Il 20 settembre scorso, a 87 anni, è morto, da tempo malato di Parkinson, Gianni Vattimo che, insieme a Pier Aldo Rovatti, ha introdotto in filosofia il concetto di pensiero debole, inquadrando l’essere umano in una prospettiva di debolezza (rispetto almeno alle grandi teorizzazioni filosofiche avvenute fino al XIX secolo in cui l’essere umano si configura come soggetto forte di verità e conoscenza e artefice del suo destino).

Gianni Vattimo, invece, ha proposto l’esistenza umana come determinata da fattori che travalicano l’essere umano stesso, definito da Vattimo e Rovatti come Oltreuomo (rivedendo la definizione di Superuomo di Nitsche) inserito in un contesto cosmico e allargato, e che, di conseguenza, deve porsi in prospettiva di accettazione.

Gianni Vattimo è stato professore universitario, curatore di programmi televisivi, attivo nella politica, anche come parlamentare europeo per i democratici di Sinistra.

Militante nell’Azione Cattolica, ha definito poi il suo ideale religioso come comunismo cristiano, riferendosi alla vita comunitaria delle prime comunità cristiane.

Conciliare fede e omosessualità

Omosessuale dichiarato, ha svolto un ruolo importante nell’emancipazione dal percorso di nascondimento delle persone LGBT+ cristiane, affermando la possibilità di conciliazione tra omosessualità e fede cristiana arrivando, negli ultimi anni d’insegnamento universitario, a promuovere una visione del cristianesimo secolarizzato, ovvero con un ritorno a una vita comunitaria quotidiana a svantaggio della presenza di istituzioni ecclesiastiche.

Nonostante il suo massiccio contributo intellettuale, i suoi ultimi anni di vita sono stati caratterizzati da un interesse mediatico spinto soprattutto dalla vicenda personale e giudiziaria, collegata alla sua relazione, durata 14 anni, con l’ultimo compagno Simone Caminada.

Caminada, infatti, è stato rinviato in giudizio dalla procura di Torino per circonvenzione di incapace, nonostante la storia fosse di lunga durata e nota alla rete di relazione di Gianni Vattimo. Anche negli ultimi giorni di vita, la procura aveva nominato un amministratore di sostegno.

La figura di Gianni Vattimo ha bisogno di essere riscoperta e approfondita per capire l’importante lascito alla società e, in particolare, alla comunità cristiana e a quella LGBT+.

Un aiuto ci viene dalla autobiografia, scritta da Gianni Vattimo stesso a quattro mani con Piergiorgio Paterlini, scrittore e giornalista italiano, Non essere Dio, edita da Ponte alle Grazie.

Ho incontrato Piergiorgio Paterlini che ho intervistato per avere un suo ricordo di Gianni Vattimo.

A quando risale il tuo incontro con Gianni Vattimo?
Ho un ricordo preciso e indelebile che non mi fa molto onore ma allo stesso tempo non mi vergogno di raccontare. Era il 1979. Stavo preparando un inserto, 4 pagine, il primo in assoluto, per Com-Nuovi tempi, il settimanale ecumenico del dissenso cattolico di allora, 4 pagine fitte su fede e omosessualità. Da poco e per caso avevo saputo che Gianni Vattimo – che conoscevo di fama – era gay. Scopro che è nella mia città, Reggio Emilia, per un convegno, una conferenza, non so. Prendo il coraggio a due mani e lo cerco. Gli chiedo una breve intervista. Mi chiede di chiamarlo in hotel prima delle 8 della mattina dopo, perché poi sarebbe ripartito (inutile ricordare che non c’erano i cellulari). Lo chiamo da una cabina pubblica prima di prendere anch’io un treno e alla fine delle mie domande, un po’ balbettando, gli chiedo se posso scrivere che è omosessuale. Non dico che mi ride in faccia perché la sua dolcezza non glielo avrebbe mai consentito, ma è quasi meravigliato. Mi dice solo: “ma certo”. Esce il mio “quartino” e io mi illudo di essere il primo a scrivere dell’omosessualità dichiarata del grande filosofo. Invece lui era “pubblicamente gay” almeno da tre anni. Poi siamo diventati amici, con calma. Una delle primissime presentazioni di Ragazzi che amano ragazzi l’ho fatta con lui, a Torino, a libro appena uscito.

Chi era Gianni Vattimo?

