Fino al 24 Novembre 2024 nella Casa Museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani a Cellatica in provincia di Brescia, con l’attivazione dell’operazione dal titolo Savoldo Borghese. Roma Brescia Roma, potremo ammirare due splendide opere pittoriche di Giovanni Gerolamo Savoldo (Brescia 1480 ca. – Venezia? Post 1548), provenienti dalla Raccolta della Galleria Borghese di Roma.

Ph. Massimo Listri – Hortus conclusus con fontana di Minerva nel giardino occidentale. https://www.fondazionezani.com/

L’accoglienza dei capolavori di Savoldo in Fondazione Zani, esposti nello spazio dedicato alle temporary exhibitions, presenta in Collezione due tra le più significative tele dell’artista in un’azione di interscambio tra Fondazione Zani e Galleria Borghese che, a Roma, con Savoldo Borghese. Brescia Roma Brescia, espone due busti di imperatori riconducibili all’ambito di Guglielmo e Giovanni Battista Della Porta, provenienti dalla Casa Museo – Fondazione Zani.

Ph. Massimo Listri – Galleria dei Lavori di Firenze; Piano ottagonale di tavolo con ghirlande di fiori, frutta e uccelli. Fine XVII-inizio XVIII secolo commesso di pietre dure.
Base: George Bullock (Birmingham 1777 – Liverpool 1818) Base con 4 ippogrifi 1810 – 1815 circa legno e bronzo dorato altezza: 72,4 cm diametro: 132,7 cm inv. 165. https://www.fondazionezani.com/

Il progetto espositivo
“Savoldo Borghese”

Il progetto espositivo, ideato e coordinato dal Dott. Massimiliano Capella, Direttore della Casa Museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani, e dalla Dott.ssa Emanuela Settimi, Curatrice della Galleria Borghese, rende omaggio, nelle rispettive prestigiose raccolte d’arte, alle città di Brescia e Roma con un’operazione che, di fatto, favorisce in Italia la circolazione di produzioni di valore: azione fondamentale per mantenere viva l’attenzione sul patrimonio artistico italiano. L’opportunità data dallo scambio delle opere, visibili nelle collezioni fino al 24 Novembre 2024, si dimostra un’autentica operazione di stimolo all’avvicinamento continuo verso luoghi e raccolte d’arte che rivitalizzino la critica a non desistere nell’ambito dell’esercizio filologico.

Ph. Massimo Listri – Salone dell’ottagono. Parete meridionale con Venere nella fucina di Vulcano di François Boucher (1746-1747), su fondale del paravento Coromandel (fine XVII secolo) e Salotto Luigi XVI, coppia di sculture con Allegoria dell’Abbondanza e Dio Fiume di Filippo Parodi (1666-1670), lampada romana in bronzo dorato (seconda metà del XVIII secolo) – https://www.fondazionezani.com/

L’enigmatico Savoldo

Tra i problemi insoluti di Giovanni Gerolamo Savoldo vi è la data di nascita e quella di morte. Gaetano Panazza (Brescia, 8 Maggio 1914 – Brescia, 10 Ottobre 1996) scrisse a tal proposito:

«Un curioso destino sembra perseguitare la biografia del Savoldo: il più delle volte la scoperta di qualche nuovo dato è fonte di ulteriori interrogativi anziché elemento chiarificatore».

Credit Fotostudio Rapuzzi, Brescia – Il molo dal bacino di San Marco di Canaletto (1733-1734), Consolle della scuola di André Charles Boulle (fine XVIII sec.) e Coppia di mori veneziani del primo quarto XVIII secolo – https://www.fondazionezani.com/

La pittura di Gian Girolamo Savoldo

Dopo la morte di Vincenzo Foppa (Brescia, 1427/1430 circa – Brescia, 1515/1516) il passaggio dalla tradizione lombarda alla nuova cultura figurativa veneziana avvenne attraverso alcuni pittori tra i quali Gian Gerolamo Savoldo. Egli fece parte di coloro che vennero definiti i pittori di un centro vivo, Brescia, che si dimostrò attivo tra la cultura lombarda da cui provenne, e la cultura veneta verso cui si diresse. Savoldo per Giulio Carlo Argan (Torino, 17 Maggio 1909 – Roma, 12 Novembre 1992) presentò «una meditazione intenta ed immobile» in un «raccoglimento penetrante»; un «luminismo radente che par scaturire dal contatto tra la superficie delle cose e lo spazio». I volumi non ingannano l’occhio di chi osserva per il loro risolversi e riassorbirsi nell’unità dello spazio, ma sono presenza e catturano l’attenzione «con la suggestione psicologica della loro intensa malinconia», alla ricerca di uno splendore della «materia che si dissolve nella luce».

