Sappiamo che la gelosia delirante, la cosiddetta Sindrome di Otello, è uno dei tratti caratteristici di quella violenza relazionale che può sfociare in comportamenti ossessivi e distruttivi. Una delle forme del patriarcato – che in ogni caso esprime sempre una oggettivazione della donna, una reificazione del femminile ad uso e consumo del maschio – è la gelosia. Ce ne sono altre, ovviamente, perché il patriarcato ha molte varianti storiche e psicologiche: in origine, ad es., si esprime più facilmente nel distacco e nel disprezzo del maschio nei confronti dell’universo femminile.

La gelosia è più insidiosa perché si traveste da amore

Il lettore potrà farsi un’idea della profondità con cui questo sentimento scava nell’anima umana leggendo il sempre attuale Otello di Shakespeare o la sua destrutturazione critica nel meraviglioso capolavoro pasoliniano Che cosa sono le nuvole? Sembra che oggi, soprattutto tra i più giovani, sia proprio il fenomeno della gelosia che attira più l’attenzione perché si esprime in forme plateali e apparentemente anacronistiche.

Stamattina, ad es., sono venuto a conoscenza di dinamiche tossiche in una relazione tra studenti: gelosia, insulti e comportamenti potenzialmente violenti. Chiedo come mai si accetti una cosa simile e mi mostrano un video su TikTok in cui la gelosia viene vista come un fattore positivo, un segno d’amore. Alcune ragazze ridono quando i loro fidanzati le criticano se hanno la gonna troppo corta o vietano loro di andare ad una festa con amici maschi.

Questo mi colpisce molto perché di fatto molti di questi ragazzi pensano di poter vietare alle loro fidanzate di fare ciò che essi invece considerano lecito per loro stessi! Io non riesco a capacitarmi di come sia possibile accettare una così palese mancanza di reciprocità in un rapporto.

E mi sovviene che, nonostante io sia cresciuto in una realtà periferica della mia città, non mi è mai capitato di sentire discorsi di quel tipo, non solo dalle ragazze ma soprattutto dagli amici che frequentavo. Ripeto, non che mi sia capitato raramente: non mi è capitato mai, per questo faccio fatica ad immedesimarmi psicologicamente con qualcuno che possa dire o fare cose simili.

Certo, le mie amicizie maschili erano tutte scelte al di fuori di ogni dinamica di branco che mi ha sempre dato fisicamente fastidio: in quella realtà degradata di ciuffi ingelatinati e sguardi truzzi noi eravamo tutti maschi omega. C’era una chiara divisione tra quelli che incarnavano il modello maschile dominante di periferia e noi sfigati e femminucce.

La solidarietà maschile

Mi chiedo come avrei reagito allora se fossi venuto a conoscenza di comportamenti violenti e possessivi come quelli di cui mi hanno parlato stamattina. E se non mi viene in mente nulla che avrebbe potuto giustificarli ai miei occhi è perché non esisteva alcuna solidarietà maschile che potesse valere di più di quella con le mie amiche di allora.

E mi piace illudermi che l’ostracismo che io e i miei amici subivamo da parte dei maschi che emergevano vincenti in quel contesto perdente era dovuto al nostro istintivo disertare il loro modello da bulletto di periferia, al nostro pensare che ci potesse essere vera amicizia e vero rispetto solo al di là del genere di appartenenza. Che, anzi, qualcosa di essenziale sull’amicizia potevamo impararla solo condividendo lo spazio degli esclusi dal cortile della mascolinità fatta prigione, da chi respira un’aria immune da ogni volgare spirito di caserma.

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