Don’t Look at Me With Your Disturbing Eyes, non mi guardi con quegli occhi inquietanti, ha detto il leader dei Verdi Angelo Bonelli alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Non stiamo parlando solo della satira di Crozza, perchè la frase compare in prima pagina sul Wall Street Journal, con una foto che ritrae il siparietto che ha fatto il giro del mondo: testa sotto la giacca per non destare ansietà al collega, come poi la Premier ha ironizzato sui social.

Una palla al balzo che Meloni ha preso, servita sul piatto d’argento da Bonelli: infatti, la Premier fa largo uso del tone policing, ossia di attaccare gli interlocutori in base alle loro emozioni invece che confrontarsi sui contenuti in oggetto.

Il tone policing e Giorgia Meloni

Il tone policing (o tone trolling, tone argument e tone fallacy) è una forma di violenza ancora poco conosciuta. Una cripto-aggressione verbale che avviene quando una persona in una posizione di privilegio si arroga il diritto di mettere a tacere l’altro, soprattutto quando si trova in una posizione di svantaggio, minoranza o emarginazione. Un po’ come la logica del bullo, ma in contesti alti (spesso politici o istituzionali). Sempre recente anche il caso, ancora in aula, in cui la Presidente ha chiamato ragazzi gli onorevoli.

Modi per sminuire l’interlocutore, puntando a provocare reazioni emotive di cui approfittare per sferrare l’attacco. Una tattica che delegittimizza l’altro e con cui si tenta di metterlo in un angolo non per ciò che dice ma per come lo dice, ridicolizzando i temi in questione semplicemente per l’enfasi con cui sono proposti.

Nel settembre del 2020, Rosena Allin-Khan, parlamentare inglese e dottoressa specializzata in rianimazione, in prima linea nelle corsie ospedaliere durante la pandemia, ha preso la parola alla Camera dei Comuni di Londra, rivolta al Segretario della Salute Matt Hancock. Quando Allin-Khan ha accusato il governo di essere stato causa di molte perdite di vite durante il Covid-19, Hancock ha usato come unico argomento il tone policing, ossia l’ha invitata a calmarsi.

Tone policing, la tattica

Anche Gianfranco Fini faceva largo uso di questa tattica, coi suoi la vedo nervoso. Un fenomeno che sia le donne che tutte le categorie marginalizzate e le minoranze vivono sulla loro pelle almeno una volta nella vita, prime tra tutte le angry black woman, perfette rappresentanti del target del tone policing, tanto da diventare uno stereotipo, appunto. Semplicemente perchè chi rivendica i propri diritti di solito lo fa con rabbia, passione, frustrazione, paura e altre emozioni percepite negativamente che, però, dipendono proprio dalla questione che si sta affrontando.

L’espressione tone policing nasce nel 2015 grazie al fumetto femminista No, we won’t calm down – Tone policing is just another way to protect privilege:

Noi donne – scrive Elisa Pino su Hella Networksiamo vittime di questa pratica da ben prima che avesse un nome: da sempre ci sentiamo dire che stiamo esagerando, che siamo pazze, che dovremmo farci una risata e soprattutto smetterla di prendercela così tanto. Affermando questo, si sta implicando che l’unica discussione degna di essere portata avanti sia quella che si svolge con calma, come se emotività e raziocinio non potessero coesistere ma si escludessero a vicenda. Non è così: non siamo robot, ed emozionarci quando parliamo di qualcosa che ci sta a cuore e che ha un impatto sulle nostre vite non ci rende meno degne di essere ascoltate. Inoltre, è sbagliato considerare le conversazioni come dibattiti in cui le due parti espongono punti di vista opposti in modo neutrale, con l’obiettivo di arrivare a un accordo comune: ci sono argomenti che richiedono una presa di posizione, e ce ne sono altri che si possono esplorare senza dover per forza giungere a una soluzione“.

Chi fa tone policing è lo stolto che guarda il dito quando il saggio indica la luna:

Prestando attenzione soltanto al modo in cui un messaggio viene espresso, sta rifiutando di ascoltare ed educarsi, scegliendo deliberatamente di mantenere intatta la dinamica di potere che è sempre esistita e rafforzare un sistema che silenzia i gruppi sotto-rappresentati invece di amplificare le loro voci“.

Per difendersi da questo tipo di violenza sotterranea, combattare il privilegio del patriarcato e riabilitare le emozioni negative, vi consiglio anche io il podcast Diverse Minds di Leyla Okhai.

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