The Morning Show debuttò nel 2019 come la prima serie di produzione Apple TV.
Il Covid ha scavato un baratro di tempo fra prima e seconda stagione, e qui è opportuno un distinguo: se ne parlo è perché mi piace, ma la prima stagione fa storia a sé, e vale la pena di vederla comunque; mentre sulla seconda, online da un mese, fatico a esprimermi perché Apple Tv sgancia una puntata ogni venerdì, modello romanzo d’appendice, invece di consentirmi un adeguato binge watching notturno come farebbe Netflix (possiamo disquisire su gioie e dolori della bulimia contro quelle dell’anticipazione del desiderio, se leggete questo post certamente le avete sperimentate tutte).

Ho visto quindi solo le prime 5 puntate della stagione 2 (su dieci. Come critica, potrei chiedere di averle tutte in visione, ma appunto c’è qualcosa di perversamente godibile nel modificare i ritmi di assunzione). Consentitemi di chiacchierare prima della stagione 1, perché resta l’esempio più mirabile che ho visto sullo schermo di analisi del meccanismo dell’abuso sessuale in rapporto al potere.

Protagoniste della serie Jennifer Aniston e Reese Witherspoon (già colleghe dai tempi di Friends, qui una scena: lei era la celeberrima Rachel, Reese una delle sue svalvolate ricche sorelle), che sono anche fra i produttori. Aniston-Alex conduce The Morning Show (una sorta di Unomattina, sveglie all’alba, ritmi serrati in diretta) per un grande network statunitense, l’immaginaria UBA; accanto a lei un collega, Mitch, interpretato da Steve Carrell, che nella prima puntata viene silurato perché accusato di molestie. Nel clima del #metoo, vero o falso, i dirigenti non si fanno domande e lo fanno fuori. Per restare al timone, sentendosi in pericolo, Aniston arruola una giornalista d’assalto di una tv locale – Bradley-Witherspoon – che è diventata nota sui social per una litigata in una manifestazione. Il resto della serie si dipana fra la scoperta delle dure realtà della tv nazionale da parte di Bradley, e la parallela analisi delle relazioni tossiche uomo-donna che in quel mondo si coltivano. Tutti sapevano e tutti tacevano anzi consideravano normale che Mitch allungasse le mani un po’ troppo.

E va bene. La parte veramente interessante è il lento percorso di Mitch-Carrell, che all’inizio smentisce e si sente onestamente defraudato: non ha fatto nulla che non fosse consensuale, è una caccia alle streghe. Poi traccia un discrimine fra la sua situazione e quella di certi amici condannati per abusi su minori: quelli sì sono mostri, lui no.  Attenzione: se non volete SPOILER non leggete oltre.

Infine, Mitch comincia a chiedersi quanto male ha fatto il suo modo di gestire il suo piccolo potere, quanta mancanza di rispetto ci fosse nel considerare le colleghe come potenziali conquiste senza chiedersi se non avessero il coraggio di dirgli di no. Cosa vuol dire consenso? L’analisi degli abusi in rapporto al potere finisce in tragedia. Questo percorso è descritto in modo magistrale e minuzioso, come mai l’ho visto prima su uno schermo: applausi. A corredo, anche Aniston deve ammettere a se stessa e al mondo quello che sapeva e non ha detto, per ignavia e comodità. E’ un’operazione che fanno tutti alla UBA: ma lei è in prima fila fra i potenziali bersagli, e ne esce dirottando una trasmissione, denunciando pubblicamente, trasformandosi in una icona femminista – e sbattendo la porta.

Jennifer Aniston e Reese Witherspoon sono due attrici affermate e se hanno investito in questo progetto è certamente perché ci credono – e quindi credono in Apple TV, di cui è stato il programma di punta. La prima ha varato da poco la sua linea di bellezza con prodotti naturali, LoLaVie; la seconda anima da anni un sito letterario, il Reese Book Club, che consiglia ogni mese un romanzo di donne che parlano di donne, e seleziona (gratis) candidati scrittori con un romanzo nel cassetto. Per entrambe però il successo di The Morning Show è un banco di prova a livello personale, anche come produttrici. Tuttavia Apple sembra delusa dai risultati: la prima stagione nonostante tre nomination ai Golden Globes non ha portato nulla a casa, e sul sito di Apple TV la seconda stagione è perfino un po’ in disparte.

Di che si tratta? Ora ci si muove sotto l’ombra del Covid, minaccia che diventa sempre più concreta. La storia è più farraginosa, costruita con salti temporali e flashback francamente difficili da capire. Aniston torna in TV; ha più rilievo il nuovo presidente di UBA, un fantastico Billy Crudup che delinea una maschera più che un uomo: non sappiamo mai se questo Cory è sincero o cinico, assetato di potere o di divertimento. Prendono spazio le istanze della diversità sessuale ed etnica, con personaggi che si sentono svalutati perché parte delle minoranze o che faticano ad accettare la propria identità. L’accento è su tutte le storture che si possono accumulare in un luogo di potere, al di là degli abusi sessuali. Non so quale sarà la morale, e se ci sarà: forse che finché il mondo è gestito in base ai rapporti di potere, nessuno è salvo. Menzione speciale per due camei: Julianna Margulies (E.R, The Good Wife) come giornalista lesbica, e Holland Taylor come presidente del board che controlla la UBA. Taylor è tagliente, una gran dama con poca pazienza e un suo senso personale della giustizia: bella parte, dopo quella per cui è in odore di Emmy in The Chair (ne ho già parlato, era una fantastica docente spaccata fra la convenienza di allearsi con i colleghi maschi anziani quanto lei, e la lealtà verso le giovani colleghe donne).

Meno comprensibile è la storia parallela che segue Mitch-Steve Carrell, il quale ha lasciato gli Usa per rifugiarsi, indovinate un po’? sul lago di Como, insieme a un grosso mastino bavoso (i cani non tradiscono); una giravolta narrativa che offre scorci di belle ville e gelaterie e italici panorami, oltre al rapporto con Valeria Golino nei panni di una documentarista dall’inglese oxfordiano nel lessico, non altrettanto nell’accento. Sarà forse proprio Mitch che alla fine riuscirà a restare fuori dal tritacarne? In ogni caso, io seguo con passione anche questa seconda stagione; c’è sempre speranza di un colpo d’ala, di una geniale idea che tiri le fila.

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