A scuola come in città, delitto tra i banchi
Il vicepreside viene trovato morto disteso sul pavimento di un'aula con le mani amputate. A scuola ciò che non si può fare è morire.
Il vicepreside viene trovato morto disteso sul pavimento di un'aula con le mani amputate. A scuola ciò che non si può fare è morire.
Raccontare un delitto a scuola? Per farlo in maniera convincente, bisogna avere confidenza con i soggetti che animano quotidianamente questo mondo apparentemente aperto e accessibile, ma in realtà piuttosto chiuso in sé stesso, con delle regole a volte non scritte che influenzano di molto le persone che lo vivono.
Per questo motivo desta più di un’occasione di interesse il libro di Gaja Lombardi Cenciarelli, A scuola non si muore, Marsilio, pp 256, euro 15.00. Oltre a essere una scrittrice affermata e una nota traduttrice, Cenciarelli è una professoressa. Diremmo in questo caso: soprattutto una professoressa, perché ci viene assai utile per leggere il suo libro che è strutturato in modo sapiente come giallo ed è puntellato qua e là da situazioni al limite della comicità che ne alleggeriscono il passo narrativo.
Il personaggio principale è Margherita Magnani, una professoressa di inglese che insegna in una scuola della periferia romana, vive in un quartiere popolare ed è molto legata ai suoi studenti e al mestiere che svolge diligentemente da diversi anni. Durante lo sviluppo della narrazione si capisce quanto anche i suoi studenti la rispettino e le vogliano bene. Una classe multietnica che costituisce il suo punto d’appoggio e il suo aiuto in una difficile vicenda che la vede presa di mira da buona parte dei colleghi e dalla stessa polizia.
Perché il giorno dopo il consiglio di classe, il vicepreside, professor Giuliano Colagrossi viene trovato morto disteso sul pavimento dell’aula con le mani amputate. L’evento è veramente terribile e straordinario. Tra le tante cose che non si possono fare a scuola c’è proprio quella di morire. Tanto meno di morire ammazzati. La tensione è tanta.
Tra i colleghi che fuggono e si nascondono e gli altri che seminano sospetti, Margherita, molto ingenua e un po’ pasticciona, decide di voler capire che cosa possa essere accaduto. E questo la espone agli strali dell’ambiente intorno. Non solo dei professori con cui già aveva un cattivo rapporto, ma anche alla diffidenza e ai sospetti dei colleghi che credeva potessero esserle più vicino. Non è da meno la diffidenza del commissario di polizia che indaga sul caso, ma lui deve farlo per mestiere.
In conclusione ci si rende conto dei diversi punti di vista che il libro propone al lettore. Sono punti di vista che riguardano il nostro vivere sociale contemporaneo sia per i ruoli sociali che per i tipi antropologici che ci stanno intorno.
Una dirigente, magra, alta, in minigonna e con la chioma sempre alla moda che di fronte alle emergenze e ai problemi non sa far altro che andare nel panico e chiamare l’ambulanza per farsi ricoverare. La gran massa di studenti e professori che rimangono inattivi e si nascondono nei loro ambiti, vigliaccamente disposti ad alimentare sospetti e illazioni ma non a collaborare. Professori apertamente razzisti e discriminatori nei confronti di ragazzi disabili e lei Margherita, candida, semplice ma determinata, professoressa di solidi e sani valori di sinistra che cerca di lottare e scoprire la verità.
Con lei la sua amatissima classe, una sorta di movimento di giovani e di studenti che le fa da scudo e la sostiene nella scoperta della verità. Un colpo finale di ottimismo che ristora il lettore e gli disegna sul volto un sorriso di speranza.