Come feste, queste del 2021 sono state un disastro per molti: chiusi in casa per sfuggire al Covid o perché positivi, l’ansia a mille. Aggiungiamo i guai vari ed eventuali di ognuno di noi; nel mio caso un incidente che mi ha costretto a dieci giorni di ospedale e poi scarcerato in tempo per Natale. In queste epoche buie, io ho un rimedio e lo consiglio a tutti: si chiama Friends, lo conoscete sicuramente già, e se non lo conoscete fidatevi, di meglio non c’è. Ricostituente naturale, elisir di allegria, consolatorio bagno di vitalità: la serie in onda dal 1994 al 2004 è invecchiata, certo, e fa una certa malinconia vedere così giovani gli attori che oggi continuano a imperversare sui social con volti mutati.

Friends invecchiato: ma non importa

Non importa. Ci sono comfort food (dolci e carboidrati), comfort reading (per me i romanzi di Jane Austen sopra a tutti) e questa è comfort vision. Friends (creato da David Crane e Marta Kauffman e trasmesso in origine da NBC)  è taumaturgico; in tempi passati mi ha salvato l’anima durante lunghi mesi di lutto stretto, mi ha confortato nelle sere di sconforto quando di ritorno dal lavoro volevo solo non pensare; ho amici che hanno superato morti e separazioni grazie alla serie forse più amata della storia della tv, e in questo periodo si sta rivelando di nuovo in tutta la sua utilità nonostante, a vederlo oggi, risultino flagranti tutti i suoi guai con il politically correct.

I sei protagonisti – Monica e Chandler, Joey e Phoebe, Monica e Ross – sei giovani amici di Manhattan, sono tutti bianchi (anzi in dieci stagioni si contano sulle dita di una mano i personaggi secondari non bianchi). Battute sessiste a gogo specialmente dal dongiovanni Joey (Matt LeBlanc), sebbene si possa sostenere che il personaggio è criticabile nella stessa serie proprio per questo, nonostante il suo animo generoso.

Più urticante ancora potrebbe risultare oggi il terrore dei tre amici maschi di dimostrarsi scarsamente virili: abbracciarsi fa paura, abbondano le battute sul rischio di essere gay, di essere troppo sensibili, di perdere la faccia. Solo che proprio in questo si cela il rovescio della medaglia: Ross e Chandler sono due maschi molto atipici, poco atletici, remissivi; Joey è di animo dolce, ognuno a modo suo infrange quello che Zero Calcare chiama The Holy Male Constitution (con l’uccello in copertina) e per questo hanno paura di non essere all’altezza.

Poi ci sono le battute sul padre transgender di Chandler (sempre considerato solo una drag queen), e quelle grassofobiche sul passato di Monica. Qui una rassegna di alcuni momenti che dal punto di vista USA oggi sarebbero più che imbarazzanti. Ma io il vero problema, confesso, ce l’ho con Monica Geller (Courtney Cox), specificamente con il suo bruciante desiderio di fare tanti bambini, e più ancora con la sua ossessione per i matrimoni e gli abiti da sposa, che attribuisce a tutte le donne del creato.

La sua amica Rachel però, la fantastica Jennifer Aniston, molla un fidanzato all’altare e fa una figlia senza sposarsi. E la terza amica, la biondissima Phoebe, è una eccentrica ex ragazza di strada (nel senso che per strada ha vissuto) con un’adolescenza devastata e allegra variabilità erotica (nota a margine: Friends va visto in versione originale, con sottotitoli semmai, se non altro perché nel doppiaggio italiano Phoebe sembra una cretina invece che una svalvolata geniale).

La danza degli affetti

Friends è una sitcom (puntate da 20 minuti circa) e una commedia continua dai meccanismi perfetti, dalla sceneggiatura sfavillante. Certo, ci sono episodi più o meno riusciti, alcuni goffi, altri meravigliosi –  quelli dove ti scopri a sorridere come una scema dall’inizio alla fine. E’ un inno alla famiglia alternativa – la vera famiglia è quella che ti scegli – dove contano l’amore e il rispetto reciproco nell’accettazione incondizionata dei compagni di strada. E’ anche un piacere per gli occhi: non perché sono tutti belli – o almeno carini – ma per i salti, i movimenti fluidi dei corpi, le reazioni puramente fisiche nell’interscambio fra gli amici (un maestro della danza del movimento – era Matthew Perry, interprete di Chandler, nelle prime serie, prima che gli eccessi lo gonfiassero; nelle ultime serie ritrovò la magrezza. Avere successo, si sa, è spesso un grosso problema).

Friends ieri ed oggi

Dei sei protagonisti, nessuno ha avuto grandi successi a parte Aniston, fidanzata d’America e centro nevralgico della serie (la sua Rachel è anche il personaggio che nelle dieci stagioni conosce l’evoluzione più completa). Courtney Cox e Matt LeBlanc hanno lavorato per il piccolo schermo e David Schwimmer (Ross) è comparso in qualche film. Quest’anno, si sono ritrovati negli studi NBC per uno special dal sapore agrodolce (Friends: The Reunion), un’ora di meditazioni su quello che fu, sulla storia del programma, sulle loro amicizie extra schermo. Come milioni di altri appassionati l’ho guardato con il cuore incrinato: tout passe, tout casse, tout lasse… tutto passa, tutto si rompe, eppure no, non tutto stanca. Avevo bisogno di conforto nelle scorse settimane; ho ricominciato a guardare gli episodi che dovrei conoscere ormai a memoria; ho riso di cuore, mi sono intenerita, la magia funziona ancora.

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