Nessuno può né potrà mai dire cosa sarebbe stato questo Papa se avesse avuto il tempo di essere. In vita sul soglio di Pietro per appena 33 giorni, ha lasciato un segno profondo nei gesti e nelle parole, ma ovviamente nulla riuscì a concretizzare del programma che aveva annunciato nella Cappella Sistina il giorno successivo all’elezione.

Per cui oggi, quarantaquattro anni dopo, mentre gli storici doverosamente ricostruiscono e cercano di interpretare la sua figura attraverso le fonti dirette (i suoi scritti, i suoi appunti, le sue improvvisazioni a braccio), in ciascuno di noi, inclusi i non credenti, resta una proiezione soggettiva della sua immagine, più che la sua immagine in se stessa.

La soggettività affonda come sempre le radici nei dati. E questi dati parlano chiaro: di nessun Papa si ricordano trentatré giorni intensi quanto i suoi. Malgrado il brevissimo arco di tempo Giovanni Paolo I abrogò la tiara – che resisteva da oltre un millennio e testimoniava la bramosia ecclesiastica sul potere temporale –, abrogò il Nos maiestatico, de facto licenziò la sedia gestatoria, pur rassegnandosi a usarla di quando in quando, e ridusse definitivamente le distanze fra sé e i fedeli, inaugurando un approccio immediato, quasi confidenziale.

Nessun Pontefice, dopo di lui, ha potuto prescindere da queste innovazioni. Per dare un’idea, al predecessore Paolo VI erano occorsi anni, non un mese, per decisioni di pari rilievo (l’abrogazione della corte pontificia e della Guardia Nobile e la revisione, in senso meno sfarzoso, dell’abbigliamento di vescovi e cardinali).

Sull’onda di questa forza riformatrice è naturale che la gente ne abbia fatto un mito, anche perché il tratto comune di ogni sua apparizione pubblica da Papa fu il sorriso, che per natura, di ogni potenza, è la più grande.

Ebbene, oggi sappiamo che quel sorriso di Papa Giovanni Paolo I non era sereno. Per lo meno, non soltanto. Da vescovo di Vittorio Veneto e da patriarca a Venezia non sorrideva così. Fonti e testimoni sono concordi. Cercava un contatto diretto coi fedeli (operai, malati, ragazzi, visite pastorali…) che da Papa non poteva permettersi.

E allora, una volta divenuto Pontefice, sostituì l’apostolato spicciolo col sorriso. Un sorriso generoso, buono, ma anche struggente. Un’invocazione alla fiducia, alla benevolenza, indice di uno stato d’animo che probabilmente ne accelerò la fine.

Rigetto i complottismi e trovo assurde le voci su un suo assassinio. Penso piuttosto che a ucciderlo sia stato il contatto con le innumerevoli porcherie che deve aver scoperto nei suoi trentatré giorni da Papa. Porcherie che da vescovo, innamorato come era della Chiesa, era riuscito a non vedere.

Da oggi questo Papa è beato. Presto sarà santo. È il giudizio della Storia. Probabilmente meritato. E’ di tutto questo che parla il libro che vi consiglio nel mio video, Il Magistero. E vi spiego, perché io, da agnostico, sono stato attratto dalla figura di questo Papa che emerge da questo libro.

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