In questo periodo storico sono particolarmente sensibile al tema della guerra ed a come i genitori si sentano spesso impreparati a parlarne con i propri figlə, con i propri bambinə, seppur avvertendone fortemente la necessità. Gli stessi genitori delegano il compito alla scuola, agli educatori, oppure creano una bolla protettiva per paure che, a loro volta, li fanno bloccare.

Nei miei ricordi d’infanzia ci sono i racconti dei nonnə o dei genitori (a loro volta bambinə nati e cresciuti durante o subito dopo la seconda guerra mondiale) ad avvicinare emotivamente noi, ed il nostro presente, a loro ed a ciò che avevano vissuto.

Ed oggi? Siamo costantemente immersi in un flusso di informazioni che arrivano da ogni mezzo e che colpiscono tuttə, indifferentemente.

Esiste un modo, non traumatizzante, per parlare di guerra ai bambinə?

Risponde, in esclusiva per Rewriters.it, Veronica Remordina: dottoressa in Psicologia, fondatrice della scuola ECS Educational Coaching School, Parent Coach e formatrice, oltre ad essere impegnata giornalmente nel supporto genitoriale.

Veronica Remordina

Buongiorno Catia ed un saluto a tutti i lettorə. Sono pienamente d’accordo sul fatto che bambinə e ragazzə siano raggiunti da una miriade d’informazioni che può portar loro confusione. Per questo motivo sono convinta che il primo luogo protetto, dove dovrebbero parlare e condividere tali informazioni, sia la famiglia.

Sul tema della guerra, che tocca l’anima di ognuno di noi, ritengo che per aiutare bambinə e ragazzə ad arrivare ad una maggiore comprensione, sia necessario partire là dove sono ben piantate le radici del loro essere; ovvero dove possono trovare un dialogo aperto, sincero e sicuro con i propri genitori. Mi rendo conto che a volte parlare di questi temi in famiglia sia difficile, soprattutto con figlə sensibili. Per questo motivo, per rispondere alla tua domanda “se esiste un modo per parlare della guerra senza traumatizzarli” voglio passare questo messaggio ai lettorə: non esistono e non possono esistere script “pre-confezionati”!

E’ vero che on line si legge di tutto e sul tema chiunque dice la sua, ciò che io credo è che ogni mamma e ogni papà sappia meglio di chiunque altro come arrivare al cuore del proprio bambino e bambina. Piuttosto parlerei di accortezze e indicazioni per entrare in punta di piedi nell’argomento rispettando le età di sviluppo dei figlə. Anzitutto quindi, prima di parlare della guerra, è fondamentale ascoltare bambinə e ragazzə per comprendere le loro preoccupazioni. Questo dovrebbe avvenire in uno spazio sicuro sia dal punto di vista ambientale e relazionale che interiore, in cui si sentano liberi di esprimere le proprie domande e paure.

Nel momento in cui un figliə si sente ascoltato e accolto, allora il genitore potrà fare domande come: “c’è qualcosa che ti sta turbando e di cui vorresti parlare? C’è qualcosa che vorresti che io ti spiegassi meglio?” Eviterei dettagli cruenti, piuttosto volterei il discorso su termini che riconducono a messaggi ottimisti e di pace ad esempio: “si sta attendendo la pace; molti paesi stanno dando il loro supporto; c’è speranza; molte persone sono impegnate in aiuti umanitari; è stata data la notizia di un bambino ritrovato sano e salvo che ha riabbracciato la famiglia; il mondo intero spera nella pace in tempi brevi…”.

Ricordiamoci anche dell’importanza del potere dell’immaginazione nei bambinə e ragazzə. In questo senso un modo costruttivo per affrontare l’argomento è quello di usare esempi reali che enfatizzino la speranza ed il coraggio nelle situazioni difficili.

