Superate le rassicuranti tacchinità della Festa del Ringraziamento, in un contesto anglofono e pop, i mesi di ottobre e novembre significano una cosa sola: Spooky Season, ovvero un’articolata stagione dei brividi. E in Italia? Il mondo videoludico è uno soltanto quindi, a ogni latitudine, per protrarre il divertimento spettrale oltre la notte di Ognissanti c’è un tot di titoli che può risolvere la nostra fame di… ansietta alla fine del joystick. Se Creaks, di cui parlavamo qualche tempo fa, si presta egregiamente al compito, vi segnaliamo altri nomi in grado di coltivare l’atmosfera da caccia ai fantasmi.

C’è Forgive Me Father, uno sparatutto in prima persona ispirato nientepopodimeno che ai lavori di Mr. H.P. Lovecraft. Lo sappiamo: sono opere saccheggiatissime dalla pop culture di ogni decade, e del Solitario di Providence non ne possiamo più! Ma la casa indie Byte Barrel, che ha sviluppato il gioco come un vero e proprio horror retrò, qui ha pensato bene di progettare mostri tentacolari con occhi bioluminescenti (e una palese fame di cultisti) e di farlo in versione fumettosa, coloratissima, citazionista: vale la pena dargli un’occhiata, se non si soffre il mal di mare da first person shooter come chi scrive, perlomeno.

Poi c’è Kingdom of the Dead, altro sparatutto spaventoso di atmosfera nettamente opposta. Dirigo Games sfoggia fiera una visual art in bianco e nero massiccio, ma lo fa con larghissimo anticipo e quindi ci costringe ad attendere gennaio 2022 per verificare se l’approccio bicromo sia la marcia in più che a questo genere di narrazione del terrore mancava. Nel frattempo? Semplice. Una versione decisamente più elegante delle sollecitazioni visive black&white che promette di regalarci Kingdom of the Dead è senz’altro White Night, che nonostante abbia qualche annetto continua a non deludere. Ma ancora è in grado di farci sobbalzare sul posto e farci dubitare dell’opportunità di cercare soccorso autostradale in certe magioni deserte col cimitero in giardino.

E poi? Poi c’è Pain party!

Più che spooky è creepy, ossia vagamente inquietante: platform tridimensionale a prova di cinetosi, Pain party prende le mosse dal macabro presupposto che chi è al centro della storia finisca in Purgatorio a causa di un breve ma letale incidente al mini-golf. Il Purgatorio è però un game show vagamente nipponico, e se chi vince ascende al Paradiso, chi perde finisce in una versione molto specifica dell’Inferno — quella da moderatore non pagato dei più disperanti forum online. Siamo dalle parti dei più spensierati party game, però le meccaniche di gioco da soulslike portano il tutto a livelli particolarmente insoliti di immersività. Serve un senso dell’umorismo specifico? Probabilmente sì, e uno stomaco di ferro. 

Ultimo qui, ma non per importanza (anzi!), capolavoro assoluto già giocabile e godibile nella sua rivoluzionaria interezza è invece l’avventura grafica Night in the woods: siamo in zona creepiness anche qui, ma il livello di autorialità e ricercatezza di questa visual novel vola altissimo. Pluripremiato qualche anno fa (anche ai BAFTA, per dire), fa narrazione aumentata della miglior specie: e lo fa a colpi di trama.

C’è l’orrore cosmico, a Possum Springs. Ci sono vecchie miniere sonnacchiose fino a prova contraria, c’è un contesto provinciale di crisi e sogni malnutriti, c’è la gatta antropomorfa Mae Borowski che torna a casa dopo aver mollato il college e c’è una sceneggiatura d’eccezione con dialoghi comico-caustici pronti a conquistare un pubblico già avvezzo. Oxenfree, insomma, abita da queste parti. Per evitare un salto nel buio (sebbene facciano bene alla salute, mentale e non, salti così), consigliamo vivamente un doppio assaggio preliminare del gioco: Longest night e Lost constellation, entrambi gratuiti salvo generosa donazione di chi scarica. Buon salto nel buio, ops, nel bosco. Non ve ne pentirete.

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