Come si fa a dirlo in una risposta, per quanto lunga? Un filosofo geniale, uno dei pochissimi – non arrivano credo alle 5 dita di una mano – del nostro Novecento e oltre, un precursore, una persona con la quale avresti voluto passare tutto il tuo tempo o quasi, ma non un “monumento”, una persona complessa, contraddittoria, che mescolava – come facesse non so – un’acutezza assoluta a un’ingenuità altrettanto assoluta. Come possano stare insieme in una sola persona, in una sola mente, l’anticipazione della fine degli assoluti, l’idea di verità come dialogo umano, una lettura filosofica della “realtà in sintonia perfetta con la fisica quantistica, la sua interpretazione originale e profondissima di Heidegger, e di Nietzsche… come possa stare insieme tutto questo e molto altro con la credenza cialtrona – per fare solo un esempio – che le Torri Gemelle siano state un bluff degli americani per me è difficile capirlo, eppure è così. Ho rispetto della morte e proprio per questo non mi va di tessere apologie, troppo facili, quasi sempre false e ipocrite. Ma la sua ironia e autoironia erano leggendarie – e non è poco – e così la sua generosità, e altrettanto la sua rarissima, esatta e fuori moda, anche dolente, “coscienza di classe”. Poi quello che si dice il suo carisma, il fascino, la capacità di far arrivare a tutti o quasi cose molto complesse. Chiedete a chiunque – studente ma anche solo uditore (ed erano tanti) – abbia assistito alle sue lezioni e lo vedrete entusiasmarsi ancora oggi, dopo anni e anni. Gianni Vattimo era una rock star nel senso migliore del termine. E umilissimo nella vita quotidiana e di relazione.

Come è nata l’idea di scrivere insieme a lui la sua autobiografia Non essere Dio? Come nascono praticamente tutti i miei libri. Appunto da un’idea. E dal rendermi conto che un libro che vorrei leggere non è stato scritto ancora da nessuno. Nell’avvicinarsi dei suoi 70 anni mi son detto di colpo, una notte: ma non c’è una biografia di Gianni. Pensavo di essermi svegliato tardi, che glielo avessero chiesto in mille. Invece non si era fatto avanti nessuno. Essere vergognosamente snobbato in Italia era del resto la regola, così come nessuno – per quanto incredibile – ha voluto il suo preziosissimo archivio, che infatti, grazie al suo discepolo Santiago Zabala, è all’Università Pompeu Fabra di Barcellona. Il libro poi non solo racconta la sua vita, ma è un esperimento letterario (che ho ripetuto con il Premio Nobel Giorgio Parisi), cioè scrivere io ma far parlare lui in prima persona, e non solo questo. Il libro rispecchia nel metodo, non solo nei contenuti, proprio la sua filosofia e la sua idea della vita: nasce non da un’intervista – come erroneamente si crede – ma da un dialogo. Dal nostro lungo dialogo. Così, la sua verità, la verità delle sue idee e della sua vita è data anche dalla natura dialogica, dialogante del testo.

Quanto e’ stato importante Gianni Vattimo per la comunità LGBT+?
Questo non lo so, sinceramente. Penso che per le giovani generazioni sia stato irrilevante, ed è logico sia così, la storia va avanti, i simboli, anche le persone di riferimento, cambiano. Per chi è nato negli anni Cinquanta (come me) o nei Sessanta credo sia stato un punto di riferimento, come dire, insieme forte e non invasivo. Viveva alla luce del sole ma senza dichiarazioni o proclami particolari la sua “normalità”, e credo sia stata la cosa più importante in assoluto.

E quanto importante invece per la comunità cristiana?
Per la comunità cristiana credo nessuna rilevanza, ma ne so ancora meno, devo premetterlo. Non mi pare che la sua appartenenza, o il suo ritorno, la sua riscoperta del cristianesimo abbia colpito i credenti. E’ stato più un dibattito fra intellettuali, e anche molto tenue. Sarebbe interessante capire meglio perché, sempre sia così. Ripeto, non appartengo alla comunità dei credenti e posso sbagliare anche di molto.

Cosa c’è ancora da scoprire nel pensiero di Gianni Vattimo?
Lui ha portato a un punto abbastanza definitivo la sua ricerca intellettuale e filosofica, che altri – come accade nella scienza, nella cultura, in tutto – sicuramente riprenderanno e completeranno ulteriormente. A me pare che quello che aveva da dire l’abbia detto. Nei suoi libri c’è una ricchezza straordinaria. Si tratta semmai di leggerli,conoscerli, capirli.

La vicenda giudiziaria legata agli ultimi mesi della vita di Vattimo che spunti di dolore o riflessione ti genera?
Per me è impossibile rispondere a questa domanda, sia per le cose intime che conosco e ho conosciuto di persona, sia – paradossalmente – per tutte quelle che non conosco. Credo però si tratti di una vicenda non solo complessa ma esemplare. Oggi mancano elementi per un approfondimento e manca l’indispensabile distanza “storica”. Però di una cosa sono certo: che, appunto, in questa vicenda stanno racchiusi temi importantissimi e delicatissimi che in qualche modo toccano tutti, l’errore più grande sarebbe ridurla a una faccenda personale, sua o fra due persone o fra due gruppi contrapposti di vecchi amici. Errore ancora più grande dimenticarla, rimuoverla. I suoi ultimi strazianti anni racchiudono una tale ricchezza e complessità che è come se – a carissimo prezzo – Gianni Vattimo ci avesse regalato una sua seconda vita, altri insegnamenti, altre domande fondamentali per tutti.

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