“Un giorno” di Monica Sarsini. In un libro la scrittura di un’artista
Monica Sarsini è quasi un caso letterario, una delle scrittrici più brave ma sottovalutate nel panorama italiano. Suadente e originale.
Monica Sarsini è quasi un caso letterario, una delle scrittrici più brave ma sottovalutate nel panorama italiano. Suadente e originale.
Per chi volesse provare a uscire dal conformismo letterario imperante, una soluzione è la lettura dell’ultimo libro di Monica Sarsini Un giorno (postfazione di Roberta Mazzanti). Edito da Vita Activa Nuova, la casa editrice triestina della società delle letterate, quest’ultimo libro di Monica Sarsini rapresenta molto probabilmente il punto più alto della sua produzione che l’ha vista pubblicare nel passato con l’editore Giunti, di Firenze, e prima ancora con Scheiwiller.
Monica Sarsini è quasi un caso letterario. Una delle scrittrici più brave ma sottovalutate nel panorama italiano. Il motivo? Difficile dirlo. Certamente una risposta è da cercare nella sua scrittura fluida ma densa, suadente e molto originale.
Un editore oggi per originale forse si aspetta di trovare testi sincopati, righe di bianco, allegorie, metafore e sospensioni ardite. La scrittura di Monica Sarsini non ha nulla di tutto questo e, inoltre, è una scrittura impegnativa. Richiede al lettore il coinvolgimento di chi riceve la proposta gentile di condividere un lungo cammino con le modalità e i tempi definiti dall’autrice.
Elemento fondamentale della sua identità di scrittrice è il fatto che Monica Sarsini è un’artista. Tutto quello che produce, con la cartapesta e il fil di ferro, esplode di gioia e di vitalità, con il contributo determinante dell’ironia, tutta toscana, spesso dissacrante. Per questo motivo il suo discorso fluisce coinvolgendo la materialità degli esseri viventi e del mondo in cui vivono. Gli animali nella natura sembrano partecipare distrattamente ai suoi pensieri, ai suoi ricordi e alle riflessioni prodotte sul bordo di un fiume. E poi anche le rocce e i prati, il sole e le stelle.
In tutto questo, un’ossessione, non lugubre, non angosciante ma molte triste: la morte del giovane fratello di Monica Sarsini ucciso tempo fa da un colpo di fucile partito accidentalmente dal fucile di un giovanissimo amico.
Da quel momento la vita si è rotta, si è interrotta. La perdita dell’amato fratello ha costituito un’ipoteca esistenziale da cui non ci si libera. Neanche fuggendo, neanche con il viaggio, metaforico e reale, in cui si cerca il perché delle cose che accadono o anche solo si cerca di apprezzare il tanto che ci è intorno anche se non può lenire il dolore originale.
Il viaggiare, spesso solo vagabondando, può aiutare la memoria non per ribadire un dolore che sempre si cerca di nascondere ma anzi per richiamare una figuare che si ripropone con dolcezza e delicatezza.
Spesso viene da pensare che il percorso di Monica Sarsini la porti e ci conduca verso un’impegnativa ricerca dell’Altrove. Fatalmente, ma non in via definitiva e programmata.
Ma qual è la via per ottenere questo contatto con il Mondo e con l’Altrove? Qual è il modo di riattivare tutto un sistema di relazioni? Sono le parole, formidabile viatico verso gli altri che Monica Sarsini governa come pochi e che danno una risorsa forte e originale per continuare a essere sé stessa. Al meglio.