I disturbi dello spettro autistico comprendono un ampio spettro di disturbi che, nella loro manifestazione fenotipica, sono caratterizzati da una persistente compromissione della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in vari contesti, unita a schemi di comportamento, interessi o attività restrittivi e ripetitivi. Questi tratti devono essere presenti fin dalle prime fasi dello sviluppo della persona, anche se possono non manifestarsi pienamente fino a quando le richieste sociali non superano le loro limitazioni. Possono anche rimanere mascherati da strategie apprese. La storia dello studio scientifico dell’autismo inizia con la pubblicazione nel 1943 dell’articolo “Disturbi autistici del contatto affettivo”, di Leo Kanner (1943), ma subirà diverse vicissitudini che ritarderanno il progresso della ricerca fino a ben oltre gli anni Sessanta. Tuttavia, la prima descrizione scientifica di questi disturbi si trova nel 1925, grazie al lavoro della psichiatra infantile sovietica Grunia Efimovna Sukhareva, che aveva descritto dettagliatamente questa condizione vent’anni prima, anche se le sue ricerche furono dimenticate; lo stesso accadde con le prime osservazioni di Hans Asperger, pubblicate nel 1944 ma che sarebbero state prese in considerazione solo molti anni dopo. Per molto tempo l’autismo è stato considerato un disturbo infantile. Tuttavia, oggi è noto che si tratta di una condizione psicologica permanente che accompagna la persona per tutto il suo ciclo di vita. Sebbene la loro eziologia non sia ancora chiara, i disturbi dello spettro autistico sembrano essere causati dall’interazione tra una predisposizione genetica ereditabile e fattori epigenetici e ambientali che agiscono durante l’embriogenesi. Alcune cause ambientali proposte sono oggetto di controversie; per esempio, le ipotesi sui vaccini sono biologicamente poco plausibili e sono state confutate da studi scientifici.

Caratteristiche:

  1. Deficit nella reciprocità socio-emotiva, che vanno da un approccio sociale inadeguato e da errori nel seguire una conversazione, a un ridotto livello di condivisione di interessi, emozioni o affetti, o all’incapacità di iniziare o rispondere alle interazioni sociali.
  2. Mancanza di attenzione a partire dall’età di un anno e mezzo, poiché non sembra ascoltare.
  3. Deficit nei comportamenti di comunicazione non verbale utilizzati per l’interazione.
  4. Deficit nello sviluppo, nel mantenimento e nella comprensione delle relazioni, che vanno, ad esempio, dalle difficoltà nel regolare il proprio comportamento, nell’adattarsi ai vari contesti sociali, alle difficoltà nel condividere il gioco immaginativo o nel fare amicizia, fino alla mancanza di interesse per i coetanei.

Anche l’ipersensibilità sensoriale è molto comune, il che significa che stimoli considerati insignificanti possono scatenare una crisi in questi individui. Pertanto, l’ipersensibilità interesserebbe le seguenti aree:

  • Visiva: possono non tollerare luci molto intense o alcuni colori (ad esempio il giallo, anche se non è una condizione sine qua non).
  • Uditiva: tende a percepire suoni che gli altri trascurano e può essere facilmente stordito da rumori forti, nel qual caso tende a coprirsi le orecchie.
  • Olfattiva: rilevano odori che gli altri non notano o trascurano.
  • Gustativa: l’esacerbazione della sensibilità gustativa può portare a sviluppare un disturbo alimentare selettivo come comorbidità.
  • Tattile: in molti casi, sono molto sensibili al contatto fisico e possono non gradire di essere toccati o essere molto esigenti al riguardo.

Sul tema consiglio l’ottimo articolo di Dazzi e Morgese pubblicato all’interno della rivista Rewriters (https://rewriters.it/a-bilmente-una-nuova-prospettiva-per-famiglie-e-bambini-con-spettro-autistico/).

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