Purtroppo non esistono studi quantitativi e longitudinali significativi sulla prevalenza dei nuovi modelli relazionali basati sul rifiuto della monogamia, ma l’evidenza data da ricerche accademiche, approfondimenti psicologici, servizi giornalistici, rappresentazioni della cultura pop e mainstream su social media, serie tv, podcast, film e best seller racconta che si tratti di un fenomeno in crescita esponenziale. La generazione Alpha, a quanto pare, si troverà ad essere paladina delle relazioni liquide, fluide e queer, un po’ come quando Michela Murgia, col suo solito spirito d’avanguardia, aveva celebrato il suo matrimonio plurale.

Trailer di Wanderlust, il film sulle coppie aperte del 2012

Facciamo chiarezza, “relazione aperta”

Ma facciamo chiarezza, partendo dal termine ombrello di “relazione aperta” che comprende tutti i tipi di costellazioni non diadiche in cui le parti coinvolte sono d’accordo nel rifiuto della relazione monogamica. Si spazia da negoziazioni orientate al piacere, come lo scambismo, a quelle basate sul poliamore e sulla non-monogamia etica, in cui coesistono consensualmente più relazioni affettive e/o romantiche. La caratteristica comune, in ogni caso, è che in coppia si accetti l’idea della libertà reciproca di avere altri partner, sia dal punto di vista del contatto sessuale, sia emotivo. Forse un modo geniale (anche se magari un po’ sbrigativo) di liberarsi dell’insopportabile flagello del binomio gelosia-tradimento.

Nonostante in pochi decenni si sia passati dall’illegalità del divorzio al suo aumento (e alla diminuzione dei matrimoni!), credo che in realtà la vera accelerazione di quella che potremmo definire “storia del legame” sia data dalla crescente accettazione sociale delle relazioni tra persone non sposate e dello stesso sesso (grazie al riconoscimento delle unioni civili e dei matrimoni omosessuali, in Italia con la Legge Cirinnà del 2016): soprattutto con questo passaggio, infatti, oggi le persone giovani si sentono più libere riguardo alla propria sessualità.

Individualismo, monogamia, nuove relazioni

Dalla seconda metà del XX secolo, dicevo, le persone sono diventate più aperte a relazioni non convenzionali e non è più uno stigma avere figli fuori dal matrimonio, divorziare, cambiare partner o convivere senza essere sposat*. Le nuove relazioni “aperte” sono la risposta alla progressiva diluizione del dogma basato sulla tradizione patriarcale, aiutate anche da un sistema sociale fluido e liquido che, tra app di incontri e social media, permette di connettere una moltitudine di persone in un minimo lasso di tempo, stimolando così l’esplorazione e favorendo l’incontro con comunità di persone vicine ai nostri gusti o al nostro stile di vita preferito. Del resto, la monogamia non ha niente di “nautrale”, come sosteneva anche Friedrich Engels, correlandola al concetto di proprietà privata e di eredità: in un sistema patriarcale e capitalistico, è strettamente necessario il controllo sul fatto che i figli ereditino le ricchezze dei padri, cosa garantita appunto dalla monogamia (fedeltà) femminile.

Non c’è dubbio che in un’epoca di individualismo spinto, centrata sulla cultura della personalità e sulla corsa alla quotidiana gratificazione, sovraesposti allo sguardo minuzioso dei followers, le relazioni aperte permettano di accrescere l’io attraverso quel percorso esistenziale che ci fa diventare maestri di consapevolezza: consapevoli di bisogni, paure, desideri e limiti in una relazione, dunque veri manager dei ménage. Non solo: avendo tempo ed energie, con più relazioni si riesce ad ampliare e diversificare la rete di persone con cui arricchire la vita, rendendola ancora più avvincente, gestendo le relazioni in modo più consapevole e responsabile e, aggiungo, forse correndo meno rischi.

Se, da una parte, però, le nuove generazioni sono molto più flessibili, queer, fluide e aperte alla sperimentazione sessuale e relazionale, e la coppia aperta sta acquisendo sempre più visibilità nei media tradizionali, paladina contro sessismo e patriarcato, nel frattempo i partiti politici conservatori sono in aumento: attualmente, l’estrema destra è in ascesa e, sul piano sociale, la non-monogamia non è ancora accettata abbastanza da poter sperare in un riconoscimento legale. La strada è ancora lunga e occorrerà, probabilmente, continuare a produrre rappresentazione a livello mediatico sui “matrimoni plurali” per velocizzare una normalizzazione a livello sociale, in un processo simile a quello che è accaduto per i matimoni LGBTQI+: anche se, buffo a dirsi, ancora non c’è un movimento di rivendicazione dei diritti delle persone non-monogame.

Ma non sarà che il punto è proprio il rifiuto del legame? “Più che di rifiuto, parlerei di paura della perdita dell’oggetto d’amore spiega la psicoterapeuta Eleonora Calagreti. Il bisogno di frangere la libido investendo su più oggetti del desiderio permette di ridurre il rischio. Se socialmente le relazioni aperte sono un traguardo contro sessismo e patriarcato, perchè si annulla il concetto di possesso, è anche vero che la moltiplicazione delle possibilità relazionali può portare ad una anestesia del pathos, esattamente come accade nel consumismo, in cui tutto è a disposizione ma non c’è un appagamento profondo“.

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