Bliss, il perturbante. Il nuovo film di Mike Cahill indaga i misteri della psiche umana
Da un incontro perturbante tra Greg ed Isabel comincia un viaggio in cui si perdono i confini tra verità e finzione.
Da un incontro perturbante tra Greg ed Isabel comincia un viaggio in cui si perdono i confini tra verità e finzione.
Si chiama Bliss il nuovo film di Mike Cahill.
Una storia d’amore, dove amore va inteso nel senso più ampio del termine.
Amore per un partner, amore per una figlia, amore per la vita.
Greg (Owen Wilson), recentemente divorziato e licenziato, incontra una misteriosa donna di nome Isabel (Salma Hayek). Un incontro che perturba. Perturba Greg e lo spettatore che a quel punto comincia il suo viaggio alla ricerca di qualche indizio per scoprire la logica della trama. Da questo preciso momento si perdono infatti completamente i confini tra verità e finzione, tra presente e passato, tra realtà e immaginazione.
Proprio come accade nel racconto L’uomo della sabbia (Der Sandmann) di E.T.A. Hoffmann del 1815 tratto dalla raccolta Notturni. Un racconto complesso in cui l’ambiguità fa da padrona. Un’ambiguità che viene enfatizzata anche dal passaggio di narrazione dalla prima persona alla terza proprio quando gli incubi infantili del protagonista sembrano diventare reali.
Un’ambiguità a tal punto profonda da essere colta da Freud che cita il romanzo nel suo lavoro del 1919 Il perturbante. Freud comincia con il fare un’analisi linguistica del termine perturbante. La parola tedesca unheimlich (perturbante) è l’antitesi di heimlich (da heim = casa) e del termine heimisch (patrio/nativo).
“Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare” (Sigmund Freud, Il perturbante, 1919/1989, Bollati Boringhieri). Secondo Freud il perturbante è dunque un qualcosa che nel passato di un soggetto era familiare ma che poi è stato rimosso dal soggetto stesso attraverso le sue difese psichiche. Ciò che perturba è quindi un qualcosa che ha generato una certa angoscia tanto da essere stato profondamente sepolto e da risultare estraneo. Unheimliche (il perturbante) descrive essenzialmente la sensazione di spaesamento e di estraniamento. E’ ciò che dovrebbe restare nascosto, sepolto, segreto, intimo, ma che invece è riaffiorato e riemerso. E’ un senso di estraneità familiare che perturba, e che genera una sorta di inquietudine profonda.
Qui si potrebbe dire molto sul meccanismo di rimozione di cui parla Freud ma non ci basterebbe un solo articolo per spiegarlo. Possiamo semplificare dicendo che la rimozione è quel meccanismo attraverso il quale il soggetto si difende da ciò che per lui è spiacevole, sgradevole e ritenuto talvolta addirittura pericoloso. Da qui la regola fondamentale di Freud per cui l’analizzando è tenuto “a dire ciò che pensa e prova senza scegliere né omettere nulla di ciò che gli viene in mente, anche se ciò gli sembra sgradevole da comunicare, ridicolo, privo di interesse o fuori proposito”.
Il perturbante si presenta proprio quando il confine tra fantasia e realtà comincia a vacillare. Ed è questo quello che ci sembra il fil rouge di tutto il film. Quando al protagonista appare qualcosa di estraneo ai limiti del surreale, la dimensione familiare e allucinatoria si confondono. Un perturbante che travolge l’Io che combatte faticosamente tra l’Es e il Super-Io impegnati in un’interminabile partita.
Quindi il perturbante è qualcosa che sconvolge perché vi riconosciamo noi stessi al di fuori di noi a tal punto che ciò che perturba può assumere anche connotati persecutori e spaventosi.
Freud afferma che nel corso della storia l’essere umano ha dovuto subire tre gravi ferite narcisistiche. La prima, è avvenuta con la rivoluzione copernicana, che ha portato alla rinuncia dell’illusione di essere il centro dell’universo; la seconda, con Darwin, che ha dichiarato che l’essere umano non poteva discendere direttamente da dio; la terza con la psicoanalisi, con cui l’essere umano ha dovuto amaramente riconoscere di non poter sapere e controllare tutto di se stesso, poiché ciò che gli appare a livello cosciente non è che la minuscola punta emergente dell’iceberg che metaforicamente rappresenta l’intera personalità.
Mike Cahill evidentemente ne sa molto del perturbante visto che ce lo aveva già fatto sperimentare con I Origins nel 2014, in questa occasione proprio come in Der Sandmann, attraverso l’enigma dell’occhio, portatore di uno sguardo perturbante.