Non abbiamo difficoltà a proclamare Triangle of Sadness come la miglior pellicola del 2022.

Il regista svedese Ruben Östlund porta a casa al Festival di Cannes la sua seconda Palma D’oro dopo The Square del 2017.

La trama è alquanto semplice, una coppia di modelli viene invitata su una crociera di lusso in cambio della loro pubblicità come influencer sui social. Il viaggio riserverà diverse sorprese.

Il cineasta indaga e disseziona, con la minuzia e l’attenzione di un patologo, la società contemporanea morente e asfittica con una satira e un sarcasmo al vetriolo unici che ci permettono di ridere ad alta voce con una risata liberatoria e drammatica allo stesso tempo, forse perché in fondo la pellicola parla di tutti noi. Qualche commentatore ha scritto che il film si occupa della lotta di classe tra ricchi e poveri, nulla di più distante dalla verità, il regista svedese va alla fonte, all’etimo della questione, che sono i rapporti di potere.

Ciò che la pellicola evoca non è una limpida denuncia del capitalismo, Östlund infatti gioca con i luoghi comuni realizzando lo scontro tra uno dei passeggeri agiati e il capitano della nave con una divertente e sagace battaglia fatta di citazioni sul rapporto ricchezza/povertà.

In realtà il vero motivo del film lo si apprende una volta che il bastimento è affondato e i sopravvissuti si ritrovano nell’isola. Una delle inservienti assume il potere e fa valere il proprio spazio, come ricorda il filosofo Byung Chul-Han nel volume Che cos’è il potere: «Sovrano è – scrive Carl Schmitt in Teologia Politica – chi decide dello stato di eccezione. In casi eccezionali le norme giuridiche vengono sospese per garantire l’autoconservazione. Il sovrano teleologico che decide in caso di emergenza ha un potere assoluto che prevale…. Nella situazione di emergenza decide lui cos’è importante per l’autoconservazione».

Oltre che una satira feroce del potere, il regista rilegge la contemporaneità modellata sui social, sulla volontà di apparire, sul senso critico che ha abdicato in favore di una conoscenza del mondo superficiale in cui tutto può diventare il contrario di tutto, come ricordava Guy Debord:

«lo spettatore più contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la propria esistenza e il proprio desiderio».

Non si può che sogghignare amaramente nella scena della cena durante la tempesta in cui i passeggeri sono sopraffatti dal loro corpo in una parossistico momento di rigurgiti e deiezioni corporali.

Triangle of Sadness è una pellicola godibile, che ricorda autori come Elio Petri o Marco Ferreri per l’uso immaginifico di satira e sarcasmo.

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