Siamo a tre anni dall’epidemia del Covid e in quel tempo di fermo c’è stato un incremento esponenziale di gente che si è dedicata alla scrittura (complice, forse, il forzato isolamento) e tantissimi/e giovani drammaturghi/e hanno scritto le loro storie, hanno raccontato se stessi/e e hanno raccontato di noi, anche se ancora non lo sappiamo.

Confrontandomi con le drammaturgie che arrivano ed emergono dai maggiori Premi Nazionali di Drammaturgia, mi sono stupito che il tema principale dei testi prodotti in questi anni di fermo, non è il Covid o la malattia, ma tematiche più universali e trascendenti il rapporto con la salute.

Spesso tra le righe di queste giovani generazioni ho trovato la difficoltà di relazione, la fatica di farsi capire e di esprimersi, l’impossibilità di credere nelle istituzioni; e forse, la famosa questione della perdita dei valori altro non è se non il non credere più che qualcuno/a possa ascoltare le nostre parole e i nostri sogni.

In questi giorni, esattamente come fu tre anni fa, c’è stata la chiusura di alcuni importanti bandi di drammaturgia, cito il popolare Premio Hystrio – Scritture di scena under 35 (bando chiuso il 1 febbraio) e il Premio Inedito di Torino (che si chiude oggi), e a breve si aprirà il nuovo bando per l’altrettanto popolare Premio Riccione Teatro che, a differenza dei concorsi citati poc’anzi, insieme alla sezione Tondelli per gli under 30, è a cadenza biennale.

Dopo la 56ma edizione del 2021, conclusasi con la premiazione di Nicolò Sordo per la sua opera Ok boomer. Anch’io sono uno stronzo, è in arrivo il prossimo bando (mancano pochi giorni), dunque… stay tuned se avete qualcosa da scrivere! Gli scorsi anni sono stati davvero tantissimi i testi arrivati, segno che si scrive ancora, e che c’è voglia di dire e raccontare (grazie al cielo).

Tanti giovani scrittori e
pochi testi messi in scena. Perché?

Il nostro sistema teatrale è davvero paradossale, a fronte dell’esistenza di tantissimi/e autori/trici, i testi di drammaturgia contemporanea che vengono messi in scena sono davvero pochi. Non si riesce a capire se è il pubblico che vuole andare a vedere solo i grandi titoli oppure siano i programmatori che non investono sulla nuova drammaturgia… eh… potrei scrivere per ore senza trovare una risposta a questa riflessione.

Un altro paradosso è che spesso (a parte alcune eccezioni, che ci sono sicuramente) la drammaturgia contemporanea si programma nelle salette piccole, nelle giornate dove non si toglie l’incasso, sperato, del fine settimana, nelle rassegne giovani etc etc…come a delimitare lo spazio del rischio. Ovviamente questa mia constatazione non vuole essere un’accusa per chi gestisce i teatri, ahimè comprendiamo le difficoltà oggettive, ma come si può rompere questa catena infernale che gira sempre su un ingranaggio senza fine?

Esistono molti progetti dedicati agli under 35, tanti dei quali sono davvero virtuosi, ma questi tanti sono comunque delle isole in mezzo ad un oceano che non tiene in considerazione i pesci piccoli.

Ripeto non voglio fare un accusa verso qualcuno, ma cerco di fare una (elementare) analisi del sistema teatrale riferito alla giovane drammaturgia.

L’altro giorno mi contatta una compagnia under 35 che tempo fa ha vinto un bando… mi chiede come risolvere un problema arrivato con la vittoria. Devono andare in scena ma il bando non prevede il pagamento del cast, le cui paghe comprese del costo del cedolino della busta paga, dell’assunzione del/la tecnico/a dovrebbero uscire dall’incasso della serata… e se in scena ci fossero otto attori/ici? Come possono, queste giovani drammaturgie, avere la possibilità di affrontare una questione del genere? Allora alcuni bandi under 35 per la giovane drammaturgia sono per i teatri stessi che devono affrontare le difficoltà economiche di gestione di uno spazio (…che sono tantissime).

Quest’episodio della vincita del bando under 35, mette in luce un problema importantissimo, strettamente legato all’arte e alla creatività: se non ci sono soldi per le paghe e relativi costi dei cedolini per le buste paga del cast, stiamo abituando le nostre giovani drammaturgie a non avere fantasia!

Non è vero che pure senza soldi, basta l’idea, e si può fare un bel lavoro. Forse va bene la prima volta, o due volte nella vita di un/a drammaturgo/a, ma non sempre.

Il poco investimento abitua la gente al poco rischio. Io sono preoccupato quando i ragazzi e le ragazze mi raccontano che in alcune scuole di recitazione per diplomarsi viene data una produzione con un cast di una o due persone… e con la condizione di dover provare nelle stanzette, con l’arte dell’arrangiarsi… non è giusto!

Se ad una giovane mente si dice “se scrivi un testo per sette personaggi non lo metterai mai in scena… oppure metti una voce registrata e fai fare il doppio ruolo agli attori…! “ noi non troveremo un testo tridimensionale, che fa venire le vertigini mentre lo si ascolta o lo si legge. Non si avrà, almeno per adesso, una visione di grandezza, di espansione della creatività.

