La sensazione di transitare globalmente su qualcosa di instabile è così tangibile che sembra tanto un bivio imponderabile o una svolta epocale o, perché no?, un cavo allentato che oscilla tra tendenze sempre più bipolari. Un funambolo provetto ci darebbe una pacca sulla spalla, soprattutto ai più sonnambuli: per affrontare una tale prova servono delle doti che non si acquisiscono dall’oggi al domani. Sarebbe davvero utile consultare un Trattato di funambolismo come la geniale trascrizione autobiografica dell’esperienza unica e originale di Philippe Petit, anche se Paul Auster nella prefazione avverte il lettore che il “primo saggio sull’arte dell’equilibrio non è un libro didattico o un manuale di istruzioni, perché il funambolismo non può venire insegnato, si deve impararlo da sé infilandoci nell’angolo più oscuro e segreto di sé stessi”.
Considerando il momento in cui mosse i suoi primi passi in posizione eretta, si può affermare che Philippe Petit si esercitò per 21 anni prima di unire nel 1971 i campanili di Notre-Dame per farsi una passeggiata a sorpresa e in modo del tutto clandestino, sospeso in un vuoto privo di sistemi di sicurezza. Due anni dopo toccò ai piloni nord dell’Harbour Bridge di Sydney e successivamente, sempre su un cavo d’acciaio e con il solo aiuto di un’asta per l’equilibrio, si fece la traversata illegale delle cascate del Niagara, del Superdome a New Orleans e delle guglie della cattedrale di Laon. Ma ecco il tocco da maestro: 45 lunghissimi minuti a più di 417 metri d’altezza, su un cavo lungo 42 metri e mezzo che tenne saldamente unite le Torri Gemelle, distrutte forse per invidia 27 anni dopo. Non contento di un singolo passaggio se ne fece ben otto avanti e indietro, seguito da un pubblico col fiato sospeso e dagli agenti di polizia che invece tenevano sospese un paio di manette. Fu l’ennesimo arresto in flagranza di reato, visto che Philippe ne aveva accumulati più di 500 sin dall’inizio della sua carriera in sella al suo monociclo. In quest’ultimo caso il procuratore distrettuale fece cadere le accuse formali e tramutò la condanna nell’obbligo di esibirsi per i bambini a Central Park: quale miglior condanna per un Artista del vero brivido!?
L’epoca geologica in cui si svolse il fatto sarebbe definita Olocene e il suo inizio convenzionalmente fissato circa 11700 anni fa, al termine dell’ultima fase glaciale che ha interessato l’emisfero settentrionale. Se non fosse che nel 2000 Paul Crutzen, uno dei massimi esperti di chimica dell’atmosfera, visti gli effetti del transito dei Sapiens Sapiens sul pianeta, coniò il termine Antropocene per definire l’Era attuale. E’ suo l’esperimento mentale che invita ad immaginare il pianeta Terra nel 2200 o nel 2500 per mettersi nei panni dei nostri discendenti. Come appariremmo ai loro occhi? La sua risposta è “come alieni o come barbari che hanno devastato il loro stesso habitat”. La tua?
Nel nostro immaginario la Terra è stata considerata per troppo tempo come una sfera di roccia passiva ed inerte, una miniera di risorse da sfruttare a piacimento. Sapremo uscire con eleganza da questo Antropocene che ci investe del ruolo di devastatori? Solo nel secolo scorso molti scienziati hanno accettato l’idea che il sistema Natura insito nel pianeta è un meccanismo negentropico in continua interazione tra tutti i suoi componenti: atmosfera, oceani, suolo, biota sono gli organi stessi di un entità dotata di intelligenza, come sostenne lo scienziato inglese James Lovelock formulando l’ipotesi Gaia. Meglio tardi che mai accorgersi che tutto l’esistente è immerso in una pluralità di forze in gioco, animate, inanimate, visibili ed invisibili, micro e macro, che rendono particolarmente imprevedibile il cambiamento in atto, nonostante i progressi dei nostri calcoli algoritmici.
La sicumera che ci ha caratterizzati come specie dominante si sta incrinando inesorabilmente, la ricerca di un equilibrio corrisponde ad una presa di coscienza dei nostri limiti. Il lume della Ragione sembra affievolirsi permettendo il riaffiorare di mostri e chimere, esterni ed interiori, silenziosi ed assordanti allo stesso tempo, ombre in agguato. Immaginando l’Umanità in equilibrio ad un filo sospeso tra vari scenari possibili ci sarebbe da bilanciare il baricentro perché stiamo vacillando un po’ troppo in un senso che non ha senso.
Giuliana Conforto, astrofisica e successivamente docente di meccanica classica e quantistica, propone una nuova scienza basata sulla co-scienza, una scienza che riporta l’essere umano al centro dell’universo in base alle leggi della Fisica Organica, ipotesi simile ad altre già espresse dai grandi saggi della storia, quali Socrate, Pitagora, Dante, per cui “l’amor move il sole e le altre stelle”, Giordano Bruno, per cui invece l’Amore “è l’unica Forza che move e lega infiniti mondi intelligenti”. Ma soprattutto una percezione ampliata che includa il fuoco nucleare fino ad estendersi agli universi invisibili. Un’efficace e raffinata sintesi tra il vasto materiale disponibile sulla rete che riguarda il suo interessante lavoro è il video Universo Organico e L’evoluzione Umana.
Nello Zen una pratica di meditazione permette di raggiungere uno stato molto elevato di consapevolezza: è Shikantaza o Zazen. In una condizione di estrema concentrazione lo stato mentale è il medesimo di chi si troverebbe di fronte ad un pericolo mortale ma senza provare ansia, fretta o paura. Secondo il Maestro Suzuki Roshi lo scopo di Shikantaza – “stare semplicemente seduto” – è quello di attualizzare il vuoto e andare oltre le nostre ordinarie interpretazioni della realtà. Un altro mondo al di là della nostra limitata esperienza può essere raggiunto svuotandoci di idee preconcette che da sempre ci vengono propinate come Unica Verità Assoluta. L’Unicità interiore potrebbe diventare il bilanciere per superare i soliti schemi predatori, speculativi, liberticidi e fondamentalmente autolesionistici che vengono dal profondo e danno un senso di vertigini, incompatibili con l’Arte del funambolismo.