Transnistria: il paese che non esiste. E che tutti vogliono
Un paese senza futuro: indipendente ma non riconosciuto, isolato ma conteso, povero e con una marcata corruzione. Ecco a voi la Transnistria.
Un paese senza futuro: indipendente ma non riconosciuto, isolato ma conteso, povero e con una marcata corruzione. Ecco a voi la Transnistria.
Mentre aumentano le tensioni in Ucraina e Kazakistan, l’atmosfera diplomatica mostra segni di miglioramento in un’altra area problematica post-sovietica di lunga data: la Repubblica non riconosciuta della Transnistria in Moldavia. Nelle ultime settimane le relazioni tra la Moldavia e la Transnistria sembrano perdere parte della loro tradizionale ostilità.
La Transnistria è posta sulla sponda orientale del fiume Nistro (dal nome latinizzato del fiume Dnestr) da cui deriva il nome della regione. Storicamente la Transnistria è sempre stato un delicato territorio di confine tra le regioni dell’ex Unione Sovietica e spesso è stata luogo di duri scontri per gli equilibri geo-politici dei paesi confinanti. Strategicamente questa regione gioca un importante ruolo cuscinetto tra Russia e Ucraina, che si ripercuote nell’attuale crisi a cui stiamo assistendo.
Viaggiando con treni e bus, ho attraversato le regioni di confine tra la Moldavia e l’Ucraina per poi fermarmi in Transnistria. In questo viaggio ho potuto riscontrare quanto labili siano diventate le istituzioni e quanto sia divenuta schiacciante per la vita degli abitanti questa situazione di precarietà sociale che si cerca di mitigare con i nuovi accordi.
Quando nomini la Transnistria, la maggior parte delle persone ti domandano “cos’è? dove si trova?”. Mai e poi mai penserebbero ad un paese che apparteneva all’ex URSS, ubicato in una piccola zona dell’Europa dell’Est, fuori da tutte le rotte turistiche e commerciali. Dal 1990 la Transnistria è uno stato indipendente de facto, non riconosciuto a livello internazionale (essendo considerato ufficialmente come parte della Repubblica di Moldavia), ma appoggiato economicamente dalla Russia.
Questa piccola striscia di terra, che si estende tra l’Ucraina e la Moldavia, mi appare in una condizione di forte isolamento politico, economico e culturale. Le contraddizioni sociali emergono in contrasto alle numerose statue di Lenin nelle piazze delle sue due città più importanti, Tiraspol e Bender.
Davanti al Palazzo presidenziale troneggia una gigantesca statua di Lenin e sul mausoleo dedicato ai morti della guerra civile del ’92, si erge un carro armato, diventato il monumento-simbolo di una repubblica costruita sulla mistificazione del passato e del presente.
Questo paese rappresenta un curioso esperimento di regime politico formalmente sovietico ma con un sistema economico quasi totalmente privatizzato, quindi sostanzialmente di tipo capitalistico. Anche se non esiste politicamente, la Transnistria ha le caratteristiche di un normale paese con le sue dogane, la sua bandiera, i suoi passaporti, la sua moneta, il suo esercito e corpo di polizia, il suo governo e parlamento e con una popolazione di circa 550.000 persone, cittadini di un paese che ufficialmente non c’è.
La Transnistria rilascia i suoi passaporti, ma la quasi totalità della popolazione possiede un passaporto moldavo o russo, visto che sia Chisinau che Mosca concedono senza problemi il proprio passaporto ai transnistriani che ne fanno richiesta. Questo fa sì che, nonostante l’isolamento teorico, in pratica la Transnistria registra un’intensa mobilità dei suoi abitanti e floridi commerci internazionali, che avvengono spesso sotto forma di contrabbando, in genere attraverso il confine con l’Ucraina, particolarmente permeabile.
