“Berlino 1989 – Sopra e sotto il muro”: la fotografia documentaria di Luciano Ferrara
Fotografia. La mostra "Berlino 1989 - Sopra e sotto il muro" di Luciano Ferrara, in chiusura il 15 marzo 2025 alla Sala Assoli di Napoli

Fotografia. La mostra "Berlino 1989 - Sopra e sotto il muro" di Luciano Ferrara, in chiusura il 15 marzo 2025 alla Sala Assoli di Napoli
Cosa resta di un muro caduto? Cosa racconta oggi, il fremito di libertà di quelle immagini del 1989? Sabato 15 marzo, dalle 11:00, la Sala Assoli di Napoli ci invita a un viaggio nel tempo e nella fotografia con la chiusura della mostra Berlino 1989 – Sopra e sotto il muro di Luciano Ferrara.
Inaugurata l’8 febbraio con proiezione video a cura di Luciano Ferrara e del film Good bye Lenin! di Wolfgang Becker; la mostra è molto più di una semplice esposizione, è un dialogo tra passato e presente.
Curata da Pino Miraglia per Il Sabato della Fotografia, giunto alla sua nona edizione, la mostra vede la partecipazione della Soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania, sottolineando l’importanza di queste memorie visive.
Le fotografie di Ferrara, testimonianze dirette di quel 9 novembre 1989, quando l’annuncio di Gunter Schabowski fece crollare non solo un muro di cemento, ma un’intera epoca, ci pongono delle domande fondamentali: cosa ci insegna quel passato per il nostro presente? Cosa vedremmo oggi, se Ferrara puntasse il suo obiettivo sui nostri muri invisibili?
La sua carriera, iniziata nel 1964, è un percorso attraverso i cambiamenti sociali e politici del nostro tempo. Ma questa mostra non è solo una testimonianza storica, è una riflessione profonda sul ruolo della fotografia documentaria e del fotogiornalismo. In un’epoca segnata da conflitti e incertezze, le immagini di Ferrara diventano un invito a interrogarci sul valore della memoria, della denuncia, e sulla possibilità di un cambiamento sociale.
Fin dagli anni ’70, Ferrara ha orientato la sua attività professionale in senso politico, documentando l’attività dei gruppi di movimento e organizzando mostre volanti nei quartieri e nelle fabbriche meridionali.
Questo approccio, che lo ha portato a collaborare con le più importanti testate italiane e straniere, gli ha permesso di ritrarre la marginalità contemporanea con uno sguardo autentico e profondo, evitando ogni retorica e luogo comune.
La potenza delle immagini di Ferrara, e di ogni fotografo documentarista, risiede nella loro capacità di operare su un duplice registro: quello del negativo e quello del positivo. In tempo di guerra, questa dicotomia assume una valenza ancora più profonda.
Il negativo si manifesta nella testimonianza dell’orrore: le immagini di distruzione e sofferenza diventano prove inconfutabili, strumenti di denuncia delle violazioni dei diritti umani e dei crimini di guerra. Esse alimentano la memoria, impedendo che l’atrocità venga dimenticata, e si ergono a baluardo di verità contro la disinformazione.
Accanto a questa funzione di denuncia, la fotografia possiede però anche un positivo: la capacità di catturare la resilienza umana, la forza che emerge nel cuore del conflitto. Le immagini di solidarietà, di gesti di umanità, di momenti di normalità in un contesto devastato, celebrano la capacità di sopravvivenza e di ricostruzione.
Ferrara, con il suo lavoro, ci invita a riflettere sul ruolo della fotografia come strumento di memoria, ma anche sull’importanza degli archivi, quei custodi silenziosi del passato.
Cosa succede quando un’immagine diventa testimonianza? E come si trasforma in memoria collettiva? Gli archivi fotografici di Luciano Ferrara ci pongono queste domande, invitandoci a riflettere sul ruolo delle immagini nella nostra società.
Non sono forse gli archivi fotografici i custodi della memoria? Ci permettono di ripercorrere il passato, di comprendere le nostre radici, di imparare dagli errori e dalle conquiste. E non sono, al contempo, strumenti di conoscenza?
Offrono uno sguardo diretto sulla realtà del passato, consentendoci di analizzare i cambiamenti sociali, politici e culturali, fonti preziose per la ricerca storica, sociologica e antropologica. Ma gli archivi non sono solo memoria e conoscenza.
Possono anche essere potenti strumenti di educazione e consapevolezza.
In fondo, cosa resta di un evento storico? Un ricordo sbiadito, frammenti di immagini, sensazioni impalpabili? Oppure c’è di più? C’è un filo sottile che lega il passato al presente, un dialogo continuo tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere.
Certo, ecco come potremmo inserire queste informazioni alla fine dell’articolo:
Per approfondimenti: