Bollore o inondazione? La Terra è malata
Che la crisi climatica sia arrivata al limite è ormai evidente. La Terra è malata. La febbre sale. Il libro "La sfida climatica"

Che la crisi climatica sia arrivata al limite è ormai evidente. La Terra è malata. La febbre sale. Il libro "La sfida climatica"
La Terra è molto malata, la febbre sale. Ormai tocchiamo con mano che ci sono lunghi periodi di temperature elevatissime che poi sfociano, causa la grande energia accumulata, in eventi atmosferici estremi, inondazioni e tempeste. Ci sono morti nei periodi di grande calore, soprattutto tra i più fragili e tra i lavoratori impiegati in lavori più faticosi e mal pagati, ma anche vittime dovute ai successivi eventi estremi.
Veramente l’unica alternativa che abbiamo è tra “morire cucinati” o “morire annegati” ?
Che la crisi climatica sia arrivata al limite è ormai evidente, e che sia di origine antropica è assodato: anche i più ferventi negazionisti ormai lo ammettono. Per questo sono passati all’inattivismo: la crisi climatica c’è, è anche di origine antropica, ma tanto noi non possiamo farci nulla.
Non possiamo farci nulla? Siamo destinati a morire di caldo, annegati in una inondazione, di sete e di fame per la siccità…? I più ricchi si costruiscono bunker per resistere un poco di più degli altri o pensano di andare su Marte? Follie!
Soffriamo forse della sindrome della rana bollita per cui rimaniamo inerti senza agire? NO, abbiamo un’alternativa a “Bollore o inondazione”!
L’alternativa si chiama: “Adattamento e mitigazione”! E non è una follia, può e deve essere una scelta razionale adeguatamente pianificata anche a livello istituzionale e applicata in tutti i territori, dai quartieri ai comuni, dalle provincie alle regioni, dagli stati all’Unione Europea. È una sfida culturale, sociale e politica.
Per adattamento intendiamo tutte le azioni che possono ridurre le conseguenze del riscaldamento climatico sulle persone (ma anche sugli animali, sui territori e sulle attività). Esempi sono:
– rendere le città più verdi, riducendo gli spazi cementificati e aumentando gli spazi arborati, per contrastare le isole di calore ma anche per migliorare l’assorbimento del terreno delle acque meteoriche riducendo i danni degli eventi climatici estremi,
– prevedere “rifugi climatici” dove ospitare i più fragili in caso di eventi climatici estremi,
– potenziare il pronto soccorso medico,
– prevedere vasche di espansione per i fiumi in modo da ridurre gli effetti delle esondazioni, raccogliendo l’acqua piovana per successivi usi,
– ricostituire la vegetazione costiera e le dune al fine di contrastare l’innalzamento del mare (al posto di costosi interventi di breve durata e incerti risultati come le barriere di cemento),
– ridurre le perdite nei nostri acquedotti, ristrutturare edifici esistenti mantenendoli di stessa cubatura e dimensioni piuttosto che costruirne sempre di nuovi etc. etc.
Per mitigazione intendiamo tutte le azioni che consentono di ridurre le immissioni di gas climalteranti in atmosfera. In primo luogo:
– abbandonare i combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) a favore dell’energia rinnovabile (solare, eolica, idroelettrica, moto ondoso, geotermica),
– eliminare di concimi chimici a favore di pratiche biosostenibili in agricoltura,
– ridurre il commercio internazionale a favore del commercio a km 0, (perché importare le “primizie” dall’altra parte del mondo quando basta attendere qualche settimana per averle sul posto?),
– ampliare le aree verdi che assorbono la Co2 emessa,
– recuperare gli ecosistemi degradati dall’azione antropica,
etc. etc.
Si potrebbe pensare che possiamo “contentarci” di misure di adattamento. Perché investire risorse in opere di mitigazione? Non solo perché è giusto ma anche perché ci conviene. Gli scienziati ci hanno spiegato che le nostre capacità di adattamento sono limitate e che, vista anche l’inerzia del “sistema clima”, si arriverà presto a situazioni in cui non sarà più possibile adattarsi, grandi aree del pianeta diventeranno inabitabili, il mare si surriscalderà e si innalzerà troppo. Si svilupperanno quindi sempre più conflitti per “conquistare” gli spazi abitabili e le risorse per la sopravvivenza (acqua, aree coltivabili…) come drammaticamente dimostrato, ad esempio, a Gaza.
