e università.

A rappresentare a vari livelli le istituzioni sono state Roberta Cocco, Consulente del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, Claudia Pratelli, Assessora alla Scuola, Formazione e Lavoro di Roma Capitale, e Monica Parrella, dirigente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e Presidente del premio Most Powerful Women di Fortune Italia.

Il mondo delle aziende private del settore ICT è stato rappresentato da Filomena Floriana Ferrara, Corporate Social Responsibility Country Manager e Master Inventor di IBM Italia. Lucia Valente, Professoressa di Diritto del lavoro di Sapienza, ha portato il punto di vista degli studi giuridici. Giulia Neccia e Sara Pantanella sono intervenute in rappresentanza delle studentesse del Dipartimento di Ingegneria informatica, automatica a gestionale.

Importanti alcuni concetti chiave che si sono intersecati tra loro e sui quali ci soffermeremo: transizione, formazione e orientamento, collaborazione tra pubblico e privato, offerta lavorativa e gender gap nelle discipline ICT.

Un concetto ricorrente in relazione al post-pandemia è quello di transizione. Le partecipanti alla tavola rotonda hanno concordato nella valutazione secondo cui la pandemia abbia svelato l’arretratezza del Paese nel settore digitale, ma anche nel fatto che il PNRR può offrire ora la possibilità di superare il divario di competenze. Il PNRR tocca diversi campi, ma il digitale rappresenta il collante che unisce tutti i settori: per questa ragione a esso è dedicata una buona parte dei fondi del Piano.

Ancora in tema di transizione, è emerso il legame tra rivoluzione digitale e rivoluzione green, due necessità del nostro tempo per le quali le nuove generazioni saranno chiamate a impiegare le loro competenze.

Il cambiamento, d’altronde, è già tra noi e per questo è necessario educare la popolazione a questi temi, attraverso competenze sia generali che specifiche. È emersa l’importanza, affinché la digitalizzazione abbia successo, di mettere in atto programmi di formazione da parte delle imprese e della pubblica amministrazione rivolti a tutte le cittadine e i cittadini, che devono essere guidati nell’utilizzo delle nuove tecnologie.

L’idea è che la formazione digitale non riguardi solo coloro che lavoreranno nel settore ICT, ma che venga estesa a tutta la popolazione, che rappresenta il fruitore ultimo della transizione digitale.

La transizione, insomma, si rivela strettamente legata ai temi della formazione e dell’orientamento, che sono stati affrontati durante la tavola rotonda sia per quanto riguarda l’ambito universitario che per quello scolastico. In questo senso la collaborazione tra aziende, scuole e università può essere molto produttiva, come dimostra il Progetto NERD, avviato nel 2012 da IBM e Sapienza.

L’acronimo NERD in questo caso sta per Non è roba per donne?, e rimanda al pregiudizio secondo il quale l’informatica sarebbe una disciplina in cui gli uomini sono più portati. Il progetto NERD intende lavorare alla base di questo stereotipo portando le ragazze delle scuole superiori all’interno dei laboratori universitari di informatica, mostrando le potenzialità della disciplina e chiedendo loro di concedersi il beneficio del dubbio e darsi una possibilità in un settore fondamentale della nostra società.

Ogni anno alla fine delle attività viene chiesto alle ragazze di presentare dei progetti, con lo scopo di sperimentare nei fatti la propria disposizione verso le discipline ICT. L’alta partecipazione al progetto NERD e i risultati (circa il 30% delle ragazze che seguono le attività scelgono un percorso ICT) dimostrano che avvicinare le ragazze alla pratica dell’informatica le aiuta a trovare la motivazione e il coraggio per intraprendere un percorso di questo tipo.

Le ragazze nella nostra società sono educate a essere conformi e avverse al rischio e per questo sono meno propense a impegnarsi in contesti che non conoscono: l’assenza dell’informatica nei programmi della maggior parte delle scuole superiori fa percepire la scelta di questo settore come un salto nel buio. Avviare la conoscenza e sollecitare il coraggio sono le chiavi per far entrare le donne in campi dai quali sono state storicamente escluse

Un’altra iniziativa interessante che è emersa durante la tavola rotonda in tema di orientamento precocissimo è quella di Roma Capitale, che ha introdotto nelle scuole materne un avvicinamento alle discipline scientifiche e tecnologiche attraverso gli orti didattici, un’idea che unisce rivoluzione digitale e green.