Ph. Massimo Listri – Manifattura cinese Scultura con cani di Fo e vaso centrale porcellana Kangxi (1662-1722), supporto in bronzo (1745-1749) porcellana turchese e bronzo dorato inv. 285 – https://www.fondazionezani.com/

Savoldo, pittore raffinato, era il più significativo lirico della produzione del Cinquecento con un’attenzione particolare rivolta al disegno e a una visione plastica delle forme che luce e ombra rendono ancora più evidenti. Eleganza, misura e signorilità si avvertono nella padronanza della tecnica dovuta alle molte esperienze, e alla dimestichezza con diversi linguaggi. Nell’artista la coesistenza di elementi veneti, di forme lombarde, e la penetrazione profonda di suggestioni nordiche, caratterizzarono il suo operato e quello di altri artisti dell’area padana, tra il Quattrocento e il Cinquecento, molti dei quali si spostarono tra Venezia e Milano.

Tuttavia, anche se poche sono le notizie documentarie e di testimonianze che permettano di evidenziare se frequentasse altri artisti, e quali, come fossero i suoi rapporti con le istituzioni laiche e religiose, se vi fosse o meno una maggiore disponibilità a lavorare per una selezionata e colta committenza privata, le indubbie caratteristiche di un linguaggio pittorico enigmatico, sospeso, eclettico, ma sempre coerente, inseriscono Savoldo nella storia della pittura dell’Italia settentrionale con un grande racconto privato in cui a parlare sono le opere.

Le fonti relative all’analisi dei lavori saranno testimonianza, con i contributi della storia della critica, di un apprezzamento unanime d’ammirazione sia per i virtuosismi luministici, che contraddistinsero una continua sperimentazione, sia per le invenzioni «ingegnosissime e rare» che lo resero degno d’attenzione per la severa interpretazione naturalistica, quasi illusionistica, della realtà. Nel Cinquecento fu considerato un uomo curioso, indagatore e imitatore della natura tanto che il suo allievo Paolo Pino (Venezia ? – floruit, 1534-1565) lo definì «eccellente imitator del tutto» e ritenne fosse soprattutto apprezzato per la rappresentazione di «aurore con rifletti del sole» e le «oscurità con mille discrizzioni ingeniosissime, e rare, le qual cose hanno più vera imagine del proprio, che li Fiamenghi».

Le differenti rappresentazioni dei cieli, dove si fonde la tradizione veneta con la nordica, la possibilità data allo sguardo di penetrare più in profondità attraversando lo spessore del paesaggio, delle sue masse alberate e del loro graduale scalare in lontananza, furono un’alternanza e opposizione della luce piena e dell’ombra che, probabilmente, sono custodi di un significato simbolico.

Opere della Galleria Borghese alla Fondazione Zani. Fino al 24 Novembre 2024

Giovanni Girolamo Savoldo, Busto di giovane, 1527 circa olio su tela, Al. 60 x La. 40 cm. Cornice cinquecentesca, Roma, Galleria Borghese.
Giovanni Girolamo Savoldo (Brescia 1480 ca. – Venezia? Post 1548)

Busto di giovane appartiene a un momento fondamentale della ricerca pittorica del Savoldo, fase in cui egli modificò gradualmente la sua gamma tonale. Adolfo Venturi (Modena, Emilia Romagna, 4 Settembre – Santa Margherita Ligure, Genova, Liguria, 10 Giugno 1941), nel 1928, aveva osservato come la mezza figura fissata dalla luce in un’espressione incantata e dolorosa, allineata verticalmente alla mano resa con un perfetto scorcio pittorico, presentasse il suo tipico gioco di piani costruiti dalla luce.

Savoldo Borghese. Roma Brescia Romahttps://www.fondazionezani.com/

Aldo De Rinaldis, nel 1935, per la figura di questo giovane assorto e dolente, osservò che un ritratto così raffinato «con un prevalere di morbide penombre trasparenti su zone abbagliate di luminosità crepuscolare basterebbe da solo a farci sentire…» il preannunciarsi dell’opera di Michelangelo Merisi (Milano, 29 Settembre 1571 – Palo di Ladispoli, Roma, 18 Luglio 1610), che meditò direttamente sulle opere del Savoldo.

L’interrogativo più forte sorge dall’analisi di alcuni elementi: l’intensa religiosità del volto intento ed esaltato dalla luce e il libro aperto appena accennato a lato del giovane, come se l’avesse appena posato. Di chi si tratta dunque? Probabilmente non del semplice ritratto di un committente rappresentato come il discepolo in contemplazione, scrittore di molti testi neotestamentari tra i quali l’Apocalisse, ma di un vero San Giovanni Evangelista.

Giovanni Girolamo Savoldo,Tobiolo e l’angelo, prima metà del terzo decennio del XVI secolo; olio su tela, Al. 120 x La. 160 cm. Cornice cinquecentesca.
Giovanni Girolamo Savoldo (Brescia 1480 ca. – Venezia? Post 1548)

Tobiolo e l’angelo è considerato tra i dipinti più splendidi e complessi del Savoldo, dove l’influenza di Leonardo da Vinci (Anchiano, Firenze, 15 Aprile 1452 – Amboise, Francia, 2 Maggio, 1519) fu evidente per vari studiosi. Le due figure si presentano come bloccate improvvisamente per un incantesimo; l’immagine appare scattata nella magia di quella luce al tramonto tanto amata da molti pittori bresciani del Cinquecento e che addolcisce la forza plastica. Il gioco luministico, nelle opere di questo periodo, non accarezza le superfici ma le corrompe nell’evidente perdita di compattezza di un colore che condensa o si emulsiona nelle ampie pennellate. Tra le analisi dell’opera è ritenuta tutt’ora valida quella di Adolfo Venturi, del 1928, relativa alla comprensione dei valori della luce.

