“Apro la radio e sento che di brani belli non ce n’è: come mai il suono è così brutto?” (Citazione, rielaborata liberamente).
Tra le tante cose scomparse dalla faccia della terra per qualche motivo, non ci sono più neanche quelle belle stagioni musicali di una volta! Per dire: il tanto vituperato Festivalbar di Vittorio Salvetti negli anni ha premiato brani diversi, nel 1969 “Acqua azzurra, acqua chiara”, l’anno dopo “Fiori rosa fiori di pesco” di Lucio Battisti, nel 1985 “L’estate sta finendo” dei Righeira, nel 1991 “Quattro amici” di Gino Paoli, quattro brani italiani che hanno fatto epoca e che vengono ricordati ancora, trenta o cinquanta anni dopo. Per limitarci alla canzone italiana, pop o d’autore, ho qualche dubbio che i suoni dell’estate 2020 rimarranno negli annali.
Ogni stagione, ogni pubblico, di fatto ha le canzoni che si merita. Lasciatemi essere un filino cinico: sarà l’effetto della pandemia, sarà la voglia di leggerezza e divertimento, sarà quel che sarà, ma tra i brani più ascoltati di quest’estate si fatica a trovarne uno decente, con dei valori, oltre quelli della leggerezza, a volte della ballabilità. Questioni di gusto, di cui non si deve disputare. Fatto sta che i gusti del grande pubblico sono scesi negli ultimi decenni verso il basso profondo e le cause sono molteplici. Tristemente varie, con responsabilità diffuse, riconoscibili.
Radio e televisione hanno sicuramente fatto la loro parte negli ultimi decenni: entrate oggi in un bar dove c’è una radiovisione accesa e provate a vedere quali brani passano di più. Nella televisione vera e propria di musica attuale ce n’è poca, di musica di qualità pochissima (a parte sinfonica e operistica). L’estate si riempie quindi di canzoncine banalissime, di ritmi (ricordate recentemente lo spopolare del reggaeton?), di balletti, di sederi e cosce al vento. Qualche titolo? “Karaoke” (Boomdabash, Alessandra Amoroso), “Ciclone” (Takagi & Ketra, Elodie, Mariah, ft. Gipsy Kings), “Non mi basta più” (Baby K, special guest Chiara Ferragni), “Mediterranea” (Irama), “A un passo dalla luna” (Rocco Hunt, Ana Mena), “Paloma” (Fred De Palma, ft. Anitta), “Bam Bam Twist” (Achille Lauro, feat. Gow Tribe). Resiste ancora l’onda lunga del reggaeton, Achille Lauro riutilizza un vecchio ritmo, uno spunto… ma in confronto “St. Tropez Twist” di Peppino di Capri (1962) è un capolavoro assoluto.
Attenzione: autori, gruppi di produzione come Boomdabash, Takagi & Ketra, sono bravissimi a fare il loro mestiere, non ne sbagliano una, è difficilissimo scrivere pezzi facili. Quello che mi chiedo è perché così di frequente artisti (donne spesso, uomini meno spesso), che avrebbero anche altre frecce al loro arco, capacità vocali, immagine, non pensino di produrre qualcosa di più sfidante, che li faccia crescere ed evolvere artisticamente. Niente: solo brani leggerissimi (testo & musica), che scivolano via piacevolmente, in uno o due mesi fanno decine di milioni di visualizzazioni su YouTube, magari neanche vendono tanto, ma vengono suonati e risuonati, a manetta, quasi come se non esistesse altro.
Sere fa, accendo la tv, saltabecco fra i canali, arrivo su Italia 1: “Battiti Live”, un progetto di Telenorba, “l’evento più appassionante della musica leggera dell’estate italiana”…: ben due brani di fila di Gaia (al secolo Gaia Gozzi), la vincitrice dell’ultima edizione di “Amici” , bella ragazza, occhi stupendi, canto (poco intonato) dal vivo su base, con un solo triste musicista ad accompagnarla sul palco, che sbacchettava su percussioni elettroniche. Una scena pietosa. Gaia non canta, non si sa muovere bene, accenna passetti. Allora sai che c’è? Alla radio, in macchina, durante il viaggio, sempre pochi giorni fa: c’è chi fa riascoltare “Comprami”, Viola Valentino, 1980. Un pezzo della madonna! La guerra è guerra. E la vincono Viola Valentino (nonostante la poca voce), Cristiano (Popi) Minellono e Renato Brioschi (autori del brano).