‘Alla discoteca’ su Prime Video: la docuserie per appassionati di clubbing
Incontriamo Sygma, alias Sergio Marini, che ci racconta come è nata la sua prima serie TV, 'Alla discoteca', dedicata al clubbing.
Incontriamo Sygma, alias Sergio Marini, che ci racconta come è nata la sua prima serie TV, 'Alla discoteca', dedicata al clubbing.
Alla discoteca è una docu-serie ideata, prodotta e diretta per Prime Video da Sergio Marini, anche noto come Sygma, dj produttore romano, più volte ai vertici delle classifiche con le sue produzioni musicali, nonchè due volte dj al ReWriters fest..
Qual è stata l’ispirazione dietro la creazione della tua serie TV?
L’idea per Alla discoteca è nata in seguito a diverse riflessioni fatte tra addetti ai lavori. Già da qualche anno ci si è iniziati a fare domande sul come sta andando il mondo della musica da ballare e durante la pandemia avevo organizzato degli incontri in streaming con molti personaggi per parlarne. Ciò che era emerso è che la crisi nel settore non era data dal lockdown, ma già da qualche anno c’era stato un ricambio generazionale che aveva portato i giovani ad allontanarsi dai club e scegliere di passare serate tra aperitivi, eventi in cui la musica non è centrale ma solo di contorno o addirittura a starsene chiusi a casa a guardare una serie su Netflix o Prime Video. Perciò, ho pensato di portare il tema delle discoteche, proprio sulle piattaforme streaming. I miei ospiti, danno il loro punto di vista personale, raccontando un po’ la storia della scena dance dagli anni ’90 ad oggi, con una bella serie di aneddoti davvero piacevoli da scoprire.
Per esempio?
Maurizio Lobina degli Eiffel65, Dj Jad degli Articolo31, Wlady, suo fratello e produttore del progetto, poi i Datura, Provenzano, Roby Rossini, Vortex, Alberto Remondini, Bismark, Federica Elmi, Rosaria Renna, Roberto Turatti, Rude Mc dei Flaminio Maphia, D Lewis, Fabio Amoroso… tutti grandi professionisti che hanno creduto fortemente nel progetto e si sono prestati volentieri per offrire il loro contributo.
Qual è stata la tua esperienza nel lavorare sia come DJ che come produttore musicale e ora come produttore televisivo?
Lunga e faticosa, ma non priva di soddisfazioni. Da ragazzo ho studiato a scuola di cinema, quindi l’obiettivo di produrre contenuti audiovisivi l’ho sempre avuto. Ma erano altri tempi, era difficilissimo entrare in quel settore, se non eri imparentato con qualcuno di importante. Ad oggi non è diverso, ma la tecnologia ti può dare una mano e per essere vincenti, magari, può bastare avere buone idee. Diciamo che da un lato la tecnologia ha aiutato chi dimostra tenacia, dall’altro ha permesso un po’ a chiunque di lavorare come dj, come produttore, come presunto artista in un settore qualsiasi del mondo dell’intrattenimento. Ma resta il fatto che dall’altro, se non hai spessore artistico, non vai lontano.
Come hai affrontato la sfida di creare un’esperienza coinvolgente per gli spettatori, sia in termini di musica che di narrazione?
In fondo non è stato difficile. Parafrasando ciò che racconta Provenzano in uno degli episodi della serie, quando racconta la nascita di m2o, mi sono reso conto di poter parlare ad un pubblico che aveva voglia di ascoltare una narrazione su questi temi. Quindi c’era un vuoto da colmare e forse, un po’ perché chi è in posizione privilegiata magari ha perso il contatto con il pubblico reale, sono stato l’unico ad accorgersene. Alla discoteca resta prevalentemente una serie per addetti ai lavori ed appassionati del mondo dance, in tutte le sue sfumature, visto che ho coinvolto personaggi che lavorano nel mondo techno, nel mondo rap, nel mondo pop e così via, ma ho avuto ottimi feedback anche da chi non era proprio interessato a questi temi.
Quali sono le differenze principali tra il processo di creazione musicale e quello di produzione televisiva?
