Partiamo diretti, senza troppi giri di parole. Su questo blog si parlerà di attacchi di panico, ansia, depressione, disturbi alimentari, disturbo ossessivo compulsivo e più in generale di salute mentale e di come questa sia un diritto per tutti. Lo farò dalla parte dell’utente o del paziente se preferite. Lo farò riportando dati, informazioni e azioni da compiere, imparate nei miei ormai 20 anni di onorata carriera da impanicata.
Per correttezza dico subito che non sono una psicologa, seguo un percorso di psicoterapia da quasi 10 anni, e ormai credo di avere una certa competenza in merito ma, e me lo sentirete ripetere spesso in queste pagine, resto una paziente e non una specialista.

Ma bando alle ciance. Perché Vita da impanicati? Intanto perché non esiste un aggettivo per identificare “colui che soffre di attacchi di panico” e per scrivere di me mi serviva una parola più breve. Se chi soffre di ansia è un ansioso, chi soffre di depressione è depresso, allora chi soffre di attacchi di panico è impanicato. (Prossimo obiettivo l’accademia della Crusca!). In secondo luogo perché, e vi sembrerà un ossimoro, di panico si vive. Ci si ferma, si soffre, si cade, ma si vive e si convive. Molti lo chiamano la bestia, il mostro, il demone io no, io lo chiamo per nome, il panico è il panico, dargli un nomignolo vuol dire non affrontarlo per quello che è.

Vivere, nonostante il panico

Vita da impanicati quindi. Non diario, non storia, ma VITA. Perché io vivo. Soffro, cado, mi rialzo, mi fermo e riparto, ma vivo. E’ vero, ho un compagno di viaggio abbastanza invadente che solo poche volte mi consente di camminare liberamente da sola, che la maggior parte delle volte mi rallenta, alcune volte diventa insostenibile e insopportabile, ma a cui ho detto da subito che non mi avrebbe fermato.

E’ il primo obiettivo che bisogna cercare di raggiungere: vivere, nonostante tutto. Vivere, sempre e comunque. Vivere per quelli che siamo. Vivere così come vogliamo. E per vivere intendo anche arrendersi al panico quando arriva. Si, avete letto bene, ogni tanto è necessario arrendersi, perché non si può essere sempre in guerra costante, non si può sempre provare a resistere, non si può sempre fare finta di essere più forti. Il panico c’è, fa parte di noi, è necessario prenderne coscienza, provare a spiegarlo a chi ci sta intorno e sperare che questi capiscano.

E forse è questa la parte più difficile. Dopo anni di lotte stremanti in cui ho fatto finta di non avere niente, mi sono arresa alla mia condizione, eppure per gli altri resta ancora tutto un mistero, un tabù, uno stigma, una sceneggiata.

Quante ne ho sentite in questi anni, talmente tante da essere stanca di dover ripetere sempre le stesse cose, provare a spiegare sempre le stesse situazioni, scontrarmi con gli sguardi spaesati o, peggio ancora, accondiscendenti di chi è di fronte a una pazza o a una sciocca. Eppure non ci sono molte alternative. Una soluzione è provare a fare finta di niente, ma non funzionerà a lungo prima o poi il nostro amico si scoccerà di essere ignorato e si farà sentire forte e chiaro e allora sì che sarà difficile affrontare gli sguardi della gente. Un’altra è restare chiusa in casa, ma abbiamo già detto che non è un’opzione praticabile, di panico si vive non si sopravvive. E poi c’è la possibilità più complicata, accettarsi, magari non tutti i giorni, e fare in modo che gli altri ti accettino, non che ti capiscano, quello è per pochi, ma ti accettino…

Io ho provato a percorrere quest’ultima strada, anche con questo blog, che è un’occasione in più per parlarne e farne parlare, perché più diventerà un argomento di conversazione naturale più sarà facile, per chi soffre di un qualsiasi disturbo o malattia mentale, stare al mondo e fare pace con esso.

A questo proposito il mio consiglio per tutti, per chi soffre di un disturbo mentale e per chi vuole davvero capirci qualcosa in più è di guardare Pazzo per Lei, un film spagnolo del regista Dani de la Orden prodotto per Netflix. Una commedia sentimentale che però ha il coraggio di affrontare un tema così ostico. Sarà illuminante.

“La difficoltà di avere una malattia mentale è che la gente vuole che ti comporti come se non l’avessi”

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