Savoldo Borghese. Roma Brescia Romahttps://www.fondazionezani.com/

Scrisse Venturi:

«il bosco sostituisce la ruina creatrice dell’oscurità necessaria al risalto pittorico dell’immagine, lasciando che il nostro occhio spazi traverso le frondi, su lontananze idealmente leggiere e ariose. E la luce torna ad arabescare le vesti dell’angelo, giocando tra i meandri delle pieghe; marezza la crespa superficie dei rasi, soffia leggera sulle grandi ali nivee, per investire dall’esterno Tobiolo, col volto nell’ombra, e costruirlo in salda posa traversa. Un senso patetico spira dal cielo tutto fughe di luce tra nuvole; ma il bosco che i veneziani avrebbero trattato a massa, è qui paravento serico e sottile; e le immagini non si fondono, come per i giorgioneschi, in un solo respiro col grande scenario destinato a lanciar nella luce le tre grandi figure».

Successivamente, nel 1963, Antonio Boschetto scriverà sulla costruzione del paesaggio:
«fatto di brune masse contrapposte sul cielo e percorse da brividi di luce che le modellano fin sul lontano orizzonte, dentro il bosco, nelle rocce accarezzate».

Opere della Fondazione Zani alla Galleria Borghese. Fino al 24 Novembre 2024

Nella Sala degli Imperatori (Sala IV) della Galleria Borghese, a fianco dei diciotto busti in porfido e alabastro dei Dodici Cesari e di personaggi illustri, sono stati collocati due busti di Imperatori riconducibili all’ambito di Guglielmo e Giovanni Battista Della Porta.
Le sculture ritraggono l’Imperatore Adriano, secondo il modello ufficiale del ritratto dei Musei Capitolini, e l’Imperatore Adriano in età giovanile.
Preziosa è la componente policroma e polimaterica dei busti e dei rispettivi basamenti coevi (seconda metà del XVI secolo), realizzati in marmo bianco, onice turco, giallo antico, verde antico, rosso antico, onice marino, marmo africano, marmo Portasanta.

Ambito di Guglielmo Della Porta (Porlezza, Como 1515 circa – Roma, 1577) e Giovanni Battista Della Porta (Porlezza,Como, 1542 – Roma, 1597) – Busto dell’Imperatore Adriano, fine XVI secolo; marmo bianco (Pario?), onice turco, giallo antico, verde antico, rosso antico, onice marino, marmo africano, Portasanta, pietra tenera dorata. Casa Museo Fondazione Zani, Cellatica (Brescia) 96 cm x 77 cm x 36 cm.
https://galleriaborghese.beniculturali.it/brescia-roma-brescia/
Ambito di Guglielmo Della Porta (Porlezza, Como 1515 circa – Roma, 1577) e Giovanni Battista Della Porta (Porlezza,Como, 1542 – Roma, 1597) – Busto di imperatore romano (Adriano giovane o Lucio Vero), fine XVI secolo; marmo bianco (Pario?), onice turco, giallo antico, verde antico, rosso antico, onice marino, marmo africano, Portasanta, pietra tenera dorata. Casa Museo Fondazione Zani, Cellatica (Brescia) 95 cm x 77 cm x 30 cm
https://galleriaborghese.beniculturali.it/brescia-roma-brescia/

Utilità dell’interscambio culturale

Il grande impegno di due significative e celebri raccolte d’arte italiane, Galleria Borghese e Fondazione Zani, formate da un complesso di beni di grande valore, attraverso il lavoro della Curatrice Emanuela Settimi e del Direttore Massimiliano Capella, riportano una seria attenzione a capolavori d’importanza internazionale accolti in sedi prestigiose. La disponibilità di visitare le esposizioni, assicurata dall’organizzazione, accresce in modo rilevante la percezione del valore storico e culturale delle opere. In ogni spazio la possibilità di poter ammirare i lavori, la cui ottima conservazione è garantita da un sistema di gestione parallelo all’impegno di continua cura, è il racconto di una passione per l’arte e la cultura, da parte di personaggi illuminati, nella convinzione che queste fossero gli strumenti migliori per la comunicazione in ogni tempo. Le attività di valorizzazione del patrimonio artistico italiano, in luoghi straordinari, continueranno sempre ad offrire nuove opportunità che consentano l’arricchimento dell’umanità e permettano alle collezioni di sostenere la creatività attraverso storie di costruzioni e ri-costruzioni delle relazioni tra collezionista e opere, stimolo alla riflessione della fondamentale importanza di una strategia sinergica di relazioni di fiducia sempre più qualificate.

La pubblicazione delle immagini fotografiche in questo articolo della Rivista Digitale ReWriters è stata autorizzata dall’Ufficio Stampa Bianca Martinelli – BIANCA etc. Mob. 349.0863743 – Email info@biancaetc.it – www.biancaetc.it

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