Hanna, la serie di Prime Video, parla del dramma di questi tempi: le vite in fuga
Incredibile scoprire quanto la serie noir di Prime Video 'Hanna' ci faccia riflettere sui temi dell'attualità. E non solo perché la protagonista è in fuga.
Incredibile scoprire quanto la serie noir di Prime Video 'Hanna' ci faccia riflettere sui temi dell'attualità. E non solo perché la protagonista è in fuga.
Hannah, la serie spionistica e noir ideata da David Farr e prodotta da Prime Video, arrivata alla terza stagione da qualche mese, racconta la storia di un’adolescente in fuga, Hanna Petrescu insieme al padre Erik Heller.
Hanna riprende ed amplia l’omonimo film del 2011 di Joe Wright, che aveva per protagonisti un cast assai sontuoso, composto da Saoirse Ronan, Eric Bana e Cate Blanchett.
Oltre alla trama noir e spionistica, oltre i limiti della fantascienza, ciò che colpisce della serie di Farr, è come sappia raccontare gli adolescenti di oggi, distruggendo tutta una serie di luoghi comuni, arrivando a ribaltarli.
Da qui in avanti saranno possibili degli SPOILER.
Hanna – a cui presta il volto una bravissima Esme Creed-Miles, celebre per svariati film indipendenti – dietro il suo splendido viso angelico, è infatti un super soldato, come gli altri bambini del progetto Utrax, tutti piccoli indesiderati o dati in adozione perché le madri non potevano prendersi cura di loro.
Erik, l’uomo che Hanna crede suo padre e che è interpretato da Joel Kinnaman – anche lui bravissimo e assai bello, famoso per House of Cards, Robocop, The Killing, Suicide Squad, For All Mankind – è un ex collega di Marissa.
16 anni prima delle vicende della serie, Erik si era innamorato di Johanna Petrescu, la futura madre di Hanna, la quale, dopo aver ceduto alle richieste della Cia, di donare la piccola, aveva cambiato idea e insieme all’uomo era andata a riprendersela, venendo uccisa durante la fuga.
Erik la tiene nascosta per diverso tempo in una foresta della Polonia, dove la cresce con affetto e calore, insegnandole ogni elementare tecnica di autodifesa, trasformandola, di fatto, in una macchina da guerra.
Sulle loro tracce Marissa Wiegler (Mireille Enos, grande attrice teatrale statunitense), agente Cia e a capo del progetto UTRAX, è decisa a eliminare Hanna e tutti gli ex bambini legati a quel progetto.
Erik e Hanna sono costretti a lasciare la foresta, per tutta una serie di ragioni, compresa la voglia della ragazzina di esplorare il mondo esterno: del resto sappiamo bene come sia difficile per tutti rimanere rinchiusi, seppure in una foresta, per un lungo tempo.
La pandemia ci ha insegnato e mostrato come tale costrizione causi diversi problemi, in primis agorafobia, claustrofobia, la sindrome della capanna, depressione e quant’altro.
Hanna, rapita da Marissa, scopre che Erik non è suo padre nel modo peggiore e dopo averlo rifiutato, fugge da tutto e da tutti, chiedendo aiuto ad una ragazza, Sophie, incontrata in Marocco durante la prima fuga dalla foresta, diventata la sua migliore amica.
Sophie – a cui presta il volto la carismatica Rhianne Barreto – è adolescente quanto la giovane Petrescu ma caratterialmente è l’opposto di lei.
Infatti, tanto è chiusa e timida Hanna, quanto è aperta e disinibita Sophie, di religione musulmana, dato che il padre è marocchino e musulmano mentre la madre è francese e cristiana, ama flirtare con i suoi coetanei, ama ballare in discoteca, adora vestirsi alla moda, con abiti scintillanti e adora truccarsi.
Incontrare Sophie, per Hanna, sarà una boccata d’aria dalla sua vita claustrofobica e nonostante alcune incomprensioni tipiche dell’adolescenza, tra le due si stabilirà una sorellanza, che va oltre i legami di sangue.
Hanna, grazie a Sophie, si sente un essere umano e non una macchina da braccare, scopre come vivono i suoi coetanei e si sente drammaticamente diversa, non sa controllare le sue reazioni, le proprie pulsioni e passioni perché non ha mai vissuto a contatto con il mondo.
Sophie, a sua volta, grazie a Hanna, comprende che vi siano problemi ben più grandi dei suoi, troppo presa dalle continue liti tra madre e padre, ormai sull’orlo del divorzio a causa della loro incapacità di comunicare. Una ragazza che per certi versi era diventata capricciosa.
Il dramma di Hanna la scuote e le fa comprendere le sue fortune, il poter avere un cellulare per comunicare con gli amici (e non per fuggire dai nemici), avere una famiglia, per quanto strampalata, avere una vita relativamente normale e ciò, sembra riportarci alla nostra vita reale e a chi, una vita normale, non ce l’ha da tempo.
Penso a quei profughi di ogni nazionalità, ucraini, afghani, congolesi, iraniani, russi, libanesi, iracheni, costretti a lasciare la propria terra, con quattro stracci dentro una valigia, alla ricerca di un nuovo posto dove stare.
Hanna è così, perennemente in fuga, senza casa, senza certezze e con orrore scoprirà che vi sono altre adolescenti come lei, altre vittime del progetto UTRAX, irregimentate e manipolate fin da piccole, convinte che quella sia la sola vita possibile.
La ragazzina, anche per merito del padre Erik, con cui infine si ricongiunge grazie alla lunga permanenza a casa di Sophie, riesce a liberare qualcuna di loro mentre le altre preferiscono rimanere, troppo spaventate all’idea di lasciare l’unica casa che conoscono.
In particolare Hanna ed Erik fuggono con Clara Mahan, ex 249 – interpretata dalla talentuosa Yasmin Monet Prince – bellissima ragazza di colore, combattente e super intelligente, oltre che molto sensibile, che lega immediatamente con la giovane Petrescu, diventandone un’altra sorella.
Le due adolescenti, infatti, sono vittime dello stesso tipo di violenza: fisica e verbale. Quanti sono, oggi, i bambini strappati dalle loro case e finiti nelle tratte di schiavi? Quante sono le persone, in generale, che finiscono nelle stesse maglie?
Ciò che sta accadendo in Ucraina e in Russia è solo l’ultimo esempio, ahimè. In Afghanistan i coraggiosi giornalisti rimasti denunciano di bambine e bambini, per strada, costretti a chiedere l’elemosina e anche a prostituirsi per un tozzo di pane.
Un altro motivo per cui la storia di Hanna è attuale.
Vorrei tanto credere che le Hanna di tutto il mondo possano sempre fuggire dall’orrore e trovare persone empatiche e sensibili come Sophie, pronte a farle scoprire il volto più sano e normale dell’infanzia, dell’adolescenza e della vita in generale.
Le organizzazioni non governative questo fanno, restituiscono la vita a chi non ne ha mai avuto una. Se volete esplorare l’animo dei giovani di oggi, le loro angosce e i loro sogni, la serie Hanna può aiutarvi a farlo.
Ecco dove poter vedere le prime tre stagioni di Hanna: Hanna Serie Tv – Prime.
Qui invece è possibile vedere il film di Wright: Hanna Film – Chili.