È stato molto tempo fa, più di quanto ora sembra,
in un posto che forse nei sogni si rimembra,
la storia che voi udire potrete,
si svolse nel mondo delle feste più liete.
Vi sarete chiesti, magari, dove nascono le feste.
Se così non è, direi… che cominciare dovreste!

I 76 minuti in stop-motion che Henry Selick girò nel 1993 con il titolo di The Nightmare Before Christmas (il titolo esteso era Tim Burton’s The Nightmare Before Christmas) proiettano il festoso e luccicante mondo del Natale nella dimensione cupa e oscura di Halloween. Rapire Babbo Natale non basterà per stravolgere la tradizione dark ed il risultato sarà invece quello di creare una gran confusione con giocattoli spaventosi distribuiti ai bambini della terra e una malinconia serpeggiante nel pianeta delle zucche.
Jack Skellington re del Paese di Halloween pur essendo un inguaribile ottimista si renderà conto che tutto è andato storto, nessuno ha veramente capito, gli abitanti di Halloween non hanno compreso il Natale e gli umani le intenzioni dell’ossuto spaventapasseri.
Il film pone l’attenzione sulla presenza di due feste agli antipodi per caratteristiche ma unite in un’unica epifania oltre che dal senso di condivisione: la luce ed il buio, la nascita e la morte, la paura e la gioia, sacro e profano. Di fatto due volti della stessa medaglia.

Il proiettare aloni oscuri sulla festa più luminosa per antonomasia è stato per molto tempo prerogativa del mondo letterario. Ne sono esempi eclatanti libri come Canto di Natale (A Christmas Carol) di Charles Dickens (1843) e The Twelve Crimes of Christmas a cura di Carol-Lynn Rosse Waugh, Martin Harry Greenbeg e Isaac Asimov, ma è soprattutto il cinema a vincere il primato per lo stravolgimento dei toni ed il rovesciamento dei ruoli: sul grande e piccolo schermo le ombre scendono lunghe sulla natività trasformando la celebrazione dei buoni sentimenti in un momento di esaltazione delle fragilità umane, della cattiveria mal celata, dell’ipocrisia dilagante. Al contempo diviene anche l’occasione per recuperare figure grottesche e demoniache del folklore popolare (i Krampus per esempio) e caricare di valore simbolico le paure più profonde della società che si mescolano ai mostri metropolitani.
E così le riunioni di famiglia divengono collettori di tensioni e attriti di vecchia data, dal camino scendono sadici assassini goffamente travestiti da Babbi Natale, le strade delle città svuotate per il cenone della Vigilia si trasformano in ragnatele che intrappolano le loro prede e i canti di gioiosi riecheggiano come urla tormentate.

In principio fu Death House noto anche come Silent Night, Bloody Night o Night of the Dark Full Moon proto slasher girato da Theodore Gershuny nel 1970 ma distribuito solo nel 1972. Un misterioso serial killer evaso dal manicomio criminale e pronto a mietere nuovamente vittime entra in contatto con una serie di personaggi con molti scheletri nell’armadio. Al dii là dello stile narrativo allucinato e cinico, uno degli aspetti che colpisce maggiormente è la lettura in chiave antropologica dell’America di provincia, descritta come vero e proprio ricettacolo del disagio sociale. Theodore Gershuny realizzerà un’opera seminale per tutti gli horror natalizi successivi.

Ne attingerà a piene mani da questa pellicola il compianto Bob Clark che con il suo Black Christmas (1974), uscito in Italia con il titolo di Un natale rosso sangue e oggetto di ben due remake, dà vita ad un film crudele e spietato interamente ambientato nel dormitorio di una confraternita
E’ del 1980 Christmas Evil di Lewis Jackson slasher con una forte introspezione psicologica del protagonista ossessionato da un ricordo ricorrente della sua infanzia.
Gli anni ottanta proseguono con due cult: Natale di sangue (Silent Night, Deadly Night) di Charles E. Sellier Jr. (1984) e la commedia grottesca per famiglie Gremlins, capolavoro indiscusso di Joe Dante (1984) con i teneri ed esigenti Mogwai. Una piccola disattenzione e i morbidosi esserini si trasformano in famelici mostriciattoli.

Gli anni duemila vedono una vera è propria impennata nel numero di pellicole natalizie da brivido: Santa’s Slay di David Steiman (2005) rilettura molto cupa delle origini di Babbo Natale, il quale viene presentato come una creatura maligna nata da un rapporto fra una vergine e il Diavolo in persona, non a caso Santa è anagramma di Satan, costretta da una scommessa persa a consegnare regali ai bambini per 1000 lunghissimi, e insopportabili anni.
Un mostro molto reale è invece quello al centro di -2 Livello del terrore (P2), horror-thriller del 2007 diretto da Franck Khalfoun. Mai fu più difficile recuperare l’auto da un parcheggio sotterraneo per raggiungere la famiglia per la cena di Natale. Ma non sono solo gli adulti ad uscirne malino in queste pellicole, i bambini e i ragazzi meriterebbero quintali di carbone per la loro condotta.
Inquietante e con una grande dose di gore è il britannico The Children (Tom Shankland, 2008) che ben si coniuga con Better Watch Out, una coproduzione indipendente tra Australia e America diretta da Chris Peckover (2016). Entrambe dipingono con tinte fosche gruppi di adolescenti alle prese con l’atmosfera natalizia.
Dalla Finlandia, paese natio di Babbo Natale, arriva Un racconto di Natale di Jalmari Helander (2010), favola nera (anzi nerissima) ambientata tra paesaggi innevati che rilegge in chiave horror le antiche tradizioni. Anche Krampus – Natale non è sempre Natale diretto da Michael Dougherty (2015) si colloca nel filone del folklore e del rapporto con la superstizione popolare; ne scaturisce una spassosa commedia black basata sulla leggendaria figura di origine germanica del Krampus.

E le serie televisive? Per quelle ci vuole una riflessione a parte… intanto avete tutto il tempo per recuperare qualche titolo per prepararvi ad un Natale completamente diverso.

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