Strike: 4 film con protagonisti gli sceneggiatori, questi sconosciuti
L'egemonia delle piattaforme e la minaccia degli sceneggiatori: come curare il cancro nato nel sistema cinematografico e televisivo.
L'egemonia delle piattaforme e la minaccia degli sceneggiatori: come curare il cancro nato nel sistema cinematografico e televisivo.
Sarò breve perché un coltello che rigira nella piaga fa troppo male se si è anche logorroici. Lo strike americano degli sceneggiatori, col suo appoggio al 95% da parte della categoria, è metaforicamente l’indice del marker tumorale di un cancro che è insorto all’interno del sistema immunitario cinematografico e televisivo, americano in primis, poi di tutto il mondo.
E’ una metafora cruda e fastidiosa, ma è proprio ciò che sta succedendo. Per forza, perché il sistema commerciale dell’audiovisivo di massa dipende da loro. Non ce la fanno più, gli sceneggiatori. Sono sottopagati. Lavorano due anni a una serie e guadagnano meno della cameriera di un pub.
Hanno smesso di scrivere, le serie sono bloccate, si è cominciato a raschiare in fondo al secchio. Coinvolge tutti, anche noi qui. Non si scampa dall’egemonia delle piattaforme che hanno inabissato e ucciso il cinema in sala. Forse si salvano da questo suicidio l’india e la Nigeria, gli unici Paesi dove il cinema sopravvive.
La mia non è un’accusa. Sarebbe come accusare il cielo perché piove, ma una constatazione. O un corpo umano perché si ammala. E’ una presa di coscienza. Si sa che il tumore è cellule impazzite prodotte dallo stesso corpo che le contiene. Si sta divorando da dentro, questo sistema televisivo. Si fagocita da sé e si vomita su se stesso. Poi piange. E tu? Non lo sai? Vedi chissà quante serie, in un affanno bulimico. Te ne ricordi a malapena due adesso, veramente buone, dì la verità.
Da oggi gli sceneggiatori minacciano di spoilerare i finali di serie che ancora devono andare in onda, se i produttori non gli danno paghe eque e royalty. Paura eh?! Vi toccherà uscire dai social per non incappare negli spoiler. Ah, ah assurdo: uscire dai social. Vedete che è un serpente che si morde la coda.
Questo è il futuro che abbiamo voluto? La grande fabbrica dei sogni è diventata l’incubo di chi l’ha creata. Le produzioni hanno firmato il loro declino anni fa, quando sono passati al video on demand in contemporanea con le sale e alle anteprime già su Netflix e Amazon e simili.
Se vi va di connettervi col tema, guardatevi quattro film che hanno per protagonisti degli sceneggiatori, questi sconosciuti (spesso confusi con gli scenografi!): quattro titoli di quattro grandi maestri del cinema.
Questa mentalità lavorativa e commerciale tutta americana di inseguire il tutto subito, l’apice, il meglio, si sta ritorcendo contro gli stessi che l’hanno voluta e prodotta. Non c’è mai stata una legge a difendere la bellezza. E noi italiani stiamo ancora lì a imitare chi ha sbagliato, pensando di stare al passo. Poveri ingenui.
Premetto, voglio essere un po’ ironica, per provocare: forse noi siamo semplicemente abituati in questo campo, il grande campo dell’arte italiana, ad essere pagati con la gloria. Una gloria ferma ai tempi di Michelangelo.
Ma vabbè, tanto per noi lui era vivo fino all’altro ieri. La nostra concezione di tempo che passa è diversa dal resto del mondo, e ci siamo sempre barcamenati. Da noi uno sciopero degli sceneggiatori neanche è possibile. Non abbiamo neanche i contratti nazionali. E’ tutto un fai-da-te.
Ci sono associazioni per i diritti dei lavoratori dello spettacolo ma operano da volontari. Fanno tenerezza, per la caparbietà e l’onestà. Meriterebbero un busto in piazza, di fianco alla gelateria. Mentre noi qui infatti, rimaniamo agghiacciati.