In ambito scolastico è stata segnalata anche l’importanza della formazione degli insegnanti: i docenti possono diventare dei modelli da seguire per ragazze e ragazze e sono in grado di depotenziare gli stereotipi trasmettendo l’interesse verso le materie.

Ancora in tema di formazione e orientamento, si è insistito su un approccio che non sia autoreferenziale e lontano dai bisogni dei territori e delle imprese e che dunque non contribuisca ad aumentare il divario tra richiesta e offerta nel mondo del lavoro.

La questione centrale intorno a cui è ruotata la discussione è stata quella del gender gap. In un settore come l’ICT il gender gap è un elemento ancora più dissonante, se si pensa che in questo settore ad oggi la richiesta di lavoro supera l’offerta.

Nell’informatica, insomma, c’è più lavoro che lavoratori e lavoratrici. La grande capacità occupazionale del settore risulta inoltre in crescita: nel 2027 sono previsti almeno 70000 nuovi posti di lavoro nel settore ICT, un numero non coperto dagli studenti attualmente iscritti.

In un Paese dove la disoccupazione rappresenta un problema sociale, il settore ICT ha un tasso di disoccupazione praticamente nullo. Questa grande offerta di lavoro rende ancora più stridente il gender gap. Nei corsi di laurea ICT le donne oscillano tra il 14 e il 16% degli iscritti (ne abbiamo già parlato).

Perché allora le ragazze non scelgono di iscriversi a corsi di laurea ICT? La risposta è nel pregiudizio secondo cui le discipline informatiche non siano adatte alle donne. Questo fa sì che il mondo digitale sia ancora troppo maschile nonostante i molti progetti di orientamento universitario incentrati sul gender balance. Il pregiudizio si insedia in età giovane, secondo gli studi tra la fine delle scuole elementari e le scuole medie.

In Italia solo l’1% delle ragazze a 15 anni vede il suo futuro nell’informatica. È importante far conoscere le diverse possibilità che l’ICT offre: alle donne laureate in ICT si aprono opportunità lavorative in ogni campo, dal momento che la rivoluzione digitale interessa ogni settore. Un maggior numero di donne al vertice in campo manageriale con formazione tecnica aiuterebbe a integrare la sensibilità maschile attraverso un punto di vista femminile su temi importanti come la transizione digitale e green.

Gli elementi emersi dalla tavola rotonda mostrano la complessità di una questione che presenta contraddizioni e molti problemi ancora da risolvere. Allo stesso tempo sembrano emergere anche alcune vie di intervento: l’introduzione al pensiero computazionale e al problem solving fin dalla scuola primaria; l’intervento nelle scuole medie, momento in cui si rafforza lo stereotipo di genere; la necessità di combattere lo stereotipo anche attraverso la formazione degli insegnanti e la sensibilizzazione delle famiglie; il bisogno di comunicazione, per far conoscere le molte possibilità e la varietà di lavori offerti dal digitale.

Per fare tutto ciò, attraverso progetti di intervento appositamente pensati, è necessaria la collaborazione tra le diverse componenti della società. Il settore pubblico e le istituzioni devono mettere in condizione tutte e tutti di avere una formazione completa, accessibile e con concrete opportunità; il privato deve valorizzare le competenze con stipendi e condizioni di lavoro adeguate, anche per evitare che troppi laureati accettino possibilità di lavoro all’estero.

L’università da parte sua ha il compito garantire un orientamento e una formazione inclusivi e avviare procedure scientificamente fondate per smantellare dalla base i pregiudizi di genere. L’appello, dunque, è affinché istituzioni e aziende raccolgano la richiesta di un lavoro congiunto, affinché la società possa essere finalmente al passo con il progresso.

[In collaborazione con Daniel Raffini]

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