Dal mio punto di vista non sono molte. Si parte sempre dall’avere una buona idea. Poi certo dobbiamo distinguere il concetto da cui si parte, l’ispirazione che l’artista ha da come poi quell’idea viene lavorata e materializzata, e comunque tutto ciò non è una garanzia che il prodotto finale funzioni. Ma ribadisco, sebbene siano due settori non proprio affini, si parte dallo stesso punto, avere un’idea da esprimere per arrivare comunque ad un pubblico più ampio possibile. Per questo oggi siamo pieni di produzioni musicali, radiofoniche, cinematografiche e televisive un po’ tutte uguali. I palinsesti vanno comunque riempiti ma raramente ci si affida ad artisti in grado di avere idee valide.
Quali sono state le tue maggiori difficoltà nell’affrontare il passaggio dalla musica alla produzione della serie?
Avendo fatto praticamente tutto da solo, dall’avere l’idea alla pre-produzione, le riprese, la postproduzione e pure la realizzazione della colonna sonora, ammetto che sarebbe stato bello avere una mano per il montaggio, così come per il mastering. Però la cosa più noiosa e irritante da fare sono stati i sottotitoli, immaginate, sei episodi di gente che parla in continuazione e tu devi scrivere tutto a mano. Certo ci sono dei software per questo, ma se un personaggio parla con accenti romaneschi o milanesi, il software ti interpreta le parole come qualcosa di insensato e tu devi comunque ricorreggere tutto. Stressante!
Quali sono stati i tuoi obiettivi principali per la serie e pensi di averli raggiunti? Innanzitutto l’avviare ufficialmente la mia carriera come regista, produttore e autore per cinema e serie. Questo sì, è un traguardo raggiunto nel miglior modo possibile, visto che come debutto sono già su una delle piattaforme più importanti del mondo, Prime Video. Ma resta comunque la voglia di esprimere un messaggio di fondo, legato al mondo della musica. Si può fare di meglio, si può ricostruire tutto, per noi e per le generazioni future e, senza fare i finti buoni, si può fare ancora business in questo settore.
Quali sono i tuoi progetti futuri sia nel mondo della musica che della produzione televisiva?
Continuare nel seminato. Ci sono diverse produzioni musicali che nei prossimi mesi saranno pubblicate da me in collaborazione con eccellenti nomi della scena techno e trance internazionale. Per cinema e serie, beh… per il momento sto parlando coi miei collaboratori di fare una seconda stagione di Alla discoteca: visto l’hype che sta suscitando, sarebbe un ottimo modo per dimostrare che la mia presenza sulla scena non è una botta di fortuna, ma qualcosa di concreto.
Come hai utilizzato la tua esperienza come DJ e produttore musicale nel creare la colonna sonora della serie TV?
Alcuni dei brani che sentite in sottofondo sono produzioni mie e di miei amici e collaboratori, già pubblicate, da Marco Bragadin a Davide Turci. Il tema di apertura (Alla discoteca) e gli altri brani, sono inediti realizzati insieme agli stessi, Sedho, Francesca Fagiani aka Fra.Gile. Sicuramente sarebbe stato bello avere in licenza brani degli artisti che appaiono nella serie, ma sarebbe stato un delirio tra accordi e contratti vari.
Quali sono i consigli che daresti a chi vuole intraprendere una carriera sia nella musica sia nella produzione televisiva?
Fare entrambe le cose è una follia che sconsiglio a tutti. Purtroppo però, se ad oggi vi volete avvicinare a questo mondo c’è un unico modo, quello di nascere ricchi. Vale più per il settore musicale, perché magari nell’audiovisivo ancora esistono investitori che cercano chi abbia idee su cui mettere fondi. In generale comunque, siamo in una epoca di transizione: d’improvviso negli ultimi mesi, è esplosa la possibilità di lavorare con le intelligenze artificiali e questo nei prossimi anni cambierà radicalmente il mondo dell’intrattenimento (e non solo). Per ora stiamo a guardare e cerchiamo di non finire come nel film Matrix.