Dal 18 al 20 di Novembre il Teatro Belli di Roma propone, per la prestigiosa rassegna Trend organizzata da Rodolfo Di Gianmarco, In Fidelity, una performance coinvolgente e del tutto fuori dagli schemi, tratta dal testo format inglese di Rob Drummond. Ne parliamo con la sua anima italiana che ne cura ideazione, regia e intepretazione: Roberto Rustioni.

In Fidelity svolge un ruolo particolare all’interno della rassegna Trend: vuole riassumerne brevemente l’idea di base? 
In Fidelity ha un ruolo particolare all’interno della rassegna Trend perché è un testo molto particolare: il copione è un classico esempio di teatro partecipato in cui il ruolo interattivo del pubblico è essenziale: l’’unico interprete-performer (che poi son io),coinvolge da subito gli spettatori in un gioco-performance in cui la dimensione ludica e divertente si mescola a momenti di riflessione densa sull’amore, il suo significato, le relazioni di coppia, il rapporto tra fedeltà ed infedeltà, la monogamia e la poligamia ect.. una riflessione collettiva leggera, dolce, ma anche amara a volte, sull’amore, che sinceramente mi sembra una delle poche questioni che contano davvero nella vita di tutti.

In che modo i suoi collaboratori partecipano nell’animazione della piece?
Lo spettacolo/performance si nutre sera per sera delle persone che in quel momento interagiscono e giocano con l’interprete, quindi non si vedrà mai una replica uguale all’altra, anche se esiste poi una struttura drammaturgica che sorregge il tutto.

Ha mantenuto l’impianto del testo originale, che parte citando Darwin, o ha riadattato qualcosa in termini di riferimenti italiani?
Rispetto all’impianto originale (più sbilanciato verso uno scenario da set televisivo), ho dato al tutto una qualità più semplice, quasi da stand up comedy contemporanea assolutamente informale e spontanea. Da un lato c’è questo esperimento scenico giocoso in cui proviamo ad esplorare l’amore ai tempi di Tinder, Meetic ed i vari social, creando questo  primo appuntamento a teatro: e nello stesso tempo ci sono una serie di spunti legati alla scienza che ho mantenuto dall’originale assolutamente. Darwin e tutto il filone della psicologia ed antropologia evoluzionista. Qualcosa del testo originale è stato riadattato sicuramente, ma nel senso di avvicinare il copione alla mia identità ed alla mia storia reale, diversa logicamente da quella di Drummund: ci muoviamo nel territorio dell’autofinzione in cui riuscire a far passare un sentimento di verità scenica è il primo obbiettivo teatrale, per quanto mi riguarda. 

Quali sono le maggiori differenze che dimostra un pubblico italiano relativamente a quello anglosassone? Siamo più timidi, siamo più sfrontati?
Francamente non ho molti elementi concreti per descrivere le differenze tra il pubblico anglosassone e quello italiano: immagino che noi latini viviamo questi temi con un pudore un po’ più forte… i britannici forse son più disinibiti, ma il gioco che propone la piece è delicato e c’è una gran cura da parte mia nell’interazione con le persone che devono sentirsi a proprio agio e passare una bella serata… a quel punto tutto funziona.

Che idea della fedeltà emerge in questo fortunato comizio d’amore reiterato?
Credo che da questo testo emerga un’idea di complessità rispetto alla questione fedeltà/infedeltà: la piece si chiude più con un punto interrogativo che con certezze. Una delle battute più efficaci della piece per me è questa: “Tanto è solo amore”. Ma è ironica naturalmente. L’amore, per quanto tu possa brigare ed arrovellarti, alla fin fine resta un bel mistero.

Condividi: