Non tutti sanno che le iniziative regolatorie dell’Ue, prima di essere adottate ufficialmente, vengono messe a disposizione del pubblico per una consultazione. Per prenderne visione, consultando atti, documenti, studi alla base dei progetti e proposte normative; e per far sentire la propria voce, lasciando commenti, annotazioni, critiche (in questo senso, per chi voglia approfondire: M. D’Alberti, La “visione” e la “voce”: le garanzie di partecipazione ai procedimenti amministrativi, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2000).

Questo vale per tutti i settori, tra i quali anche quello dell’agroalimentare.

I progetti attualmente in consultazione sono vari e numerosi (in totale 150). Si trova un po’ di tutto: un progetto per l’istituzione di registri e dichiarazioni degli operatori sull’agricoltura biologica; l’introduzione di regole flessibili nel calcolo del valore dei danni causati da calamità naturali in ambito ortofrutticolo; regole sulla produzione e uso di piantine non biologiche, in conversione e biologiche; un progetto di una rete d’informazione sulla sostenibilità agricola (FSDN); una proposta di revisione delle norme di commercializzazione dell’UE; il riesame del programma UE Frutta, verdura e latte nelle scuole; una proposta di revisione della politica di promozione all’interno e all’esterno dell’UE; ecc.

L’iniziativa è molto interessante perché apre, cioè rende visibile e disponibile al pubblico, l’adozione delle politiche sull’agroalimentare, quindi su ciò che mangiamo ogni giorno, ma anche sull’andamento della nostra economia e sull’impatto che abbiamo sull’ambiente. Queste decisioni non sono più prese solo nelle segrete stanze dei palazzi del potere, ma sono aperte alla partecipazione dei cittadini. Di tutti i cittadini: associazioni e imprese, quindi per il perseguimento di interessi collettivi e privati, ma anche singoli, per interesse personale e individuale di chi vuole intervenire.

Quali sono i benefici per la democrazia?

Lo strumento adottato dall’Unione ha almeno tre benefici: informa i cittadini; acquisisce conoscenze e pareri che possono migliorare le politiche pubbliche e incrementa democrazia e pluralismo. Sotto il primo profilo, si rileva l’utilità di far conoscere cosa sta facendo l’Unione europea nei vari settori ove legifera e interviene. In questo modo incrementa la propria accountability, cioè il dover rendere conto delle proprie decisioni a chi spetta la sovranità, quindi i cittadini europei. Grazie a un incremento della trasparenza, è più facile conoscere, valutare e studiare l’attività delle amministrazioni pubbliche, in questo caso europee.

A tal riguardo, è stato notato, dal Tribunale dell’Ue, nella causa Causa T-716/14, Anthony C. Tweedale/Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), del 7 marzo 2019, che “la trasparenza permette di conferire alle istituzioni dell’Unione una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità nei confronti dei cittadini dell’Unione in un sistema democratico e, consentendo che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, essa contribuisce ad accrescere la fiducia di detti cittadini” (par. 54). In tal modo, le misure che compongono l’attività di regolazione sovranazionale incrementano la propria legittimazione e giustificazione, risultando monitorabili, aperte agli interventi esterni e sindacabili nella forma. L’apertura delle decisioni migliora le garanzie degli individui, sia come diretti interessati o destinatari di una misura, sia come cittadini che subiscono gli effetti indiretti di una decisione adottata da organi non rappresentativi.
Se la trasparenza è garantita, indipendentemente da dove avvenga il momento costitutivo, chiunque avrà la possibilità di prendere visione di documenti e informazioni utili a verificarne la correttezza e a preparare eventuali azioni di difesa o di contestazione.

E i contro?

In secondo luogo, la stessa Ue si avvantaggia. Perché chi interviene può conoscere bene le tematiche in questione, suggerendo modifiche, avanzando critiche, individuando punti deboli o strade alternative. In questo modo può migliorare l’efficienza e l’efficacia del decision-making delle istituzioni dell’Unione. Vi è, certamente, un rilievo critico: una partecipazione ampia e variegata può rallentare il momento decisionale. Possono pervenire troppi commenti e di segno opposto, magari mostrando l’impopolarità di una decisione pubblica già avviata. A riguardo si deve però dire che avere contezza di queste problematiche può aiutare a risolverle e a volte può semplificare decisioni complesse, quando ad esempio si raggiunge molto consenso popolare su un tema o su una misura. Inoltre, se nella consultazione intervengono anche esperti o addetti ai lavori il privato può suggerire all’autorità pubblica il percorso più efficace e più utile. Quando, ad esempio, a intervenire sono organizzazioni e soggetti che annoverano tra le loro fila esperti del settore interessato, l’intervento sarà efficace, puntuale e funzionalizzato a migliorare l’efficienza e la speditezza delle valutazioni su cui si basano le misure di regolazione da adottare.

Infine, ne guadagna il processo democratico perché al tavolo delle decisioni – sebbene in una fase preliminare, di istruttoria e non propriamente costitutiva dell’atto da emanare – possono partecipare tutti. Questo aspetto apre quindi il meccanismo decisionale, avvicinandolo ai modelli della democrazia partecipativa e dibattimentale (deliberative democracy). Che si affiancano a quella rappresentativa: non solo l’Unione Europea adotta le sue leggi tramite il Parlamento, rappresentativo dei popoli, e tramite il Consiglio, rappresentativo degli Stati, e su iniziativa della Commissione, rappresentativa dell’Unione, ma anche consultando in via diretta associazioni, imprese e singoli individui.

Si rinviene quindi la grande l’utilità dell’apertura delle procedure decisionali sovranazionali alla società civile: non solo come garanzie formali di trasparenza e imparzialità, ma anche come strumenti volti a dar voce a interessi deboli e sottoprotetti e ad assicurare una democrazia e una rappresentatività sufficientemente plurale da consentire di affrontare scelte di natura politica o teleologica avendo maggiore contezza delle preferenze dei cittadini interessati dalle misure adottate.

Il caso citato è, sebbene in misura lieve, un esempio di democrazia dibattimentale, che si attua in un rapporto di contiguità con quella rappresentativa. La deliberative democracy è basata sulla delibazione, sulla trasparenza dell’attività, sull’intervento partecipativo dei destinatari degli atti e sui principi del giusto procedimento. Secondo tale teoria, come evidenziato da John Elster parafrasando gli elementi fondamentali del pensiero di Habermas e Rawls sulla democrazia,

«political choice, to be legitimate, must be the outcome of deliberation about ends among free, equal, and rational agents».

Questa forma di democrazia, quindi, «revolves around the transformation rather than simply the aggregation of preferences» e la sua nozione «includes collective decision making with the participation of all who will be affected by the decision or their representatives […]. Also, […] it includes decision making by means of arguments offered by and to participants who are committed to the values of rationality and impartiality» (Introduction, in J. ELSTER (ed), Deliberative Democracy, Cambridge Univ. Press, Cambridge 1998, pp. 1 e 8).

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