Per circa vent’anni, dal 1990 in poi, cioè da quando la Transnistria si è autoproclamata indipendente con una guerra civile contro i cugini moldavi che ha causato molti morti e feriti, il paese è stato guidato da Igor Smirnov, ex direttore di una ditta russa ai tempi dell’URSS, che si è impossessato del potere al momento della nascita della Transnistria (1990). Smirnov è riuscito a creare, negli anni, un culto della personalità attorno alla sua proclamata grandezza come liberatore della regione, diventando il padre-padrone del popolo della Transnistria. Nel contempo è riuscito a dare vita a un proprio dominio dinastico, acquisendo assieme ai suoi figli il controllo e il possesso di molte risorse industriali del paese e delle imprese di Stato di successo.
La più importante azienda del paese è la Sheriff, un’azienda che ha il controllo virtuale sull’economia dell’intera regione, dalla squadra di calcio della capitale, FC Sheriff Tiraspol e lo stadio recentemente costruito, alla catena di supermercati e di distributori di carburante presenti in tutta l’area, da una casa editrice ad una distilleria, da un casinò ad un canale televisivo e un’agenzia pubblicitaria.
Anche se la Moldavia e l’Ucraina impongono regolarmente diverse sanzioni economiche contro la Transnistria, che poi però sistematicamente rimuovono per via del perpetuo stallo nelle negoziazioni che riguardano la regione, il quadro politico della Regione è notevolmente cambiato negli ultimi due anni.
Infatti, nel 2011, in questo territorio indipendente non riconosciuto internazionalmente, per le elezioni politiche si sono presentati alle urne oltre 200.000 cittadini, che dopo vent’anni di autoritarismo hanno bocciato Igor Smirnov, non più protetto dalla Russia a causa di brogli finanziari.
Lo scorso dicembre, durante l’ufficializzazione della rielezione a presidente, Vadim Krasnosel’skij, ha dichiarato all’agenzia russa TASS che le autorità trasnistriane considerano la Russia un garante della sicurezza della regione, un amico e un partner.
Le richieste di indipendenza della Transnistria hanno un reale fondamento, sia dal punto di vista etnico-linguistico in quanto la gran maggioranza della popolazione è russa, sia dal punto di vista storico, poiché la regione non ha praticamente mai fatto parte della Romania ed è stata per diversi secoli sotto il controllo dell’impero russo prima e dell’Unione sovietica poi, venendo accorpata al resto della Moldavia soltanto nel 1945, nell’ambito dell’URSS.
Comprensibile, quindi, che i suoi abitanti si sentano più vicini a Mosca che a Bucarest e anche chiaro che le autorità russe siano assai poco inclini a lasciar scivolare questo territorio nella sfera di influenza occidentale. Ecco perché la gran parte degli abitanti della Transnistria spera di andare in Russia, come hanno già fatto molti dei loro parenti che hanno trovato in Russia fortuna e successo.
Dal 1992, anno della fine delle ostilità con la Moldavia, in Transnistria è presente un reggimento russo con funzioni di peacekeeper e di garante nei confronti della popolazione locale che, seppure rappresenti una piccola presenza, ha provocato non pochi problemi nei negoziati con la Nato per la riduzione delle forze convenzionali in Europa.
L’attuale missione di peacekeeping, creata nel 1992 nella zona di sicurezza tra Moldavia e Transinistria, al termine del conflitto fra Chisnau e Tiraspol, è composta da 1.200 soldati russi, moldavi e della Transnistria e diversi osservatori ucraini. Secondo un recente rapporto del Global conflict prevention, tutt’oggi in Transnitria, nonostante qualche cambiamento, si continua a vivere in una situazione che si caratterizza per una combinazione di corruzione molto diffusa in tutti gli strati sociali e di conflitto mai sopito con la Moldavia, dato che i trattati di pace non hanno prodotto alcun accordo politico.
Girando per la città, la povertà è palpabile. È una realtà visibile nel mercato improvvisato, spesso sotto forma di baratto, della piazza centrale di Tiraspol. La povertà alimenta e acuisce, inoltre, continue violazioni dei diritti umani e attività illegali legate al traffico delle armi e degli esseri umani, al contrabbando e alle attività di riciclaggio di denaro che, nel paese che ufficialmente nessuno riconosce, proliferano dagli anni ’90. Il paese che non c’è continua a non esistere per nessuno. La Transnistria è un paese senza futuro, un luogo da cui tutti i giovani vogliono scappare per poter avere una reale esistenza.