Mentre il nostro Paese ritorna a attraversare la polemica degli scontrini maggiorati per tagliare un tramezzino e far assaggiare un piatto di linguine al pesto alla figlia seduta al tavolo, nel consiglio dei ministri del 7 agosto viene istituito un premio che dovrebbe considerare la nostra cucina come una vera e propria forma di arte e cultura.

Siamo in estate e l’Italia è invasa da turisti che vengono da ogni parte del pianeta per vedere il nostro museo a cielo aperto come molti dicono, per godersi i nostri beni culturali che vengono firmati da writer senza scrupoli che pensano solo a deturpare un bene artistico, ma allo stesso tempo ci troviamo a ragionare con diverse correnti di pensiero di bar, ristoranti e bistrò, sulla libertà di poter decidere se far pagare 2,00 euro in più per quello che si troveranno a gustare nel piatto.

Ogni ristoratore essendo un libero professionista, mette un’attività sul libero mercato e può decidere di applicare i prezzi che ritiene più opportuni, sempre nella trasparenza verso il cliente: esponendo un listino prezzi o informando il cliente a ogni sua richiesta.

E nella sua politica dei prezzi il ristoratore deve tenere presente non solo il target ma anche la domanda e offerta corrispettiva al servizio che si sta offrendo, cercando di essere il più trasparente possibile nei confronti del cliente, senza escludere da questo discorso gli stranieri venuti in visita nel nostro Paese.

Ma sono proprio episodi di questo tipo che mettono il turista nelle condizioni di non tornare più, così invece di incrementare il turismo, rischiamo di vedere sempre meno flussi di persone che oltre a vedere il nostro Paese per l’arte, vengono soprattutto per gustare la nostra cucina.

Rivalutare il turismo enogastronomico

In ogni caso stiamo raccontando il nostro Paese, sia in casa nostra che in tutto il mondo, dal punto di vista della storia, della cultura e della biodiversità, cercando di staccarci il più possibile dalle dicerie che ci considerano il paese della tovaglia a quadretti e dei mandolini.

In che direzione stiamo andando?

 Questo è quello che sta accadendo in questi giorni, che ci stimola alla rilettura di un libro: sto parlando del racconto Il pranzo di Babette (che vi consiglio di leggere) scritto da Karen Blixen con lo pseudonimo di Isak Dinesen e incluso nella raccolta di racconti Capricci del destino.

Un racconto da cui è stato tratto il film omonimo vincitore di molti premi, tra cui ricordiamo la sezione un Certain Regard al 40º Festival di Cannes, che ha vinto l’Oscar al miglior film straniero nel 1988.

Il pranzo di Babette di Karen Blixen

Ci troviamo a fine Ottocento in una piccola città della Danimarca dove si incrociano i destini (grazie alla fortuna) di tre donne, mentre sullo sfondo ci viene rappresentato lo scenario ideologico tra Protestanti e Cattolici, che verrà completamente annullato dalla preparazione di un pranzo, dove le persone, aiutate dal cibo, respireranno un’atmosfera felice che permetterà loro di fare riaffiorare dei ricordi: come se attraverso questo pranzo potessero essere ricuciti gli strappi dei sogni infranti e dei desideri mai soddisfatti, complice anche l’ambientazione troppo rigida considerando lo scenario storico-sociale di quel periodo.

Tutti i personaggi di Karen Blixen sono come sospesi in uno spazio temporale, quasi come gli eventi storici che segnarono i conflitti dovuti alle differenze religiose.

Dopo i tentavi fatti dai conciliarismi, nel periodo che ha caratterizzato il Grande Scisma e i concili di Costanza e di Basilea, l’esigenza di una riforma della Chiesa era ritornata a affacciarsi in maniera diversa da come si aspettavano i vari umanisti: il bisogno di una religiosità meno legata al formalismo del culto, la denuncia, principalmente, della corruzione del clero.

I protestanti nascono come movimento intorno a una lettera di protesta dei principi elettori luterani contro la Dieta di Spira del 1529, dove l’imperatore cattolico Carlo V del Sacro Romano Impero aveva confermato l’editto della Dieta di Worms del 1521 che aveva condannato Martin Lutero.

A partire dal XVI secolo i Luterani fondarono le loro chiese in Germania e nella Scandinavia.

Un movimento che ne aveva generati altri: calvinisti, presbiteriani, anglicani e puritani che attraverso il cibo come elemento di cura, quasi una terapia, riesce a riconciliare le differenze sia religiose sia umane tra ogni persona invitata al banchetto preparato da Babette.

Il cibo come riapertura alla vita, perché sarebbe un vero peccato per un tramezzino diviso a metà, dimenticarsi il vero piacere che scaturisce dalla condivisione, in buona compagnia, del buon cibo, come solo il nostro Paese sa offrire, e come quello proposto da Babette.

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