Il momento più adatto per parlare di guerra ai propri figlə

Quale momento è più adatto e come farlo?
Come ho accennato prima, il momento migliore per parlare di questo e altri temi è all’interno di uno spazio sicuro di tipo ambientale (ad esempio all’interno delle mura di casa che rappresentano un porto sicuro nelle situazioni avverse). I figlə devono sentire fluire fiducia, compassione, apertura, calma e questo può avvenire quando i genitori stessi sono tranquilli e quando ci si dedica un tempo specifico per il dialogo aperto in famiglia. Ogni famiglia ha i suoi momenti di ritrovo e condivisione: chi a colazione, chi a pranzo, chi il pomeriggio dopo la scuola, chi la sera prima di dormire.

Come aiutare bambinə e ragazzə a gestire le emozioni, che naturalmente scaturiscono, affinché si crei un momento di crescita?
Questo è un punto delicato, soprattutto per i genitori. Tutti partono con le più buone intenzioni e poi trovano figlə che stanno male e soffrono, oppure che si arrabbiano, che si spaventano o che scoppiano a piangere ed a quel punto le mamme e i papà potrebbero pensare di aver sbagliato qualcosa. Voglio quindi tranquillizzarli sul fatto che non c’è nulla di sbagliato se i figlə manifestano le loro emozioni, anzi queste reazioni sono più che normali.

Se questo accadesse il mio consiglio è quello di mostrare vicinanza, comprensione e calma, perché -a dirla tutta- la chiave dei conflitti, piccoli o grandi che siano, è proprio nella gestione emotiva. I bambinə che crescono oggi saranno coloro che determineranno il futuro del mondo di domani, anche nei termini di decidere se porre fine alle guerre e portare pace e armonia nel nostro pianeta.

A group of primary schoolers lying on the ground and smiling on Freepick

La guerra è un conflitto estremizzato e doloroso. Quali suggerimenti, o quale metodo pratico, puoi condividere per educare alla mediazione?
I genitori fanno da modello. Si può spiegare ciò che si vuole a bambinə e ragazzə, ma loro apprendono dalla coerenza di ciò che vivono in casa. Il modo migliore per educare al rispetto e all’armonia è quello di prendersi cura delle relazioni familiari. Un bambinə immerso in un ambiente dove ci si aggredisce potrebbe apprendere quella modalità; un ragazzo che vede continuamente un padre che aggredisce una mamma potrebbe apprendere che quello è il modo di trattare le donne; se si discriminano gli altri per razza, religione, scelte personali allora potrebbero imparare a farlo a loro volta. Secondo me, Catia, la chiave di tutto sono invece la compassione, l’accettazione, il rispetto e la cura reciproci.

Nel tuo ruolo di madre di due splendide bambine ti sei trovata ad affrontare questo tema con loro? Vuoi narrarci la tua esperienza diretta come ulteriore contributo o consigliare dei libri-film da leggere o vedere insieme ai propri figlə?
Devo essere onesta, questo discorso mi preme particolarmente perché mi sento toccata, sia come persona che come madre che ha la responsabilità di educare in modo sano e rispettoso due figlie. Ciò in cui io e mio marito ci impegniamo tutti i giorni è di essere in primo luogo degli esempi concreti e coerenti, in linea con i nostri principi e valori. Inoltre quando nasce un litigio fra sorelle le aiutiamo a considerare il punto di vista l’una dell’altra, parlando in modo oggettivo dell’episodio e dei bisogni e delle emozioni reciproche per aiutarle poi a trovare il comune accordo che possa portarle ad una risoluzione del litigio.

Questo schema è uno dei tanti che un giorno le aiuterà a relazionarsi in modo assertivo, con le altre persone, senza aggressività e senza rinunce da parte di nessuno. A tal proposito desidero consigliare un libro che racchiude delle profonde verità sul tema e sono certa che sarà un piacevole viaggio per tanti lettori: Osho – Non tradire tuo figlio

Ringrazio Veronica per le parole chiare, i consigli competenti ed il contributo verso le famiglie. Invito ad approfondire i suggerimenti tramite il video di Save The Children e la pagina dedicata al tema da UNICEF.

Ritengo che una società trae sostentamento dal libero arbitrio; i custodi devono stare nella coscienza di ciascuno. In ciò consiste l’educazione, la quale fa si che venga spontaneo quel bene che non si può esigere per forza.

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