‘Brian The Brain’: lo snuff drama a fumetti di Ángel Martín
Ángel Martín firma una graphic novel che esplora il concetto, romanticamente tossico, di normalità: un capolavoro anni '90 fra poesia, fantascienza e crudeltà.
Ángel Martín firma una graphic novel che esplora il concetto, romanticamente tossico, di normalità: un capolavoro anni '90 fra poesia, fantascienza e crudeltà.
Quando sto male, di solito leggo graphic novel. Sto spesso male, ma non leggo spesso graphic novel perché costano molto (secondo la mia percezione). Di solito costano dai 20€ in su, e mica posso spendere ogni volta dai 20€ in su (in realtà, ormai, anche i romanzi non illustrati sono arrivati a costare quella cifra). Insomma, i libri aumentano di prezzo gradualmente come le sigarette. E poi? Cos’altro?
Era moltissimo tempo che non leggevo una graphic novel. L’ultima fu Storie del barrio di Gabi Beltràn illustrata da Bartolomé Seguí ed edita da Tunué. Storie del barrio me l’hanno regalata per un Natale forse (o era un compleanno? No, era Natale perché avevo il giubbotto. Però non mi ricordo se ho ricambiato questo regalo natalizio. Ho ricambiato? Chi sa qualcosa al riguardo, me lo dica).
Tuttavia, non è di Storie del barrio che voglio parlare oggi. Di recente sono stata molto male. Ho avuto l’influenza più brutta della storia (della mia storia). Peggio pure del Covid. Ho creduto di non guarire mai più. Invece sono guarita alla fine (anche se certi effetti si sono trascinati per molto).
In questo periodo, dunque, ho acquistato una graphic novel dopo tempo. Sono stata attratta anche dal prezzo in relazione alla quantità di pagine. Sto parlando di Brian The Brain dell’autore Miguel Ángel Martín, per la prima volta edita in Italia nella versione integrale, che raccoglie tutti i capitoli della storia di Brain compreso l’ultimo Out of my brain. La graphic novel è pubblicata da Edizioni NPE, conta 448 pagine per 16.06€ (sul sito ufficiale dell’editore) e ha visto la luce del 2015.
Ángel Martín è un autore spagnolo proprio come Beltràn. Quindi senza predeterminazione, ho continuato a esplorare il fumetto spagnolo. In realtà, Ángel Martín è famoso per un’altra sua opera: Psychopathia sexualis pubblicata nel ’95 e considerata “il fumetto più violento e ripugnante mai disegnato”.
In effetti, l’opera fece talmente scandalo in Italia, che l’editore dei tempi Jorge Vacca (sua la Edizioni Topolin) venne denunciato e le copie di Psychopathia sequestrate e distrutte. Mentre in Italia si gridava allo scandalo, comunque, Ángel Martín veniva acclamato dal resto del mondo come uno dei migliori disegnatori europei.
Brian The Brain è l’esordio (prima edizione 1990) di Ángel Martín. Molto diverso da Psychopathia sexualis, come ho accennato, Brian The Brain è la storia di Brian, un bambino molto speciale poiché nato senza la calotta cranica. La storia si divide in 3 parti, che corrispondono alla parabola della sua vita: infanzia, adolescenza, e la vita adulta fino alla vecchiaia.
Brian cresce da solo con la madre, il padre è assente, se ne frega di lui. La madre è una giovane donna disperata che per mantenersi fa la cavia umana al Bio-Lab. Non ha smesso di sottoporsi ai test neanche quando era incinta di Brian; per questo, a causa di uno degli effetti collaterali di quegli esperimenti, il bambino è nato privo di calotta cranica, quindi con il cervello esposto.
Al di là di questo inquietante dettaglio estetico, Brian comunque è un bambino dolce, gentile e molto intelligente, infatti è il più bravo di tutti a scuola. Oltre all’intelligenza sviluppata, Brian ha anche dei poteri parapsicologici: può leggere la mente, usare la telecinesi, e molto altro.
Nonostante i suoi incredibili poteri mentali, Brian cerca di non usarli e di nasconderli sotto ordine della madre. La madre, infatti, ha un unico desiderio: che Brian sia normale come tutti gli altri bambini, che faccia una vita normale con amicizie normali. Desiderio che trasmette presto anche al figlio.
Durante l’infanzia, infatti, Brian si circonda di amici tutti originali come lui. I bambini che fanno amicizia con lui sono malati di cancro, ciechi, paraplegici, deformi, ecc. A Brian non importa, mentre alla madre sì. In un episodio, Brian si sta divertendo a passare il pomeriggio con una sua amichetta cieca, grazie ai poteri del bambino, possono anche vedere un film insieme perché Brian le proietterà nel cervello le immagini. Si stanno divertendo e sono felici finché arriva la madre a interrompere e proibire questo gioco.
Col passare del tempo, lo spasmodico desiderio di normalità della madre verrà assorbito dal bambino, che diventerà sempre più infelice (come se non bastassero già i bulli a scuola o il mondo in generale). A un certo punto, infatti, Brian comincerà ad avere dei problemi, e dopo una visita in laboratorio rifletterà: “al Bio-Lab mi hanno dato una grande notizia: sto perdendo i miei poteri parapsicologici. Sono un po’ più normale. Mamma dovrebbe essere contenta.”
Avendo diverso tempo libero fra una tachipirina e un’altra, in quel periodo, la storia di Brian The Brain mi ha fatto compagnia per circa 4 ore. Il volume ha la copertina a colori (lilla, gialla e fucsia i toni predominanti) e le pagine in bianco e nero. Non si tratta della solita copertina rigida con formato tendenzialmente enorme delle graphic novel. Questo libro è morbido e compatto, maneggevole.
