Al Teatro Manzoni di Roma dal 26 Ottobre al 14 Novembre Slot, una commedia caustica, che si ripromette di raccontare come una relazione impossibile possa trasformarsi in qualcosa di speciale. Ne parliamo con il suo autore e regista, Luca De Bei, penna sopraffina del panorama drammaturgico nazionale, ma non solo, esperto decodificatore di dinamiche umane fuori dagli schemi.

Come riscrivi il luogo comune della relazione vittima-carnefice nel tuo Slot? 
In Slot il carnefice è il gioco d’azzardo, ed è complice una società che permette a questi meccanismi perversi di devastare la vita delle persone. Non esiste infatti un piano che contrasti il fenomeno, anzi. Lo Stato guadagna la sua percentuale da Slot, gratta e vinci, videopoker eccetera e si comporta in questo modo proprio da “pappone”. Infatti questo è il termine che usa il personaggio interpretato da Mauro Conte quando scopre che la madre, interpretata da Paola Quattrini, è preda della ludopatia. Il rapporto tra il gioco è il giocatore è subdolo, si insinua in modo lieve e apparentemente innocuo. In realtà può diventare un problema gravissimo. Ci sono persone, soprattutto donne, che per esempio con i “gratta e vinci” spendono cifre inimmaginabili. 

Come regista accenni ad una difficile prova di attore per ognuno dei tre (peraltro rodatissimi) protagonisti: come ne hai orchestrata la direzione? 
Il genere della commedia è un genere difficile, si sa. Molto più che nel dramma è nella tragedia, è necessaria misura, ritmo, tempi e gestione del corpo. Ovviamente ho affrontato la direzione degli attori in modo diverso, secondo le loro esperienze e la loro creatività. Quello che ho fatto con tutti e tre, inclusa Paola Barale, è stato di andare in profondità, svelare i sottotesti di ogni singola battuta, lavorare sui pensieri dei personaggi. A volte quando si tratta di commedie, questo non viene fatto: si pensa solo al ritmo e ai tempi comici. Io invece credo che un lavoro di approfondimento anche psicologico serva all’attore per avere una comprensione più ampia del personaggio, anche se poi sulla scena si privilegerà la comicità

Luca De Bei ha un talento speciale per strappare sorrisi da argomenti anche profondi e amari, come racconti il gioco d’azzardo qui? 
Il divertimento e il sorriso nascono qui da personaggi che nascondono agli altri la verità, ma anche dal fatto che spesso invece dicono quello che pensano senza filtri. Poi in effetti tutto può essere visto in chiave ironica, la vita va presa con più leggerezza, con disincanto. Non esiste fatto tragico che non porti con sé anche un lato ironico o addirittura grottesco. 

Sappiamo che hai in cantiere anche un importante progetto cinematografico, vuoi accennarne? 
In realtà negli ultimi due anni ho scritto ben cinque film, di cui due sono stati girati e stanno per uscire, due verranno girati il prossimo inverno. Il progetto più ambizioso è un film che sarà girato tra un anno circa, dato che porta un grosso impegno produttivo e una coproduzione europea. È ambientato durante l’occupazione nazista di Roma. E anche qui la tragedia si colora di ironia grazie ad una protagonista molto ingenua ma anche molto sensibile. 

Come uomo e artista sensibile, Luca de Bei come vive la riapertura dei teatri dopo questo lungo periodo e quali suggerimenti apporteresti alle disposizioni attuali?
Purtroppo il Teatro ha pagato un prezzo altissimo perché – con questo accanimento solo in Italia – è stato uno dei primi bersagli delle chiusure. Siamo arrivati al grottesco perché la gente è sempre stata stipata sugli autobus, le metropolitane, gli aerei, persino i ristoranti, ma i teatri sono rimasti chiusi a lungo. Purtroppo questo è solo un aspetto della costante e voluta distruzione della cultura in Italia da parte degli ultimi governi, senza differenza di colore. Mi auguro che si torni presto a un regime normale. 

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