La seconda domanda è: che cos’è maschio? Diceva una vecchia canzone della mia band, le Mumble Rumble.

Saul, il narratore inaffidabile del Pianeta di Ghiaccio di Maggie Gee è un uomo medio del futuro. Vive come i ragazzi hanno sempre vissuto, incurante del fatto che l’Inghilterra sia diventata a tutti gli effetti un paese tropicale. Per lui, il disastro ambientale rappresenta la normalità così come il passare la maggior parte del tempo fuori casa per via del bel tempo costante. Il pianeta è devastato dal cambiamento climatico e le donne sono così stufe della disparità sociale ancora ben radicata che molte di loro praticano la segregazione, che poi sarebbe il separatismo. Tuttavia Saul non se ne preoccupa, persegue i suoi obiettivi e trova lavoro come ingegnere specializzato in nanotecnologie, poi va a convivere con Sarah e diventa padre. I guai arrivano quando Sarah viene assunta per educare le giovani al rapporto con gli uomini, dato che la moda della segregazione ha abbassato drasticamente la media della popolazione e nessuno fa più figli. Questa esperienza inaspettatamente porta Sarah verso una consapevolezza della posizione subalterna della donna nella struttura sociale. Dato che Saul non vede il problema, Sarah è sempre più spinta ad allontanarsi da lui e a legarsi a organizzazioni politiche separatiste ed ecomaternaliste, cioè che identificano la donna con la natura e il non-umano rifiutando gli uomini e la loro tecnofilia, che per Saul è lavoro e passione.

Poi il clima, da tropicale, cambia di nuovo virando verso la glaciazione. Gli esseri umani dovrebbero teoricamente affrontare una faccenda enorme, come la crisi climatica, uniti. La guerra in corso fra maschile e femminile, estesa oramai alla politica, però complica le cose.

Ecco, fermiamoci qui per evitare spoiler. Ho pensato al romanzo di Gee perché in queste ultime settimane ho sentito spesso la frase: “Gli uomini non possono dirsi femministi ma solo simpatizzanti”. Non solo mi sento di dissentire ma, alla luce del fatto che come nel romanzo di Gee nella vita reale ci sono guai incombenti da affrontare assieme, mi viene da ribattere che ogni uomo dovrebbe essere educato al femminismo e certi muri non possono che fare male alla causa stessa. L’uomo femminista è un uomo che ha abbandonato l’educazione di genere patriarcale e ha abbracciato il rispetto e la parità reciproca. Il femminismo infatti nasce per superare le disparità fra uomo e donna e, nonostante le grandi conquiste, è un lavoro ancora tutto da fare a livello culturale, sociale, politico. Già il fatto che questo stesso concetto vada ribadito mostra quanto le polarizzazioni disorientanti, che Gee spinge all’estremo per farci capire quanto sono nocive, confondano le idee.

L’uomo femminista esiste, non è illusione. Sono femministi tutti coloro che si rendono conto che certi fenomeni tristi e ingiusti hanno radici nel concetto patriarcale della donna subalterna all’uomo (il salario più basso, il femminicidio, ecc). Molti uomini poi neanche si ritrovano nel modello di educazione patriarcale socialmente accettato, quello che li obbliga a non mostrare le proprie emozioni, a guardare i video privati sulla chat del calcetto senza dire niente, a non chiedere aiuto e non contare su nessuno e via dicendo. Ecco, coloro che si trovano in questa posizione sono a loro volta vittime del patriarcato e magari talvolta non percepiscono le disparità strutturali fra uomo e donna perché sono loro stessi vittime di crudeli prevaricazioni sociali. Perciò è ingiusto trasformare una sacrosanta lotta per una società più equa in un rifiuto totale di dialogo con il maschile. Patriarcale del resto è un aggettivo che definisce un certo tipo di educazione, ma non tutti gli uomini l’hanno fatta propria. Anzi, le donne sanno essere molto patriarcali quando rinnegano la sorellanza, quando giudicano chi subisce violenza dai vestiti o quando sostengono una campagna diffamatoria contro una maestra che ha subito del revenge porn. Magari fossero esenti dall’essere a loro volta dalla parte dell’oppressore!

Per un dialogo che includa il maschile è sempre più necessario dunque distinguere il femminismo dal suo estremo (chiamato spesso con il brutto nomignolo di nazifemminismo).  Le estremiste del Pianeta di Ghiaccio appartengono a uno specifico tipo di femminismo: l’ecomaternalismo. Una corrente eco-femminista che evoca un’identità fra donna e ambiente tanto bella quanto concettualmente pericolosa. Bella perché fino a che si rimane sul binario dell’empatia, è innegabilmente vero che per secoli l’ambiente e la donna sono stati considerati esclusivamente in funzione dell’uomo e una condizione simile porta spesso a una presa di coscienza ecologica più veloce, oltre a vari tentativi di recupero del rapporto con il non-umano. Pericolosa perché l’identificazione della donna con l’ambiente doppia involontariamente discussioni patriarcali di secoli orsono che catalogavano la donna nell’insieme del non-umano: le ecomaternaliste del Pianeta di Ghiaccio accettano l’equazione donna=natura in senso separatista, come se con gli uomini non appartenessimo alla stessa specie.

La tecnologia e la tecnofilia invece nel futuro di Maggie Gee stanno dalla parte del patriarcato e gli uomini, soli, arrivano perfino a creare macabri surrogati robotici dell’affetto di una compagna. C’è da chiedersi se la tecnologia sia sempre con l’oppressore o se piuttosto non venga schierata con l’oppressore ogni volta che è frutto di una fiducia incondizionata nella creazione umana tanto da non considerarne gli effetti collaterali. Oppure quando i suoi effetti si basano sul concetto di non-umano subalterno all’umano, cioè sull’antropocentrismo. Saul, il narratore, non vede né il guaio innescato dall’antropocentrismo né i danni del patriarcato. Mi è stata riportata ultimamente l’opinione di un uomo altrettanto inconsapevole, il quale ha affermato, all’interno di un lungo discorso sullo sfruttamento capitalista, che “Il femminismo come l’ecologismo alla Thunberg è un movimento di utili idioti”. Il solo sfruttamento preso in considerazione in questo caso è quello sul lavoro: quello nei confronti dell’ambiente o la condizione subalterna della donna non sono pervenuti. Eppure questi tre problemi non sono distinti: l’industrializzazione ha innescato il cambiamento climatico e, quanto al rapporto donna/capitalismo, sono ancora purtroppo molti i tratti che mostrano, su larga scala, disparità fra lavoratori e lavoratrici – basti pensare alla questione salariale.

Antropocentrismo e patriarcato sono purtroppo parenti stretti fondati sulla dominanza e Il Pianeta di Ghiaccio lo rende palese. E l’inconsapevolezza di tutti i Saul che esistono nel mondo reale non può diventare presa di coscienza attraverso lo scontro e la chiusura degli estremismi né per la questione ambientale né per quella di genere. È bene tenerlo presente, ci ricorda Maggie Gee, ogni volta che in ballo c’è il futuro.

Libri consigliati: Maggie Gee, Il Pianeta di Ghiaccio (The ice people, 1998) – Barbera (Firenze, 2007).   

Condividi: