Andrea Stanisci nasce a Trieste nel 1961 e nel 1986 si diploma in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma. Da allora ha creato scene e costumi per circa 250 spettacoli tra prosa, danza, teatro-danza, teatro per ragazzi e lirica. Ha lavorato per la televisione saltuariamente per il cinema. Ha collaborato con registi sia legati alla tradizione che alla ricerca. Da alcuni anni si dedica anche alla regia lirica.

Andrea Stanisci scenografo e regista: se dovessi disegnare in una nota l’atmosfera di Spoleto questo anno che diresti?
Tra le varie difficoltà dovute sia alla drammatica situazione pandemica che a una purtroppo “storica” disattenzione verso lo spettacolo dal vivo, al Teatro Lirico Sperimentale si continua a respirare un’atmosfera di grande creatività ed impegno. Una caparbia volontà di andare in scena, senza mai rinunciare ad un’alta qualità artistica.

Una testata che si occupa di riscrittura ha curiosità di sentir raccontare un’opera nata per la radio e riadattata al palco: parlaci di questo Giovanni Sebastiano e della tua collaborazione con il regista Giorgio Bongiovanni.
Un’Opera nata solo per l’ascolto radiofonico non si pone il problema della messa in scena. Il Giovanni Sebastiano di Gino Negri in circa 40 minuti vuole due ambienti ed il tragitto in una città. In un teatro piccolo, il Caio Melisso, e con costi contenuti, con Giorgio Bongiovanni siamo andati di fantasia, rimpallandoci le idee come sempre abbiamo fatto. Il protagonista si crede Bach ed allora tutto quello che lo circonda diventa una sua proiezione. Anche letteralmente. I miei bozzetti vengono proiettati ed hanno una prospettiva sbagliata, sghemba. E la tecnica è assolutamente mista: acquarello, pastelli, carboncino, pennarelli, penna biro. E anche la Milano che attraversano è disegnata, ma la riconoscibilità dei luoghi è stravolta sia nelle assurde prospettive che nell’assoluta improbabilità topografica.

Andrea Stanisci curerà anche una mostra per il 75 esimo del Lirico Sperimentale, che allestimento prevede?
Il Concorso di Canto del Teatro Lirico Sperimentale è il più antico in Italia ed è stato ed è rampa di lancio di innumerevoli cantanti di straordinaria carriera. Da sempre è stato il cantiere di grandi talenti. Da qui il doppio binario delle mostre celebrative: da una parte il materiale dell’Archivio, ricchissimo di documenti rari; dall’altra una mostra fotografica degli ultimi 21 anni. Fotografie esposte in un allestimento che suggerisce il dietro le quinte che sta prima dell’andata in scena: dalla sala prove alla sartoria, dal materiale di scena alle casse per le luci. Un percorso per il visitatore tra quello che vede dalla platea  e tutto ciò che forse non immagina nemmeno. Dalle note scritte in uno spartito all’alzarsi del sipario.

Instancabilmente dirigerai a settembre anche due opere del ‘700 delle quali curi anche le scene, puoi accennarne ?
Curo le regie di due Intermezzi del ‘700: L’Ammalato immaginario di Leonardo Vinci e La Serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi. Gli Intermezzi erano brevi storie comiche che venivano rappresentate tra un atto e l’altro di un’Opera seria. La trama, quasi sempre, è di sconcertante semplicità: una donna furba che riesce a sposare un uomo sciocco. Il vero lavoro registico diventa soprattutto quello drammaturgico. Ridare credibilità teatrale ad un genere quasi dimenticato, scavare nelle pieghe della musica e del libretto, capire come far ridere oggi con quel materiale che allora divertiva, dare vita vera a personaggi che possono essere esilissimi. Con La serva padrona la questione cambia: la storia è la stessa, ma qui i personaggi hanno spessore e profondità, a leggerli davvero senza farsi fuorviare da una tradizione spesso leziosa. Per me quasi una Filumena Marturano ante litteram.

Ci piacerebbe chiudere con una tua personale considerazione su quale sia oggi il pubblico dell’opera e come pensi si potrebbe creare in materia una educazione rivolta ai giovani.
L’Opera è stata per molto tempo uno spettacolo assolutamente popolare, non va mai dimenticato. Parla direttamente al cuore e allo stomaco, la musica esalta ed espande l’emozione, tratta di sentimenti profondi e assoluti senza remore. So per esperienza diretta che i bambini, dopo un iniziale stupore, si fanno coinvolgere completamente, non hanno superficiali pregiudizi. Prezzi agevolati per i giovani, prove aperte, finalmente un’educazione musicale nelle scuole, non considerare il Melodramma una turris eburnea né per chi lo fa, né per chi vi assiste, fare Opera ovunque, non solo nei teatri. Non credo che il mezzo per attirare i giovani sia attualizzare a forza quello che si rappresenta – lo si fa spesso, anche con risultati imbarazzanti – ma credendo davvero nella “materia Opera”. Diverso il discorso sulla promozione, io userei anche Tik Tok

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