Gli spazi di democrazia scompariranno, la vita diventerà una lotta continua per la sopravvivenza. E i conflitti incidono drammaticamente sull’aumento delle emissioni di gas climalteranti alimentando un circolo vizioso pericolosissimo: i conflitti contribuiscono al peggioramento della crisi climatica, tale peggioramento riduce ulteriormente gli spazi abitabili, tale riduzione alimenta nuovi conflitti e nuove migrazioni di massa in una spirale che rischia seriamente di diventare inarrestabile. Ne abbiamo sotto gli occhi tutte le avvisaglie.
Dobbiamo agire ora. E dobbiamo trovare le risorse ora perché conviene, perché i danni della crisi climatica costerebbero molto di più. E deve pagare chi è il maggior responsabile della crisi. L’1% più ricco (meno di 80 milioni di persone al mondo) è responsabile quanto i 2 terzi dell’umanità (circa 5 miliardi di persone). Il 10% più ricco è responsabile della metà delle emissioni globali. Quindi tassiamo i ricchi, dobbiamo chiedere una “patrimoniale ambientale”. Perchè è giusto e perché se lo possono permettere. È necessario cambiare modello socio-economico, culturale e politico.
Semplificando al massimo: privilegiare la qualità della vita invece del profitto, la collaborazione invece della competizione, la solidarietà invece dell’invidia e dell’isolamento, la fusione con la natura e con i suoi ecosistemi invece del suo sfruttamento predatorio. Dal punto di vista politico serve transitare dalla visione ristretta al prossimo appuntamento elettorale a quella che guarda al nostro futuro e a quello delle future generazioni (come ricorda l’art. 9 della Costituzione).
Dobbiamo agire per avviare un percorso virtuoso che ci porti a recuperare, purtroppo lentamente vista la citata inerzia del sistema clima, spazi di felicità, convivenza e pace con noi stessi, con gli altri e con tutti gli esseri che popolano il nostro pianeta.
Usiamo le poche risorse che abbiamo per dimostrare quali azioni si possono intraprendere e immaginare che portata potrebbero avere con le risorse di una tassazione più equa e che riduca le diseguaglianze.
Spesso interventi di adattamento possono includere aspetti di mitigazione e viceversa. Ad esempio depavimentare per mettere a verde aiuta non solo il contenimento degli effetti delle isole di calore (adattamento) ma anche l’assorbimento della CO2 (mitigazione) a opera delle nuove piante messe a dimora.
Così come produrre nuova energia rinnovabile è sicuramente un intervento di mitigazione ma, se fatta in una Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale (per le CERS vedere 2 articoli qui e qui) può portare sia nuova consapevolezza e nuove abitudini di consumo sia nuove risorse che possono essere investite in interventi di adattamento come comprare nuove piante da mettere a dimora.
Quindi dobbiamo aspettare di “morire cucinati” o “morire annegati”? No! Possiamo e dobbiamo agire. E agire subito. Soprattutto verso il mondo della politica e delle istituzioni perché inizino a pensare al futuro di tutt3 e non solo alla loro auto-sopravvivenza di breve periodo.
E per iniziare diamo un paio di esempi!
1) usiamo la mappa dei FridaysForFuture Roma qui la mappa e qui l’articolo per segnalare aree da depavimentare e/o aree da tutelare e riforestare in modo che possano diventare aree di intervento per la campagna contro il consumo di suolo!
2) cerchiamo e aderiamo a una CERS della nostra zona! Per informazioni sulle CERS esistenti a Roma o per sapere come fare a crearne una: roma.fridaysforfuture@gmail.com !
E se vogliamo approfondire i concetti, velocemente e maldestramente ricordati in questo articolo, leggiamo l’ultimo libro di Antonello Pasini: La sfida climatica Codice edizioni editore, ISBN 979-12-5450-131-3.
di Guido Marinelli per conto Valeria Belardelli