È difficile per una giovane mente, essere compressa nella logica di chi deve gestire le spese di una struttura teatrale! È difficilissimo che si scriva, o si diriga o si reciti in modo importante se non si rischia davvero e se davvero non si investe su chi dere scrivere, dirigere e recitare (e vestire e cucire e illuminare e scenografare…).

Conversazione a due
sulla drammaturgia di oggi

Mentre scrivo questo articolo mi chiama una mia amica alla quale leggo questo pezzo e lei mi dice: “ma Strehler dal niente e con pochi soldi dopo la guerra…dove non c’era niente, ha tirato su il Piccolo…”. L’ho bloccata subito: “certo, ma quelli venivano dalla guerra! Avevano fame! Volevano…cioè loro lo pretendevano il riscatto…”.

A: …Ma non dire banalità… dai allora… anzi meno male che ci sono questi concorsi che fanno fare esperienza…”.

T: …non si limita…

A: … io ultimamente ho visto cose interessanti… anzi al contrario tuo sono convinta che non avendo le possibilità i drammaturghi sono più fantasiosi.

T: Ma che dici? Dai ti prego. Se vado a vedere uno spettacolo fatto miseramente lo vedo… lo sento che il ragionamento della drammaturgia è binario… per quanto la storia possa essere più o meno intrigante, dopo un po’ lo senti che per evolvere la drammaturgia deve scoppiare… e se non scoppia ti rompi le palle… e comunque in entrambi i casi non si riesce ad andare al cuore del problema.

A: … io non mai ho visto una scena con sette personaggi che parlano tutti insieme, e soprattutto che mi ha coinvolto. Alla fine, anche se ci sono tanti personaggi nello spettacolo, quello che mi colpisce sono i dialoghi tra le persone… cioè sono sempre due che parlano anche se nello spettacolo ci sono sette o otto attori.

T: non è il numero! Dai…si sente che una drammaturgia, una regia… anche un’interpretazione, se è fatta con miseria di mezzi spesso c’è anche miseria di fantasia, perchè c’è miseria di rischio. È per riempire lo spazio dei concorsi under 35! Dai… si vede, si percepisce, rimane piccola, rimane chiusa in teatro e per i teatranti. Scusa io non voglio essere pessimista…è che sento… che tutto sta andando verso la rincorsa a campare… siamo tutti stanchi, tutti a trovare un modo per esistere ma dobbiamo essere tutti dietro a tante cose, tutte uguali, tutte per tirare a campare. Io non scrivo da sette anni perché mi sento io così…

A: Così, come?

T: E non sono neanche giovane… è come se fosse un male comune. Da dopo la ripresa dal Covid ho una sfiducia, nelle isituzioni e nelle persone che fanno il mio mestiere, e questo non mi era mai capitato. Inoltre ci sto male perchè io mi vedo come quelle stesse persone che guardo con critica, con rabbia. Forse ce l’ho con me stesso. Nel momento in cui vedo un’ingiustiza mi accendo ed asplodo, ma dopo ci ragiono e vedo che quella persona che ha commesso l’ingiustizia potevo essere io. Questo mi fa male… non riuscire a trovare il colpevole. Forse per questo non trovo il giusto! Mi accanisco a lottare ma non trovo conforto nelle cose che leggo e neanche nei più giovani di me. Forse per questo pretendo di trovare qualcuno/a che scriva qualcosa di dirompente, di stralucente: folgorante! Pretendo una guerra contro la sciatteria, contro il farsi passare le cose addosso, contro l’abituarsi a non avere nulla, a non desiderare di migliorare.

A: Senti… una pizza tonno e cipolle? Ti va?

T: Sì, dai! Mi va! Qualche mese fa ho letto un testo. Una giovane drammaturgia. È stato un’epifania… quel testo aveva una narrazione all’interno di scene classiche… come se in un romanzo comparissero ad un certo punto delle scene teatrali, con i personaggi che continuvano la storia che prima era narrata… e mi sono detto ‘ecco un bel testo’. Mi sono emozionato… c’era tutto, l’emotività, la storia, la profondità. Ho trovato in quella drammaturgia lo spunto per iniziare a scrivere…

A: Beh…vedi una cosa stupenda… e poi super positiva, hai trovato una drammaturgia giovane che ti ha emozionato. Vedi che esiste.

T: Sì. Mi ha colpito, anche sapere che quel testo era stato scritto perché chi l’ha scritto sapeva che non l’avrebbe mai messo in scena.

A: Beh… intanto l’hanno scritto e quando si potrà lo metteranno in scena.

T: Vero!

E allora, nell’attesa di vedere in scena questo testo che mi ha tanto colpito, vi invito a non mollare: se volete scrivere, o lo state già facendo, troverete qualche buona dritta nel libro Scrivere per il teatro di Jeffrey Hatcher, drammaturgo statunitense che, prendendo spunto da Aristotele, vi accompagna dall’idea iniziale alla trasformazione in testo teatrale.

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