Ho pianto in diversi momenti leggendo la storia di Brian. C’erano episodi talmente strazianti (raccontati con una naturalezza estraniante), che a un certo punto ho pensato: Oddio ma perché mi devo fare così del male scegliendo queste letture? Ma non riuscivo lo stesso a staccare gli occhi dalle pagine.
Nell’opera che lo ha reso celebre, Psychopathia sexualis, Ángel Martín descrive minuziosamente (con la stessa naturalezza) vari fatti di cronaca realmente accaduti riguardanti atroci patologie sessuali e violenze. I contenuti di questo tipo, nella cinematografia, appartengono al genere snuff movie.
Nello snuff movie, o meglio, negli snuff video, le immagini sono incentrate su violenze, torture e omicidi reali. Questo carattere del lavoro di Ángel Martín già è presente in Brian The Brain ma in forma diversa. Quello che di sconvolgente viene mostrato qui, infatti, non sono torture, violenze, omicidi, psicopatie sessuali, ma sentimenti.
In questo senso, Brian The Brain è uno snuff drama a fumetti. È tutto registrato su carta, tutto chiarissimo e insopportabile da vedere. Le atrocità giocano sul piano emotivo. Nessuno viene ferito a breve termine, piuttosto a lungo termine e in un modo invisibile e non invalidante fisicamente.
I capitoli più belli sono quelli relativi all’infanzia e l’adolescenza. Brian vive in un mondo crudele, senza pietà. È come se in ogni pagina della sua storia ci fosse un buco e dentro il buco un tritarifiuti: tutta la tenerezza viene risucchiata e disintegrata. Ogni gentilezza, ogni parvenza di felicità, ogni tentativo di speranza. Ángel Martín ci sta dicendo che il mondo è senza cuore. Tutto qua. In modo molto semplice. La domanda è: fino a che limite questo tritarifiuti può disintegrare la parte bella di una persona? Fino a che grado siamo corruttibili e avvelenabili?
In una delle (tante) parti che mi hanno spezzato il cuore, Brian riceve in regalo un cagnolino da suo zio (in realtà è uno spasimante della madre completamente disinteressato al bambino, lo usa solo per compiacerla). Insomma, le motivazioni del regalo alla fine non contano, conta solo che Brian è felicissimo con questo cagnolino e decide subito di portarlo fuori per insegnargli a comportarsi.
Inutile dire che non appena scendono in strada, il cucciolo viene investito da un auto. Brian sconvolto, in lacrime, riporta il cagnolino sbudellato in casa e lo tiene in vita con i suoi poteri parapsicologici. La madre, vedendo il cagnolino zombie guaire stravolto dal dolore, con le budella che penzolano e il cranio spappolato, urla in preda al disgusto mentre Brian la prega: “Per favore, mamma, fammelo tenere ancora un po’… soltanto fino a quando il cervello non gli va in putrefazione!”.
Nonostante l’impressionante mancanza della calotta cranica col cervello in bella vista, Brian non si copre mai la testa in pubblico (e neanche la madre glielo consiglia, stranamente). Anzi, in un episodio, quando il bambino si prende dei parassiti al cervello (una sorta di pidocchi) e viene fasciato con una benda dai medici, lui se la toglie prima di entrare in classe pensando: “altrimenti mi prenderanno in giro”.
In realtà, il gruppetto di bambini normodotati lo prende in giro continuamente proprio per il cervello scoperto. Anche durante l’adolescenza Brian non si coprirà mai il cervello, solo in età adulta lo vediamo perennemente con un berrettino.
Il cervello scoperto è come avere il cuore scoperto. I pensieri, le emozioni, non vengono forse dal cervello? Il cuore è solo un’appendice, un sintomo collaterale delle trasmissioni cerebrali.
Così Brian vive lasciando scoperta la parte più intima di sé. All’inizio è un bambino entusiasta nonostante le brutture e la crudeltà del mondo in cui vive. Gli succedono cose terribili e continua ad andare avanti, continua a sperare (come nell’episodio in cui invita il gruppetto di bambini normodotati al suo compleanno e non si presenta nessuno – perché quelli speciali come lui stanno male o nel frattempo sono morti tutti).
Brian viene cambiato da due fattori: uno apparentemente esterno da lui, il mondo; l’altro, apparentemente interno a lui, la madre. Da entrambi, però, eredita lo stesso desiderio: la normalità. Un desiderio indimenticabile, ossessivo, un desiderio che è un trauma. Col tempo tutta la tenerezza e l’amore, che Brian potrebbe provare vengono spinti giù nel tritarifiuti.
In uno degli episodi riguardanti la sua adolescenza, infatti, Brian instaura un bellissimo rapporto di connessione profonda con una ragazza dagli arti mutilati (va in giro da sola grazie a delle protesi). La ragazza è innamorata di lui, ma quando cerca di dichiararsi, lui la rifiuta: “non sono innamorato di te”. Le spiega che chiede solo di essere una persona normale e di avere una relazione normale con una ragazza normale.
La ragazza (che invece accetta le loro diversità) gli spiega che lui non è normale e che non lo sarebbe stato a prescindere dal suo aspetto. In ogni caso, lei esce dalla sua vita, così che Brian perde la sua unica occasione di amare ed essere amato per quello che è.
Consiglio la lettura di questo capolavoro a tutti quelli che non si sentono normali (come me), che vorrebbero esserlo (stessa parentesi di prima). Lo consiglio anche a tutti quelli che sono fieri di non esseri normali, laddove normale ormai è solo una parola ambigua, vagamente old fashioned, ma che per certe generazioni continua a rimanere un’aspirazione romanticamente tossica.