L’identità di genere di ogni persona si forma tra 0 e 3 anni. Quando l’identità di genere non coincide con il sesso biologico dell’individuo, si parla di disforia di genere. La persona con disforia di genere, comunemente nominata transgender, vive nel costante sentito di appartenere al genere opposto al proprio e di essere imprigionata in un corpo che non la rappresenta. Per allineare il genere sentito con il proprio sesso biologico le persone transgender fanno un percorso di transizione: da femmina a maschio (FtoM) o da maschio a femmina (MtoF).

Tale percorso si compone di una parte psicologica, di quella ormonale, di quella giuridica (è richiesta l’autorizzazione del Giudice per la rettifica anagrafica del nome sui documenti e dell’autorizzazione all’intervento chirurgico di asportazione/ricostruzione dei caratteri sessuali primari e/o secondari) ed infine dell’intervento chirurgico, benché non obbligatorio ma discrezionale. Ad avvenuto completamento del percorso di transizione medicalizzato, le persone transgender assumono il nome di persone transessuali. Tengo sempre a sottolineare il termine persona prima di transessuale, perché è sempre e solo di persone che parliamo, persone che meritano rispetto, dignità e grande ammirazione.

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