C’era una volta un ragazzo di nome Pepe Emidio, che abitava a  Torano, un posto incastonato tra il mare e una montagna bellissima che si chiama Gran Sasso, in Abruzzo.

Questo giovane uomo si sentiva talmente innamorato della sua terra che aveva deciso di capire quale fosse il modo per averla come compagna nel suo lavoro. Cosicché quando toccó a lui prendersi cura delle sue coltivazioni, non fece altro, sul far della sera, che sedersi sopra quell’erba alta a guardare le sue vigne dal basso verso l’alto. Scrutando per bene, notó quanta vita ci fosse lá sotto: ragnetti, lombrichi, farfalle e una moltitudine di lucciole. Era impossibile per quei grappoli sentirsi soli. Anche loro come lui erano vita. Così da quel momento decise che mai e poi mai avrebbe sfrattato quella Las Vegas così unica. Venne poi il momento della prima vendemmia, era esattamente il 1964, davvero tanti anni fa. Intorno a lui le macchine per pressare l’uva erano già presenti, ma il solo pensiero di adoperarle gli sembrò un gesto invadente in tutta quell’armonia.

Il vignaiolo che segue
il ritmo lento della natura

Così il giovane vignaiolo si costruì una vasca di legno dove poter accogliere i grappoli e senza esitazioni, immaginando un ballo, iniziò a pigiare quel mare di acini con i piedi. Quel succo di vino era rustico e vivo, tanto che anche in quell’occasione aggiungere qualsiasi cosa che aiutasse lo sviluppo della fermentazione non gli sembrava rispettoso. Così, quasi sapesse quale sarebbe stato il seguito, lo poggió in piccole vasche di cemento e aspettò che tutto prendesse forma. La fretta non era la sua consigliera e quando anche fu tutto imbottigliato, imparò che con calma, quel liquido torbo si trasformava in limpido senza bisogno di filtrarlo. Come le giornate nuvolose che senza rumore aprono al sole.

Arrivò il momento in cui le prime bottiglie erano pronte e il giovane vignaiolo Emidio, cominció a girare per osterie e ristoranti per vendere il suo vino. Non era facile, ma lui non se la prendeva mai e con molta gentilezza ai no che riceveva, rispondeva: manteniamoci giovani. C’è niente di più vero in questa affermazione? Devo ammettere che quando ho letto questa risposta, mi sono domandata a che punto ero della mia gioventù.  Ho immaginato che il suo pensiero significasse essere pronti al cambiamento con un allenamento che va oltre la questione fisica, ma aprire se stessi a quello che verrà, anche se si parla di vino. E nel tempo quei due figliocci dove aveva concentrato il suo pensiero lo hanno reso felice. Proprio così. Il Trebbiano e il Montepulciano d’Abruzzo hanno fatto di  Emidio un vignaiolo da portare come punto di riferimento per chi crede che la natura abbia già tutto con sé.

Adesso dopo più di 40 vendemmie, dove tutto si fa come la prima volta, il nostro vignaiolo é un meraviglioso portatore di saggezza e d’esperienza. Quelle rughe bellissime, non sono altro che le pagine di un uomo che ha imparato ad annusare il vento, a respirare la terra e tramandare a tutta la sua famiglia quello che ha vissuto. Il suo vino, qui davanti a me, mi fa sentire partecipe di una realtà che ha i connotati di una favola.

Il Trebbiano del 2017 della cantina di Emidio Pepe che sto bevendo é complesso da raccontare. È un susseguirsi di sensazioni che racchiudono le erbe aromatiche, la frutta gialla e quella parte minerale che é eleganza e struttura. Quasi, quasi mi pento di averlo aperto così presto, perché lo so che avrebbe potuto aspettarmi almeno altri 10 anni. Ma ci giravo intorno come ape ai fiori e alla fine non ho resistito. Nemmeno nel curiosare nella sua storia, dove ho capito quanto le donne della sua vita siano quella frase da cui i pregiudizi sono esclusi. Sofia, una delle sue figlie, é quella che come un ombra ha seguito il padre in vigna e in cantina sin da piccola, tanto da essere lei adesso quella che se ne occupa. Oppure l’altra figlia, Daniela, che ha preso la responsabilità di tutta la parte amministrativa. Ma prima di loro, Rosa, la donna che ha condiviso insieme ad Emidio  tutte le scelte di vita, fossero di vigna o di sogni. Non é forse un’emozione bere un bicchiere di vino che si porta dentro questa storia?

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